Frieren - VisiThors

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«Ne ho letto bene un po’ di tempo fa, mi pare avesse vinto anche qualche premio… lo prendo?»
«Siamo qua, prova a prendere il primo volume. Perché sono due? È la variant, prendi la variant»
Questa è una conversazione avvenuta qualche mese fa tra me e il mio “collega”, quando nel bel mezzo di una passeggiata al freddo per Milano condita da altre conversazioni molto più discutibili abbiamo cercato riparo nella sezione fumetti di una piccola libreria. Mentre lui è uscito da quella capatina con il portafoglio ancora intatto, io ho messo mano ai miei risparmi per accaparrarmi il romanzo edito J-POP di Death Stranding (ancora incellofanato… lo so, lo so) e la fantomatica variant del manga di cui voglio parlare in questa sede: Frieren – Oltre la Fine del Viaggio.
Firmato da Kanehito Yamada, che ha curato la storia, e Tsukasa Abe, che si è occupato dei disegni, Frieren è un manga ancora all’inizio della sua serializzazione, con solo 6 volumi editi in Giappone a partire dal febbraio 2020 e 3 volumi attualmente distribuiti in Italia, con il quarto volume in programmazione per marzo 2022. Però, nonostante la sua vita breve e appena iniziata (capirete quanto è ironica questa frase non appena entrerò più nei dettagli), Frieren ha già ottenuto dei risultati eccezionali: nel 2021 è stato candidato per il Premio Culturale Osamu Tekuza, accaparrandosi la vittoria nella categoria “New life award”, e nello stesso anno ha vinto la 14ima edizione del Manga Taishou. Unito ad una nomina come miglior manga shonen per il Premio Kodansha, è facile vedere come in poco più di un anno uno shonen fantasy apparentemente come molti altri abbia colpito il pubblico e la critica in modo sorprendente, almeno in terra nipponica. Il motivo è presto detto: Frieren non è un manga shonen fantasy come molti altri. Riesce ad essere il più classico dei fantasy dando al contempo una svolta interessantissima e introspettiva a questo genere, con un primo volume che mi ha sorpreso come non mi succedeva da tanto tempo con l’inizio di un manga e che mi ha portata a voler comprare e recuperare subito gli altri 2 volumi editi da J-POP attualmente in commercio. E fin ora non mi sto pentendo di concedere tutto questo amore e speranza a quest’opera, nonostante la paura che (perdonate il francesismo) possa andare tutto in vacca sia una costante spada di Damocle.
Questa non vuole essere una recensione che, dopotutto, sarebbe impossibile solo dopo tre volumi; è solo un mio capriccio, una volontà di condivisione di questa piccola e fortuita scoperta nella speranza di poter portare qualcun altro a recuperare questo manga di cui si parla così poco qui in occidente, facendogli scoprire quella che in futuro potrebbe diventare una perla inestimabile. O che potrebbe rivelarsi un buco nell’acqua, ma cos’è la vita senza un po’ di rischio?
LA PREMESSA
Già il titolo completo del manga potrebbe lasciare stranito qualcuno. Il sottotitolo infatti recita “Oltre la Fine del Viaggio”. Il motivo di questa frase è presto detto: sin dalle prime pagine assistiamo alla fine di una grande avventura, un viaggio durato ben dieci anni in cui un gruppo di quattro avventurieri ha attraversato il continente per sconfiggere il Re Demone, riuscendo nell’impresa. I quattro stanno tornando alla capitale, e chiacchierano riflettendo sul cosa fare in futuro e su come siano stati gli anni passati insieme mentre si trovano sul carretto che li sta conducendo lì. È così che conosciamo l’eroe Himmel, un giovane tanto valoroso e amato quanto vanitoso, il sacerdote Heiter, un prete alla mano e particolarmente amante dell’alcol, il guerriero Eisen, un nano dall’aria sempre torva e seriosa, e la maga Frieren, un’elfa e la nostra protagonista.
Il gruppo di eroi che ha sconfitto il Re Demone
Tornati alla capitale, gli eroi vengono accolti dal re che li sommerge di premi e fa costruire una loro statua nella piazza della città, in cui sono trattati alla stregua di divinità dal popolo, grato loro per essere riusciti in un’impresa che aveva segnato la disfatta di così tanti avventurieri in passato.
Ma sin dall’inizio vediamo che c’è qualcosa di strano in Frieren: sembra apatica, svogliata, terribilmente schietta, a tratti apertamente scortese. È molto diversa dagli eleganti e posati elfi che siamo abituati a vedere di solito nel fantasy. E subito intuiamo il motivo. Gli elfi non sono umani, e in questo manga viene riconosciuto apertamente e nettamente. Non provano le nostre emozioni, forse non riescono nemmeno a comprenderle, e il motivo è tanto logicamente ovvio quanto poco esplorato in altre opere: la loro vita, rispetto a quella di un semplice essere umano, è praticamente illimitata. E questa differenza nella spanna vitale non può che essere un enorme muro, un macigno che separa le visioni del mondo che ne risultano e le relazioni che si possono creare fra individui di specie così profondamente e intimamente diverse. Mentre gli altri tre si concedono di rivangare i dieci anni passati insieme prima di separarsi, aprendosi e confidando che questo viaggio condiviso è stata un’esperienza meravigliosa e indimenticabile, Frieren, seppur con un sorriso sincero, dice che anche lei è felice di aver condiviso quest’avventura con loro, aggiungendo “peccato che sia durata così poco”. Dopo lo sgomento dei suoi compagni, che replicano che dieci anni non sono assolutamente “poco”, i quattro vanno ad ammirare la cinquantennale pioggia di meteore, uno spettacolo meraviglioso che per loro sta segnando l’inizio luminoso di una nuova era, un’era di pace priva della minaccia del Re Demone.
