Inscryption - VisiThors

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Una riflessione che io e il mio collega ci troviamo a fare relativamente spesso riguardo il mercato videoludico è la forte presenza di figure autoriali nel settore orientale (Giapponese in particolare), ed al contrario la quasi totale assenza di queste figure nella pur enorme fetta di sviluppatori occidentali. Sì, ci sono i Neil Druckman, i Cory Balrog, i David Cage, ma sono eccezioni, pochi nomi che arrivano alle orecchie del grande pubblico. Si pensi invece al contrario a quanti nomi saltano alla mente nel mercato nipponico: Hidetaka Miyazaki, Hideo Kojima, Tetsuya Nomura, Yoko Taro, Fumito Ueda, Shigeru Miyamoto e molti, molti altri che sono molto conosciuti nel mercato internazionale dagli appassionati, quasi delle vere e proprie star. Ovviamente, questo denota una differenza nella visione dei prodotti, evidentemente molto più legati all’idea di un autore e di una personalità in Giappone rispetto che qui da noi, e personalmente ho sempre trovato un peccato che nella parte occidentale di mercato questa cosa mancasse un po’. Ma è solo una questione di gusto, un mio gradimento particolare nel poter associare ad un titolo non solo il nome di una software house, ma anche il nome di qualcuno. Ora, a cosa è servito tutto questo discorso introduttivo? A nulla, se non ad arrivare ad una personale conclusione a riguardo: un’eccezione a questa regola è quella che prima era una nicchia e che ora sta diventando sempre più popolare, ossia la fetta di mercato dedicata agli sviluppatori indipendenti. Lì sì che, piano piano, sbucano sempre più nomi, sempre più autori interessanti su cui tutti i videogiocatori tengono fissi gli occhi in attesa di nuove produzioni: non si deve per forza volgere lo sguardo ai mostri sacri come Toby Fox, ma basti pensare ad un Josef Fares (mente dietro a Brothers, A Way Out ed It Takes Two, gli ultimi due di cui abbiamo parlato brevemente sul nostro profilo Instagram) o ai fratelli Moldenhauer, i ragazzi dietro il meraviglioso Cuphead e il relativo DLC. Fra questi nomi, una personalità che si è inserita nel panorama videoludico di prepotenza fra 2021 e 2022 è Daniel Mullins, fondatore della (dal nome originalissimo, devo dire) Daniel Mullins Games.
Mullins, al contrario ad esempio del già citato Fox, non è uno sconosciuto che un giorno si è svegliato e ha deciso di creare videogiochi, bensì è qualcuno che aveva già lavorato in passato nell’industria, essendo uno dei tanti nomi che scomparivano nella memoria collettiva e che riempivano i titoli di coda di grandi titoli. Ad un certo punto ha deciso che quella non era la sua strada, ed ha quindi deciso di dedicarsi completamente alla creazione di giochi indipendenti, su cui non lavora totalmente da solo ma che presentano una sua fortissima nota personale e che sono caratterizzati da un’ovvia maggiore libertà creativa.
Prima dell’esplosione in popolarità, Mullins aveva pubblicato due giochi: Pony Island, il suo primo progetto, un bizzarro platform dalle tinte horror, uncanny ed al contempo coloratissime; e The Hex, quello che sembra essere un punta-e-clicca investigativo ad enigmi sempre dall’atmosfera molto, molto particolare. Nessuno dei due ottenne un particolare successo, accaparrandosi una piccola nicchia di appassionati ma rimanendo sconosciuti al grande pubblico, anche se interessato al mercato indie. Ma a questa condizione di ignoranza ha pensato a sopperire Inscryption, uscito nel 2021 per Windows e nel 2022 per iOS e console.
Il titolo è stato così apprezzato da venir candidato in ben due categorie ai TGA 2021, per quanto (purtroppo) non abbia vinto nessuno dei due premi: la prima candidatura era ovviamente per Miglior gioco indipendente (con come rivali Kena: Bridge of Spirits, Twelve Minutes, Death’s Door e Loop Hero: a vincere Kena, e sì, è stato proprio un premio rubato a mani basse), mentre la seconda come Miglior videogioco strategico (ha senso mettere Inscryption vicino ad Age of Empires, Humankind e Flight Simulator? Assolutamente no, ma gli assortimenti nelle categorie degli ultimi anni nel The Game Awards offrono sempre qualche risata di troppo).