Gli altri sono estasiati dalla vista, mentre Frieren si lascia sfuggire l’ennesimo commento privo di tatto, dicendo che dalla città non è poi così bello da vedere. Conosce un posto da cui la vista è molto meglio, spiega. Fra cinquant’anni, quando ci sarà la prossima pioggia, tornerà da loro e ce li porterà. Confusa dalla risata malinconica di Himmel, Frieren saluta gli amici il giorno dopo, spiegando che continuerà a dedicarsi alla raccolta e collezione di magie varie come ha sempre fatto, e che tornerà a trovarli di tanto in tanto.
Himmel e Heiter la guardando affettuosamente andare via, e il prete afferma di non riuscire proprio a comprendere cosa debbano provare gli elfi. Himmel concorda, chiedendosi quanti anni abbia la loro compagna. “Per lei, cinquanta o cento anni non sono niente”.
COMPRENSIONE IMPOSSIBILE?
Sto ancora parlando di quello che succede nel primo capitolo e in generale non potrò ovviamente andare oltre i primi tre volumi, ma ho voluto separare le sezioni nel caso in cui qualcuno volesse evitare anche questi spoiler che forse non possono essere considerati tali, perché comprendo -avendolo io stessa letto senza saperne nulla-, che buttarsi il più ciecamente possibile in questa lettura è la cosa migliore e più soddisfacente da fare. Ma purtroppo non posso parlare del perché quest’opera mi abbia colpito così tanto senza descrivere diverse cose che succedono e i personaggi, quindi… continuate la lettura a vostro rischio e pericolo, sapendo che parlerò liberamente.
Sempre durante il primo capitolo, assistiamo dopo la separazione degli eroi ad un timeskip in cui vedremo che Frieren si sta dedicando ad una solitaria collezione di bizzarre e inutili magie. Prima che possa rendersene conto, sono passati cinquant’anni dalla sua promessa, e con la scusa di dover recuperare un corno di drago oscuro che aveva affidato tempo fa ad Himmel (purtroppo non riesce a reperirlo in altro modo) ritorna nella capitale, ricordandosi anche che la pioggia di meteore è vicina.
Quando arriva, i suoi compagni sono diversi: Himmel è ingobbito, calvo e rattrappito, Heiter è ancora in forma ma visibilmente invecchiato, ed Eisen è l’unico, in quanto nano, a non essere apparentemente cambiato di una virgola.
Riunitisi, i quattro si recano nel punto cui aveva accennato Frieren decenni prima, dovendo affrontare un ultimo viaggio di una settimana insieme, nonostante la veneranda età e stanchezza di almeno due di loro. Giunti a destinazione, Himmel dice ai compagni quanto sia felice di aver vissuto un’ultima più breve avventura con loro, in quanto gli anni trascorsi insieme sono i ricordi più felici e cari che possiede. E ringrazia in particolare Frieren, per avergli permesso di vedere una seconda volta la pioggia di meteore insieme, questa volta con una vista ancora più stupenda. Poco tempo dopo, circondato dai suoi compagni di avventure, Himmel muore.
La città è disperata per la dipartita dell’eroe che ha salvato il mondo con gli altri avventurieri, ma al funerale i suoi compagni non piangono. Se però i volti di Heiter ed Eisen hanno una parvenza di malinconia agli occhi delle persone, gli altri partecipanti sono colpiti dall’impassibilità sul viso di Frieren. “Quella ragazza era un’amica del sommo Himmel? Non sembra nemmeno triste. Che persona insensibile…”. E, per la prima volta, Frieren si lascia sfuggire più di un criptico sorriso appena accennato: piange, forse più per rimorso che per la morte del compagno. “Io non so nulla di lui, ci ho viaggiato insieme solo per dieci anni” si lamenta, aggiungendo un rotto “sapevo che gli umani non vivono a lungo… perché non ho provato a conoscerlo meglio?”.
Dopo il funerale, i tre beniamini rimasti si separano nuovamente, Heiter che sospetta questa sia l’ultima volta che li vedrà, essendo ormai anziano e sentendosi sempre più debole. Anche Eisen è in realtà non più l’uomo che era cinquant’anni fa, rifiutando la proposta di Frieren di farle da guardia del corpo in quanto ormai è troppo vecchio per brandire un’arma. Ma rassicura l’amica, dicendole che in realtà è proprio quando le forza iniziano a mancare che la vita si fa inaspettatamente lunga, strappandole un sorriso.
Il funerale di Himmel
Frieren se ne va una seconda volta, sempre determinata a perseguire la sua insensata collezione di magie di ogni tipo. C’è però un obiettivo in più che la accompagnerà nel suo vagare senza meta: cercare di conoscere di più del genere umano.
 
Tutto questo è solo il primo capitolo. E c’è già una solidissima base per quello che verrà affrontato per il resto del manga: capiamo chiaramente che non faremo altro se non osservare Frieren e i rapporti che instaurerà, vedendol cambiare piano piano (ma rimanere sempre bizzarra e incomprensibile) e curiosi di vedere se riuscirà a conoscere qualcuno in un modo che per lei sia soddisfacente. Per un essere centenario o potenzialmente millenario, dieci anni sono stati un battito di ciglia, un lasso di tempo così breve che per quanto condiviso nella quotidianità non è abbastanza -dal suo punto di vista- per conoscere qualcuno. Conoscere davvero qualcuno.
 
E quindi la domanda che ci assillerà per tutto il tempo sarà: questa conoscenza, questa comprensione, è possibile? Non solo da parte di Frieren, per cui un’intera vita umana sono poche e rapide decine di anni, ma anche da parte dei suoi futuri compagni umani, per cui Frieren è così aliena e insondabile da riuscire a cogliere solo qualche piccolo segnale e continuare ad essere confusi dai suoi atteggiamenti e parole dopo anni. E per ora, la risposta non c’è.
Heiter presenta Fern a Frieren
CHE AVVENTURA SAREBBE SENZA UN PARTY?
Passano pochissimi capitoli, e vediamo che il solitario viaggio di Frieren non resta solitario a lungo. Dopo vent’anni dalla morte di Himmel, Frieren torna a trovare Heiter, che nonostante sia molto malconcio è sorprendentemente vivo (e ancor più sorprendentemente sobrio). Inoltre, Heiter ha con sé una ragazzina: Fern è un’orfana che ha salvato dalla morte e di cui si sta prendendo cura da un po’ di tempo, animato da un improvviso istinto altruistico.Lui però è prossimo alla morte, spiega a Frieren, e chiede all’amica di accettare Fern come sua apprendista, in quanto la piccola è molto portata per la magia e lui vorrebbe che imparasse a cavarsela nel mondo senza di lui. Frieren rifiuta, dicendo senza mezzi termini che la bambina sarebbe solo una palla al piede. Allora Heiter chiede un altro, più facile favore: ha trovato un grimorio che dovrebbe contenere una cura o un modo di allungare la vita umana, e standosi avvicinando alla morte Heiter si è reso conto di volere più tempo. Lui non è in grado di decifrarlo, ma è sicuro che per Frieren non sarà complicato. Lei conferma che dovrebbe metterci “solo” sei anni, e quindi accetta di aiutarlo. Nel frattempo, non dovendosela portare dietro, accetta anche di addestrare Fern nella magia, rendendosi conto che la bambina che nei prossimi sei anni vedrà diventare ragazza è effettivamente un talento eccezionale. Sembra inoltre che ci sia un primo accenno di avvicinamento sincero: quando Frieren chiede a Fern se le piaccia la magia, Fern risponde con un semplice “un po’”. “Quindi sei come me” risponde Frieren, e con un sorriso inizia ad addestrare la giovane.
 
Passati i sei anni, Frieren comunica ad Heiter che il grimorio non conteneva nulla riguardo un allungamento della vita. Vedendo che non è sorpreso dalla notizia, gli chiede se ne fosse a conoscenza. Lui conferma che era così, e ormai sul letto di morte la implora di portare con sé Fern, che dopo i progressi degli ultimi anni non sarà certo una palla al piede. E così, dopo la morte di quello che per lei era un amico e per Fern un mentore e salvatore, le due iniziano il loro viaggio insieme, sempre alla bizzarra ricerca di magie inutili.
Il rapporto tra le due è una delle cose più belle e interessanti dell’opera fino ad ora. Apparentemente contraddistinto da una totale incapacità di comprendersi a vicenda, è però carico di rispetto e quello che sembra un discreto affetto, forse nato da quel germoglio di similitudine che Frieren ha scorto fra di loro riguardo l’apprezzamento moderato della magia. Quest’ultimo però è al contempo uno dei principali punti di distanza e confusione per Fern: se Frieren continua a dire di amare la magia “solo un po’”, perché passa la sua vita a collezionare magie sciocche, come quella per inasprire l’uva o sciogliere i vestiti? E Frieren è estremamente sincera a riguardo, ma la sua motivazione, su sua stessa ammissione, è incredibilmente superficiale e stupida: una volta qualcuno (Himmel) le ha fatto i complimenti per le magie che aveva collezionato, e da quel giorno le piace accrescere questa inutile collezione.
Nelle interazioni fra i personaggi a mio parere è evidente la differenza tra questo e un qualsiasi altro shonen. Non c’è quasi mai esagerazione o ricerca del pathos a tutti i costi, con una costante moderazione che esplode leggermente solo nelle sequenze più comiche (che non scadono mai nel puro demenziale e strappano sempre un sorriso con la loro semplicità) e nelle fasi più concitate, arrivando a un paio di tavole che non esito un istante a definire dal sapore epico e trionfale nonostante non contengano mai ostentazione o esagerazione.
Questa calma e moderazione permea anche tutti i combattimenti, ed è una cosa che ho adorato e che ha rinfrescato completamente gli stessi, per mio gusto. Fern e Frieren sono maghe, non guerriere. Combattono con ingegno, astuzia e studio, non forza. Devono rimanere calme, composte, mantenere la lucidità in modo da riflettere sulla strategia migliore, e Frieren in quanto insegnante si limita spesso a chiedere con calma a Fern quale sia la mossa migliore, o a ordinarle di fare un qualcosa di specifico per farle capire qualcosa. Indicativo è il combattimento con Qual: un demone che flagellava il mondo ottant’anni prima, è stato sigillato in passato da Frieren in quanto utilizzava una magia così potente, Zoltraak (passata alla storia come la magia che uccide), che era impossibile sconfiggerlo. Dopo ottant’anni però il sigillo è diventato instabile, quindi Frieren ritorna da lui insieme a Fern per affrontarlo, spiegandole la situazione. Intimorita, Fern segue pedissequamente le istruzioni della sua maestra, proteggendo entrambe con una semplicissima magia di protezione quando il demone scaglia la sua Zoltraak. La magia non le scalfisce nemmeno, e Fern commenta incredula che quella non era altro che una comunissima magia di attacco. E qui, oltre che la moderazione che contraddistingue gli scontri fino ad ora, si continua a vedere anche l’incredibile importanza che viene data al passare del tempo: ottant’anni non sono nulla per Frieren o Qual, ma per gli umani sono stati un tempo enorme in cui hanno potuto esaminare e fare ricerca su Zoltraak (aiutati in parte anche da Frieren, verremo a sapere), giungendo infine a comprenderla e inglobarla nel sistema magico come una delle loro magie più semplici e basiche, facendo dei passi avanti enormi. Per questo Frieren non mostra il benché minimo sforzo quando, con calma, utilizza Zoltraak stessa per uccidere definitivamente Qual.
Il combattimento contro Qual
Fern e Frieren nei loro viaggi andranno a trovare Eisen, che chiede aiuto a Frieren per giungere nel luogo in cui secondo alcune ricerche passate di Heiter sarebbe presente un libro contenente le memorie della leggendaria maga umana Flamme, una figura cui Frieren è sempre stata interessata, collezionando qualsiasi grimorio attribuito a lei, fin ora tutti falsi di bassa qualità. Aiutando Eisen, però, riconosce il luogo in cui la sta portando, e comprende presto che il grande albero posto come sigillo è un segno che lì è custodito uno scritto autentico. Ricorda infatti quando Flamme, secoli fa, l’ha piantato proprio davanti a lei, spiegandole che quel piccolo germoglio un giorno sarebbe diventato un albero guardiano enorme, che avrebbe tenuto il grimorio al sicuro finché Frieren non fosse tornata lì, assillata da un qualche rimorso. “Dopo mille anni, la mia maestra si prende ancora gioco di me” riflette l’elfa mentre scioglie il sigillo, rivelando non solo di essere stata l’allieva della creatrice della magia umana, ma di avere più di mille anni.
 