Se già un successo del genere nel panorama indie è impressionante a livello di esposizione e diramazione del fenomeno, a parer mio è ancora più inusuale se si pensa a che tipo di gioco sia Inscryption. Non è infatti né un action, né un GDR, né uno shooter: è un roguelite. Ma no, non un roguelite paragonabile ad altri grandi fenomeni come The Binding of Isaac, Enter the Gungeon o Dead Cells: è un roguelite basato sul gioco di carte. Un gioco di carte candidato ai TGA e che ha ottenuto tutta la popolarità che abbiamo potuto osservare. E ho sentito molte possibili spiegazioni al perché di questo evento: per la sua atmosfera, per la trama particolare, per i cambi nella struttura del gioco, per mille altri motivi, ma per me in realtà la questione è molto più semplice. È un bellissimo gioco di carte, in grado di far appassionare anche i giocatori che (come la sottoscritta) di solito sono meno che interessati al genere, al punto da far venire voglia di esplorarlo nella speranza di trovare qualcosa di almeno un minimo similare. Quindi sì, è vero che in Inscryption ci sono altre cose oltre al core gameplay; ma vi posso assicurare che è quello a renderlo un gioco meraviglioso, e non le altre idee che presenta.
Quindi bando alle ciance, e iniziamo la trattazione di questa piccola grande opera.
AMBIENTAZIONE
Le stranezze iniziano immediatamente, quando nel menu principale ci troviamo impossibilitati a selezionare una Nuova Partita, costretti a doverne continuare una già iniziata. Ci ritroveremo subito spediti in una cupa baita di legno (si può supporre in mezzo ai boschi) in cui il nostro sconosciuto protagonista si trova seduto al tavolo di fronte ad uno strano figuro la cui unica caratteristica chiaramente distinguibile sono gli inquietanti occhi luminosi. L’uomo ci intima di giocare a carte con lui, e così veniamo introdotti a quello che è il core gameplay di Inscryption. Ben presto però scopriremo che non tutto è confinato a quel tavolo, ma ci troveremo a poterci alzare e vagare per la stanza, risolvendo enigmi, ottenendo possibili vantaggi per le nostre partite contro l’uomo misterioso e facendo anche la scoperta di alcune carte molto, molto particolari: esse infatti, la prima delle quali è l’Ermellino, sono in grado di parlarci e sembrano avere una coscienza, e ci intimano piano piano a trovare il modo di liberarci da questo sadico e pericoloso gioco gestito dall’uomo.
Oltre gli occhi, vedremo quasi solo le mani del nostro avversario
Assolutamente senza spoiler, mi permetto di fare un rapido commento su quella che è la storia di Inscryption, limitandomi a dire che si tratta di uno di quei giochi che -a parer mio- peccano nel non volersi accontentare e nel voler cercare qualcosa di più. Ci sono infatti diversi plot twist che ci fanno capire che nulla è così come sembra, ma per quanto l’entusiasmo davanti alla prima di queste svolte sia assolutamente emozionante, presto si perde un po’ di interesse, rimpiangendo quando agli inizi ci si sentiva completamente persi tra le mani del nostro avversario, senza capire le motivazioni né del suo astio, né della nostra presenza in quel luogo.
GAMEPLAY
 
Possibilmente, acquistate o recuperate il gioco (che al momento è disponibile per Playstation con l’abbonamento Plus di livello Premium) senza sapere più di quello che sto per dire: il core gameplay consiste in un gioco di carte gestito secondo delle influenze roguelite, con un contorno composto da qualche enigma, alcuni che si basano sulle stesse meccaniche di gioco, altri di tipo completamente diverso. Bene, andate e divertitevi se questo può bastare per incuriosirvi, magari perché siete già degli appassionati di card game o perché vi piace buttarvi a capofitto nelle opere sapendone il meno possibile a prescindere da tutto. Se invece avete bisogno di qualche informazione in più, nessuna paura, sono qui per darvele: ma sappiate che sarà considerabile uno spoiler di gameplay, per quanto cercherò di evitare di approfondire ogni singolo dettaglio. Vi ho avvisati: si inizia.
Il gioco si suddivide in tre atti, il primo dei quali sarà la base anche per i successivi. Nonostante qualche cambiamento, quindi, mi limiterò a descrivere solo ed unicamente le meccaniche del primo atto, tranquillamente sufficienti per capire come è in generale in gioco e che sono, senza alcun dubbio, il punto più alto dell’intera opera (che, personalmente, vede un calo a livello di gradevolezza del gameplay nel secondo atto, per poi tornare quasi al picco del primo con il terzo ed ultimo).