Eisen aveva detto a Frieren di voler ottenere le memorie di Flamme per aiutare lei, in quanto la leggenda narra che lì vi sia riportato il modo di poter avere conversazioni con i defunti. Eisen spera che Frieren possa placare il rimorso di non aver conosciuto meglio i suoi amici e comunicare un’ultima volta con loro. Frieren trova il volume aperto già su quella pagina, consapevole che la sua maestra aveva previsto che un suo possibile rimorso sarebbe stato quello, e scopre che per parlare con i morti deve andare ad Aureole, una sorta di paradiso che si trova vicino al castello del Re Demone nelle terre più settentrionali del continente.
Frieren e Fern si incamminano nuovamente, con un nuovo obiettivo in più oltre alla raccolta di magie e un gradito consiglio di Eisen: potrebbero avere bisogno di un guerriero, e lui conosce la persona perfetta. Aveva un apprendista che dovrebbe vivere in un villaggio da cui passeranno, quindi potrebbero recarsi lì e chiedergli di unirsi a loro.
Giunte al villaggio, la reputazione del giovane Stark lo precede: viene osannato da tutti come il valoroso guerriero che li ha salvati da un drago che aveva attaccato il luogo, e che è scappato solo vedendo il giovane pararglisi davanti.Rintracciano così il ragazzo, che presto confessa di non essere il guerriero coraggioso che tutti credono: non ha mai affrontato un mostro, ne è terrorizzato, è rimasto immobile di fronte al drago semplicemente perché paralizzato dalla paura ed è convinto di essere ancora vivo per un fortuito cambio di umore della bestia. È vero che sa come combattere avendo imparato tutto dal sommo Eisen, ma non ha mai avuto il coraggio di mettere in pratica il suo costante addestramento. La stessa cicatrice che millanta di aver ottenuto in uno scontro con un altro drago è in realtà colpa di Eisen, che l’ha colpito furioso durante l’ultima litigata che ha segnato il loro allontanamento. Ero troppo codardo, dice, l’ho fatto infuriare. Frieren però insiste, e gli dice che deve sconfiggere il drago per raggiungere il suo nido, pieno zeppo di manufatti magici che le interessano. È impossibile farlo senza un’avanguardia però, il drago è resistente alla magia e il precedente tentativo delle maghe è stato un buco nell’acqua. Dovrà distrarre il drago solo per trenta secondi, in modo da concedere loro un’apertura. Stark accetta controvoglia, e quando finalmente trova il coraggio di scagliare il primo colpo con la sua ascia, si rende conto di una cosa strabiliante: con un singolo colpo, insegnatogli da Eisen, il mostro è morto. Frieren, soddisfatta, spiega che allora Eisen aveva ragione: il ragazzo ha un potere incredibile, celato dietro il suo timore. Le aveva confessato con vergogna di non averlo colpito per rabbia, ma per paura, dato che nello spirito dell’allievo aveva percepito una forza incredibile.
Eisen racconta di quando ha addestrato Stark
Allo stesso modo, il drago in passato è scappato perché ha riconosciuto in Stark un avversario potenzialmente imbattibile. Il ragazzo allora accetta di accompagnare le due nel loro viaggio verso il paradiso, finalmente consapevole di non essere un codardo per avere paura, ma di essere un guerriero eccezionale per la sua ora trovata capacità di agire nonostante quella paura.
 
E così si aggiunge una terza persona al “party”, e le relazioni diventano ancora più varie: Stark è più alla mano e caloroso di Fern, che mantiene sempre una certa freddezza nei suoi confronti (continua a chiamarlo “signor Stark” dopo mesi), e dimostra incomprensione ma meno preoccupazione della ragazza verso gli strani atteggiamenti della loro maestra. Si stupisce quando Fern riempie di lodi Frieren una mattina in cui si sveglia presto (non succede spesso, e quando succede le si devono fare i complimenti; c’è un intero capitolo in cui si parla dell’incapacità di Frieren di alzarsi ad un orario decente senza Fern che la tiri giù di forza dal letto, troppo pigra e svogliata), e al contempo non capisce la preoccupazione della ragazza quando rimangono temporaneamente bloccati in una città da un sigillo magico, con Frieren che dice che per un po’ di tempo allora si dedicherà alla ricerca di magie qui. Dopo otto anni passati insieme, Fern sa che per Frieren “giusto un po’” può tranquillamente voler dire mesi e mesi, se non anni, e si è già trovata in difficoltà in passato per questo motivo; Stark non ancora.
Frieren e Fern guardano insieme l'alba
Ma, in un modo o nell’altro, la quotidianità con Fern ha cambiato Frieren: glielo fa notare per la prima volta Eisen quando l’elfa gli dice di sbrigarsi perché a Fern non piace perdere tempo, e se ne accorge in parte lei stessa quando si alza all’alba per osservare il sorgere del sole sul mare con Fern, non colpita dalla vista ma incapace di trattenere uno sprazzo di soddisfazione quando vede il sorriso emozionato dell’allieva. Si impegna persino a farle un regalo per ogni compleanno che passano insieme, cercando di farle sempre una sorpresa e causando spesso il sospetto della giovane che la vede indaffarata a girare bancarelle varie senza una meta, spaventata che possa stare perdendo tempo come al solito.
E, piano piano, questi piccoli gesti li rivolge anche verso Stark: fa anche a lui un regalo per il suo diciottesimo compleanno sforzandosi di pensare a cosa possa piacere ad un maschio umano (una pozione per sciogliere i vestiti, ha sentito dire), gli fa i complimenti dopo un combattimento andato bene, spinge entrambi i ragazzi a fare del loro meglio e cavarsela anche senza il suo aiuto nelle situazioni più difficili. Non c’è mai un “ti voglio bene”, un abbraccio, un segnale di affetto esplicito (la cosa più vicina a esternazioni di questo tipo sono le istanze in cui Frieren si addormenta appoggiata a Fern): ma, dopotutto, per Frieren non vorrebbe dire niente. Non è quello il suo modo di dimostrare un eventuale affetto, e probabilmente non lo sarà mai se non per finta. Gli elfi sono troppo diversi dagli umani; Frieren spiega persino che i suoi simili sono pochissimi e in via di estinzione perché nonostante la loro lunghissima vita (o forse proprio per quella), agli elfi manca completamente l’istinto romantico e riproduttivo. E, con la fine del terzo volume, possiamo immaginare che presto si aggiungerà qualcun altro con cui esplorare questa mancanza di comprensione, ma volontà di comunicare. Nei loro viaggi, i tre giungono in un piccolo villaggio in cui conoscono Sein, un sacerdote con un incredibile talento nella magia, che però passa le sue giornate a fumare e giocare di azzardo, disilluso e cinico. E sarà forse l’aggiunta più interessante fin ora. Per qualche motivo, Frieren si identifica nell’uomo, cercando di convincerlo con un criptico ed assurdo ragionamento: lui è come lei, lei odia le persone che le somigliano, e quindi vuole assolutamente che li accompagni nel loro viaggio. Dire che sono curiosa di scoprire come potrebbe evolversi questo rapporto è un eufemismo.
LINGUAGGIO E PROSPETTIVA
 
Penso che sia ormai chiarissimo come Frieren sia un’opera che voglia parlare di comunicazione fra individui con prospettive completamente diverse, e lo fa non solo nel rapporto fra i nostri protagonisti, ma anche inserendoli in altre vicende che li vedono avere a che fare con i demoni.
Il mio arco narrativo preferito fin ora è quello che avviene nel Dominio del Conte Granat, una città in cui gli avventurieri devono passare per giungere alle terre settentrionali. Non appena entrata nella contea, Frieren si mette nei guai: individua facilmente dei demoni, e tenta immediatamente di attaccarli. Viene fermata subito dalle guardie cittadine e dal Conte stesso che, intento a parlare con quello che sembra essere il demone più importante e potente, spiega che Lugner (questo il nome del demone) è un ambasciatore. La pena per il tentato assassinio di un ambasciatore è molto grave, e quindi Frieren viene condannata a un paio d’anni in prigione. I suoi apprendisti vanno subito a trovarla preoccupati, ma lei li rassicura dicendo che approfitterà di questo tempo per leggere e fare ricerca, non spiegando apertamente quanto la situazione sia grave e nascondendo la sua intenzione di evadere il prima possibile. Non servirebbe nessun ambasciatore senza una guerra, e una guerra è in corso: sotto il comando di Aura la Ghigliottina, uno dei demoni più forti al servizio del Re Demone e che era rimasta fortemente indebolita dagli scontri di ottant’anni fa contro la somma Frieren e i suoi compagni, un esercito demoniaco sta minacciando la città ormai da tempo, spargendo morte e distruzione da entrambe le parti. Apparentemente stremati, i demoni stessi si sono resi conto della necessità di una pace, inviando Lugner e altri due esponenti come ambasciatori per concludere lo scontro il più pacificamente possibile.
Ma Frieren non crede minimamente a questa improvvisa dimostrazione di ragionevolezza. Lei conosce i demoni, e sa che sono solo bestie che parlano il linguaggio degli umani per ingannarli. L’unico motivo per cui un predatore dovrebbe imparare la lingua delle sue prede, dopotutto, è per divorarle. E questo viene presto confermato da Lugner stesso, che con i suoi tirapiedi riflette sul piano di uccidere il Conte per portare in ginocchio la città e garantire ad Aura e l’esercito già pronto di conquistarla.
I demoni, al contrario degli elfi, sono quindi allo spettro completamente opposto degli esseri umani: con loro la comunicazione non solo non è possibile, ma non è desiderata. L’unico motivo per cui usano il linguaggio umano e studiano la loro società è per poterli prendere in giro, circuire e uccidere.
Agghiacciante e meraviglioso è il flashback di Frieren che ci fa comprendere come mai lei sia convinta che i demoni non meritino pietà di alcun tipo: durante il viaggio decennale, lei e gli altri eroi si sono imbattuti in un gruppo di paesani che avevano appena incontrato un giovanissimo demone, che aveva divorato la bambina di una coppia. La coppia implorò vendetta per la loro figlia, e Frieren era pronta a concedergliela. Ma Himmel, caritatevole come sempre, ha detto che non era il caso di rispondere a violenza con altra violenza, e che forse, trattandosi a sua volta di una bambina, il demone poteva essere “rieducato” in qualche modo.
Il sindaco della città, d’accordo con l’eroe, decise di adottare il demone e crescerlo a fianco della sua stessa figlia, e il gruppo di avventurieri decise di fermarsi al villaggio per qualche mese per osservare la situazione.All’inizio, tutto era rose e fiori: il demone sembrava essersi integrato, ed essere diventato una vera e propria sorella per la bambina del capo villaggio. Quando però la casa del sindaco è stata trovata in preda alle fiamme, con i suoi abitanti morti se non per la bambina, in braccio al demone che osservava la scena, Himmel ha capito di aver commesso un errore enorme. Il demone offre la bambina alla coppia di cui aveva ucciso la figlia, come “dono” per far dimenticare il torto subito. Himmel interviene salvando la bambina e mutilando il demone, che quando si ritrova faccia a faccia con Frieren pronta a ucciderla mormora un pietoso “mamma”. Frieren le dice che non può comprendere il significato di quella parola dato che i demoni crescono da soli e senza una famiglia, e le chiede perché continui a ripeterla. “Perché così diventate incapaci di uccidermi” dice, “è una parola meravigliosa, quasi magica”.
Il flashback riguardo al demone incontrato anni prima dalla protagonista
E una cosa molto simile fa Lugner con il Conte Granat, quando il Conte rivela di aver accettato l’ambasciata con l’intento di uccidere il demone e vendicarsi della morte del figlio durante la guerra. Lugner, osservando la stanza del figlio del Conte, gli chiede se l’abbia lasciata identica a com’era quando il ragazzo è morto. Spiega poi che il motivo di quella domanda è che anche lui, a casa, ha lasciato intonsa la stanza di suo padre, a sua volta morto durante la guerra. Rispondere a violenza con altra violenza, dice Lugner, non porterà mai alla pace. E così riesce a convincere il Conte, furente ma dall’animo compassionevole, ad abbassare le armi. Quando in seguito Lugner parla con uno dei suoi sottoposti, è di nuovo evidente quanto in realtà i demoni non siano considerabili altro se non bestie: gli viene chiesto che cosa sia un “padre” e, ovviamente, lui risponde che non ne ha idea. Semplicemente, gli torna utile conoscere ed utilizzare quella parola quando si tratta degli umani.
 