Come già detto, la maggior parte del tempo ci terrà occupati con delle partite a carte, che si svolgeranno in un contesto vagamente roguelite in cui il misterioso mazziere ci metterà davanti a delle mappe generate proceduralmente, che presentano scontri normali, scontri speciali, tre bossfight ed una serie di incontri ed eventi che ci permetteranno di modificare, ampliare, potenziare o, a volte, anche peggiorare il nostro mazzo. In caso di morte, dovremo ricominciare dall’inizio della prima mappa, avendo però la possibilità di creare una nostra carta personalizzata che viene definita la “carta della morte”, che potremo poi trovare nelle run successive per avere un vantaggio nel caso in cui la fortuna vada a nostro favore (infatti sia costo, potenza, salute e sigilli della carta potranno essere selezionati fra alcune carte casuali del nostro mazzo al momento della nostra morte: non preoccupatevi, a breve sarà il momento di spiegare cosa sono tutte queste cose).
Tutte le nostre partite verranno giocate su una griglia 3×4, con una fila in cui potremo posizionare noi le nostre carte e due file a disposizione dell’avversario, con quella più vicina a lui che mostra le prossime carte che verranno giocate (e non sono quindi strettamente “in campo”). Per vincere la partita non si devono distruggere tutte le carte del nostro inquietante mazziere, ma si devono infliggere dei danni direttamente a lui, attaccando gli spazi vuoti dal suo lato del campo. Ovviamente lo stesso vale per noi, ed una volta che noi o l’avversario avremo inflitto 5 danni all’altro avremo vinto (negli scontri normali, noi abbiamo a disposizione due vite e l’avversario una, mentre nelle bossfight succederà il contrario, con una delle due candele che simboleggiano le nostre vite che verrà spenta dal nemico di turno).
Originale, particolare ed estremamente divertente è però il modo in cui vengono calcolati i danni, assolutamente non banale: a fianco della griglia di gioco ci sarà infatti una bilancia, che in base ai danni subiti od inflitti penderà verso noi o verso il mazziere. Non dovremo quindi fare in totale cinque danni per vincere, ma dovremo riuscire a gestire danni fatti e danni subiti in modo da non far mai pendere troppo la bilancia dalla nostra parte, arrivando anche tramite calcoli dei danni e un po’ di sana strategia a riuscire a gestire la situazione. Salvo delle mani particolarmente fortunate o carte molto forti non si potrà quasi mai vincere o perdere in solo un turno, ma spesso si dovranno gestire degli scontri in cui ci si scambiano danni, potendo anche temporeggiare all’occorrenza e scegliendo se utilizzare di volta in volta un approccio più difensivo o aggressivo.
La bilancia che segna l'andamento della partita
Inizieremo la run sempre con tre carte nel mazzo, una delle quali è l’Ermellino di cui ho parlato in precedenza. Grazie agli incontri casuali che troveremo avanzando fra uno scontro e l’altro avremo modo di ampliarlo, potendo ottenere delle carte casuali in base al loro costo o al loro tipo (ossia se siano carte con creature canidi, rettili, volanti, acquatiche o insettoidi), oltre che poter selezionare delle carte speciali dopo gli scontri con i boss o incontrando dei merchant che ci offriranno carte in cambio di altre valute ottenibili sia all’interno della partita che al di fuori, alzandoci dal tavolo ed esplorando la cabina in cui siamo confinati.
Questo nostro mazzo che viene modificato in base alle nostre scelte ed ai nostri incontri è separato da un altro mazzo, che avranno tutti i giocatori a disposizione durante le proprie partite: il mazzo degli Scoiattoli. Ma per capire a cosa serva questa distinzione, è il caso di parlare di tutte le “statistiche” delle varie carte, e degli effetti che possono presentare: costo, salute, potenza e sigilli.
Il costo -simboleggiato da delle gocce di sangue disegnate in alto a destra sulla carta- è effettivamente molto facile da comprendere: è il prezzo che dovremo pagare per poter giocare una determinata carta. La particolarità è però che non sarà un qualcosa di accumulato man mano che avanzano i turni oppure vincendo; potremo giocare le carte solo ed unicamente tramite il sacrificio di altre nostre carte che sono già state giocate. Per rendere il tutto più chiaro, una carta che prevede un costo di una goccia di sangue ci costringerà a sacrificare una nostra carta, con due gocce di sangue dovremo sacrificarne due, con tre gocce tre e così via. Ovviamente, tendenzialmente più una carta è costosa più sarà utile e potente, per quanto molto complessa da riuscire a giocare.