Durante tutto questo arco narrativo, si ritorna ossessivamente sul concetto di realtà, essenza vera e menzogna che usiamo per ingannare gli altri. E, sorprendentemente, questo non vale solo per i demoni, ma anche per Fern e Frieren. Vediamo infatti che le maghe sfruttano il fatto di avere un’energia magica molto più bassa di quella dei demoni, così da far credere di essere effettivamente più deboli e non essere notate o cogliere di sorpresa. Ma anche questo, a sua volta, è un inganno: vediamo in altri flashback che un millennio fa, quando Flamme ha salvato una giovane Frieren da un assalto demoniaco al suo villaggio elfico, il suo primo insegnamento è anche quello che poi ha segnato l’intera vita della sua pupilla. Entrambe detestavano i demoni con tutte loro stesse, e dimostravano un interesse per la magia (anche Flamme, come Frieren farà con Fern, pone quasi subito alla nuova apprendista la domanda “ti piace la magia?”), volendola usare come unica arma efficace per poter sconfiggere la magia demoniaca. Il vero punto debole dei demoni però, spiega Flamme, è la loro arroganza.
Flamme salva una giovane Frieren dai Demoni
È vero che sono delle bestie senza regole e dispensatrici di caos, ma per funzionare la loro società deve avere una sorta di gerarchia e divisione, un minimo di struttura. Come per gli umani, questa struttura dipende dal potere. Ma mentre per gli umani il potere è segnato da ricchezza e influenza, per i demoni essere potente vuol dire avere una forte energia magica. Per questo la ostentano ogni volta che possono, non sognandosi nemmeno di celarla agli occhi degli altri maghi, e questo è la loro rovina: Flamme ha passato tutta la vita a imparare a contenere la sua energia magica (sembrando molto più debole di quanto non sia), nascondendosi costantemente in uno sforzo che denota un potere inimmaginabile. E lo stesso insegnerà a Frieren, che per tutti i suoi mille anni mostra agli occhi degli altri maghi un potere incredibilmente inferiore rispetto a quello che possiede per davvero. E, sempre nell’ottica di inganno e sorpresa, Frieren si è tenuta lontana dall’occhio pubblico finché non è arrivato il momento di abbattere il Re Demone: anche questo un consiglio della sua maestra (“vivi senza farti notare; il tuo nome rimarrà nella storia quando ucciderai il Re Demone”), Frieren ha trascorso la sua vita inseguendo silenziosamente quel momento, comparendo nei radar solo al momento opportuno, una minaccia inconoscibile e insondabile dato che nessuno (soprattutto i demoni) conosce la sua storia. Solo i suoi più cari compagni sanno che è stata allieva di Flamme, e quanti anni abbia.
Fern uccide Lugner
E questa costante discrezione torna utile anche ottant’anni dopo, nel tentativo di sventare l’attacco di Aura. Mentre la maga è in carcere Lugen, resosi conto del pericolo che Frieren presenta (avendo capito che lei vede attraverso le sue menzogne), invia uno dei suoi sottoposti ad ucciderla. Decapitata la guardia della prigione, il demone si para davanti a Frieren, venendo ucciso brutalmente nel giro di pochi istanti. Quando morti però i demoni scompaiono, disperdendo le particelle magiche che compongono il loro corpo, e quindi Frieren si trova da sola, in una cella aperta, con una guardia decapitata. La pena capitale sarebbe il minimo. E quindi fugge, incontrando di sfuggita Fern e Stark. Spiega loro la situazione e gli dice che deve scappare (con l’intenzione di occuparsi di Aura personalmente), e ordina ai suoi apprendisti di occuparsi di Lugner e il suo lacchè rimasto: sa che sembra difficile, ma sa altrettanto bene che ne sono in grado.
Seppur uscendone con diverse ferite, Stark riesce ad abbattere il demone e Fern affronta Lugner stesso, il più impegnativo dei due mostri. Solo a questo punto vediamo nel pieno del suo splendore il potere che è derivato dall’addestramento di Fern: non solo ha una rapidità di lancio di incantesimi incredibile (persino superiore a quella di Frieren), ma ha anche una capacità di controllo del proprio potere magico che è strabiliante. Se ne era già accorta Frieren quando l’ha conosciuta da bambina, notando che la sua aura era appena percepibile nonostante la piccola fosse potente, e le ha insegnato a vivere nascondendola proprio come ha fatto Flamme con lei. Solo in questo modo e tramite questo stratagemma Fern riesce ad uccidere Lugner, che capisce l’inganno delle maghe solo all’ultimo, pronunciando un disgustato “Vigliacche! Siete la disgrazia di tutti i maghi”. “Questo la somma Frieren lo sa meglio di chiunque altro” risponde con calma Fern, prima di dare il colpo di grazia al mostro.
Nel frattempo, Frieren si trova dinnanzi all’esercito di Aura e ad Aura stessa, un potentissimo demone in vita da cinque secoli. Il motivo della sua imbattibilità è la bilancia dell’obbedienza, una bilancia su cui può soppesare l’anima e il potere magico suo e del suo avversario, e chiunque sia superiore può obbligare l’altro a fare qualsiasi cosa egli ordini. La bilancia sceglie in modo davvero imparziale, ma dato l’incredibile potere magico di Aura il demone non ha mai perso una volta, riuscendo sempre a ottenere il controllo totale dell’avversario. Solo un umano in passato è riuscito a resistere per qualche istante, e da quel momento Aura ha preso macabri provvedimenti verso i corpi che controlla. Quello che accoglie Frieren, infatti, è un esercito di corpi privi della loro testa. Aura sfida con arroganza Frieren “la funesta” (così è conosciuta tra i demoni), sicura che con i suoi attacchi magici si stia stancando e stia consumando la sua energia magica, in modo da poterla sopraffare con la sua bilancia. Quando arriva il momento, Aura è più che sicura di sé: continua a deridere Frieren mentre soppesa le loro anime, schernendola per la sua avventatezza. Frieren allora la provoca a sua volta, facendole notare che la bilancia sta lentamente pendendo in suo favore. Le spiega del suo controllo, del potere immenso che tiene costantemente contenuto in vista di uno scontro come questo. Aura è incredula, non considerando possibile che qualcuno possa dedicare tutta la vita a nascondere il proprio potenziale magico (come detto, per i demoni è inconcepibile e anche fonte di disonore), e afferma che anche se fosse non potrebbe vincere, perché il potere magico cresce esponenzialmente con l’aumentare dell’età del mago, e “davanti a te c’è un grande demone che ha vissuto più di cinquecento anni”. “Aura,” la chiama Frieren, con la stessa glaciale calma che non la abbandona mai durante una battaglia, “davanti a te c’è una maga che ha vissuto più di mille anni”, rivelando per la prima volta in chissà quanto tempo la vera portata del suo potere. Prevale facilmente nella valutazione imparziale della bilancia, e ordina ad Aura di decapitarsi, non degnandosi nemmeno di guardarla mentre muore, voltandole subito le spalle e tornando in città. E ricordate quando qualche paragrafo fa ho detto che nonostante la costante moderazione, pur in questa staticità e calma ci sono momenti che definire “epici” è il minimo? Ecco, questo è uno di quelli. Non penso che mi dimenticherò presto l’emozione di vedere per la prima volta una persona come Frieren ostentare la sua forza, mostrando tutto questo disgusto pur senza drammatizzarlo. Mi mancava avere la pelle d’oca per un manga, e Frieren mi sta facendo riprovare queste sensazioni dopo tanto tempo.
UN ESERCIZIO DI METRIOTES
 
Ho usato spesso, forse in modo quasi ridondante, il termine “moderazione”. Questo perché penso che sia importantissimo, e uno dei motivi per cui Frieren è un’opera così particolare e fresca nell’ambito degli shonen fantasy, il fatto che dimostri alla perfezione come si possa suscitare una reazione emotiva senza bisogno di lasciarsi andare a esternazioni estreme di emozione, grida, pianti disperati, dinamicità a tutti i costi.
 
Ora, sono una fan di Berserk: so che si può “esagerare” anche nel modo giusto, riuscendo perfettamente nel proprio obiettivo senza sfociare nel melenso o nel “troppo”. Ma non nego che rimango più sorpresa nel sentire un nodo in gola davanti a una singola frase, un sorriso accennato, un pianto contenuto, rispetto ad avere un vuoto nello stomaco in scene fortemente emotive e quasi melodrammatiche.
 
Frieren è un’opera che inizia con la morte, e che è costantemente piagata dalla sua promessa di inevitabilità. Non so quanto andrà avanti, ma non vedo difficile che fra qualche volume, foss’anche verso la fine, potremmo vedere la morte dei nuovi compagni di Frieren. E per essere un manga che è circondato da morte… è terribilmente discreto nell’affrontarla. Il massimo che abbiamo visto fin ora sono le poche pacate lacrime di Frieren alla dipartita di Himmel e poi Heiter, e nel flashback in cui assistiamo alla morte di Flamme non c’è nemmeno quello, solo un silenzioso rispettare la volontà della maestra di avere la tomba circondata di fiori fatti crescere magicamente da Frieren. Ma nonostante questo, ne siamo comunque colpiti ed emozionati. Come?
Onestamente, non lo so. Non so dire che cosa ci sia nella narrazione, nei dialoghi, nel paneling di Frieren che lo rende così dannatamente reale, ma lo è. Siamo catapultati in un mondo fantastico a base di magie ed elfi, eppure si ha la sensazione palpabile che sia permeato da una umanità e “verità” che non sono abituata a vedere spesso, soprattutto nelle opere nipponiche che prediligono, non necessariamente in modo negativo essendo una semplice caratteristica di stile, l’esagerazione anche nelle piccolezze.
 
In questo caso invece, proprio per questo sapore di realtà, ad emozionare sono le piccole cose che spesso ci colpiscono nella vita quotidiana: ci inteneriscono i piccoli sorrisi di Frieren verso Fern, siamo toccati dai suoi goffi tentativi di rendere felici i suoi allievi, ci affezioniamo all’arrogante ma premuroso modo di fare di Flamme, notiamo le piccole cose che condiscono la vita quotidiana dei protagonisti. Le battute, frecciatine, scherzi scambiati in particolare fra i tre avventurieri sono un esempio lampante. Non ci sono pagine con reazioni estreme, risate a crepapelle o espressioni esasperate all’inverosimile. Al massimo ci troveremo a osservare un’espressione che ci appare assurda data l’usuale faccia da poker di Frieren, e anche i brevissimi scambi di battute potranno farci ridere come rideremmo alle stupidaggini più banali di un amico.
Questo è un punto particolarmente importante: le interazioni, per ora, sono naturali. Riesco ad immaginarmi delle persone che possano parlare in quel modo, e questo è più efficace di qualsiasi drammatizzazione a tutti i costi. Non mi serve un’improvvisa demenzialità per strappare una risata, così come non serve un combattimento fuori di testa e completamente dinamico per suscitare adrenalina. Un esempio lampante è il succitato scontro con Aura, in cui il momento più importante dello scontro è totalmente statico (letteralmente una bilancia che fa il suo lavoro, che incredibile twist), eppure riesce a farci percepire che l’entità che stiamo seguendo in questa lettura è così potente da essere quasi incomprensibile. Oppure il “vigliacche” pronunciato da Lugner, con la sua espressione per la prima volta evidentemente disgustata che è perfettamente espressiva pur nella semplicità del tratto (perché il disegno è pulito e preciso, ma sicuramente non immediatamente identificabile); il dialogo con la bambina demone, e quella breve frase sull’importanza per un predatore della parola “mamma”; Fern che chiede a Frieren come mai anni prima si fosse persa la stessa alba che vogliono ammirare insieme, per ricevere un semplice “secondo te sono riuscita ad alzarmi in tempo?”.
Finito il primo volume di Frieren ho mandato come nostro consueto un audio di impressioni a caldo al mio compagno di viaggio in questo progetto, e ricordo di aver detto una cosa su questa falsa riga: vengono trattati temi importanti, pesanti e interessanti con una delicatezza e naturalezza commovente. Mi permetto un paragone per far capire di cosa sto parlando. Chiunque abbia giocato What Remains of Edith Finch saprà che quel piccolo capolavoro riesce a fare una cosa difficilissima: tratta la morte (anche la morte di bambini) riuscendo a non essere pesante, ma incredibilmente dolce e delicato. Ed è quella delicatezza a rimanere nel cuore e commuovere, tanto quanto farebbe una rappresentazione cruda e volontariamente appesantita di quelle stesse morti. Per Frieren vale lo stesso, ma fin ora mi sento di poter estendere questo discorso a tutte le relazioni e tematiche trattate. Delicato e composto non è solo il dolore del lutto, ma il dolore della paura, della mancanza di sicurezza, la pesantezza di una battaglia. Lo stesso vale anche per i momenti più felici o leggeri, i più belli fin ora a parer mio i piccoli gesti di comprensione o conforto condivisi da Frieren e Fern.
Frieren dice a Fern di non aver mai visto l'alba
Stark è per ora il personaggio principale che mi interessa meno, ma questo non vuol dire assolutamente che sia un brutto personaggio. Ha la sua complessità, è interessante, e soprattutto adoro il concetto di avere un guerriero che sappia riconoscere che avere paura è normale, e che si addestri non per smettere di avere paura, ma per essere capace di superarla ogni volta. Sono sinceramente curiosa di vedere come si svilupperà, e di vedere se mai ci sarà una riunione con il maestro Eisen in seguito ai dissapori che li hanno portati a separarsi nonostante il grande rispetto che provavano l’uno per l’altro.
 
Sono molto interessata poi a vedere come si inserirà nella storia il probabile quarto avventuriero Sein, perché fin ora (tranne che per il condiviso amore per la magia di Fern e Frieren) la nostra elfa non ha mai espresso con così tanta convinzione una sensazione di somiglianza con un’altra persona.
 
Non vedo l’ora di incontrare magari qualche altro elfo (l’unico che abbiamo visto è un monaco apparentemente persino più longevo di Frieren, che ci ha dato un piccolo spiraglio sulla fede di questo mondo ma poco di più), e soprattutto di continuare a vedere all’opera i demoni, nella speranza che non si scada nel solito “anche in mezzo al marcio c’è del buono” e che si continui a mantenere questa bestialità e crudeltà irrecuperabile della razza di mostri.
 
Spero di scoprire qualcosa di più su Flamme, un personaggio estremamente intrigante per il poco che si è visto nei flashback di Frieren, ma soprattutto voglio vedere cosa aspetterà i protagonisti una volta giunti ad Aureole. Temo tanto la fine di questo nuovo viaggio, perché ho il terrore che si possa perdere questa pacata ma incredibilmente emotività che permea i primi tre volumi dell’opera, ma al contempo ho abbastanza fiducia nella capacità di questi artisti di portare a termine questa serie così fuori dagli schemi al loro meglio. Ma ehi, anche se fosse solo il finale a essere deludente, andrebbe bene lo stesso: questa è un’opera che più di molte le altre deve mantenere alta la qualità del suo viaggio e i rapporti che si instaurano durante esso.
 
Per favore Frieren, non deludermi. Il tuo inizio è talmente grandioso che farai un frastuono assordante nel caso in cui dovessi crollare.
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