Ci sono anche alcune carte tendenzialmente molto deboli che non richiedono alcun sacrificio, e sono ovviamente le prime da giocare per potersi permettere di gettarne in campo altre. A questo scopo servono gli Scoiattoli, un mazzo separato dal nostro principale composto solo, appunto, da Scoiattoli, carte con 1 di salute e 0 di potenza ma gratis, dal quale potremo scegliere di pescare all’inizio di ogni nostro turno (in alternativa si pesca dal mazzo normale), garantendoci una carta da giocare ed eventualmente da sacrificare senza nessun costo. Ci sono inoltre alcune carte che richiedono non un sacrificio ma la spesa di ossa, che sono dei gettoni che otterremo ogni volta che una nostra creatura morirà (sia se uccisa da una carta avversaria, sia se sacrificata da noi), una meccanica che viene sbloccata molto presto all’interno del gioco.
L'Ermellino in foto ha costo 1, salute 2, potenza 1 e gli è stato applicato un sigillo
Questo sistema crea una base di gioco che personalmente mi è piaciuta estremamente anche da non appassionata di giochi di carte per un semplice motivo: per quanto sia sì importante riuscire a creare un mazzo con alcune carte potenti, il gioco non si concentra sul mero deckbuilding, ma richiede molta, molta tattica e strategia durante la partita, permettendo praticamente sempre di vincere e di spuntarla anche con una mano non particolarmente fortunata. Specifico che in ogni turno si possono giocare quante carte si vuole dalla propria mano, a patto di poterne pagare il costo ovviamente.
Anche la salute -indicata da un cuore con di fianco un numero che ne esplicita il valore- è molto straightforward, rappresentando semplicemente i punti vita della carta, ossia il numero di danni che può subire prima di essere eliminata, lasciando libero il campo e quindi esponendoci a degli attacchi diretti da parte dell’avversario.
La potenza invece -un numero in basso a sinistra sulla carta- è il valore di attacco della carta, ossia quanti danni possono fare le varie carte una volta che vengono giocate, potendo sia eliminare le carte avversarie che attaccando direttamente il mazziere nel caso in cui riuscissimo a liberarci la strada o a giocarle davanti a delle colonne già libere.
Infine, ci sono i sigilli, vari simboli che si trovano in basso al centro sulla carta, e che ne indicano delle abilità speciali. Alcune carte non hanno nessun sigillo di base (come gli Scoiattoli o l’Ermellino, ad esempio), alcune ne hanno sempre uno standard (come le carte che rappresentano creature volanti, che avranno sempre il sigillo che indica la loro possibilità di attaccare “oltre” le creature avversarie per colpire direttamente il mazziere), ed infine durante la run e i vari potenziamenti potremo costruirci delle carte con i sigilli che vogliamo, arrivando con un po’ di fortuna e di strategia a creare delle combo davvero soddisfacenti e divertenti. Uno degli incontri più comuni, infatti, ci offrirà la possibilità di sacrificare una nostra carta con sigillo per perderla definitivamente, ma potendo imprimere il suo sigillo su un’altra carta a nostra scelta che verrà reinserita nel nostro mazzo in modo così potenziato.
Con la giusta combinazione di sigilli si può fare... questo, e molto altro
I sigilli sono di tipo estremamente vario: ci sono sigilli difensivi che permettono alla carta di spostarsi automaticamente in uno spazio vuoto che sta per essere attaccato per proteggerci, sigilli offensivi come quelli che permettono di attaccare su due colonne contemporaneamente invece che solo una e molti altri, come ad esempio quelli volanti di cui ho già parlato o alcuni particolarmente utili che ci permettono di gestire al meglio la nostra mano ed i sacrifici che dovremo eseguire (ad esempio ci sono carte che una volta colpite ci regaleranno una carta che verrà direttamente messa nella nostra mano, oppure carte che possono essere sacrificate all’infinito per giocare altre carte).
 
Oltre alle carte, poi, potremo utilizzare degli oggetti che ci daranno dei vantaggi durante il nostro turno. Potremo averne fino ad un massimo di tre raccogliendoli durante il nostro viaggio tramite gli incontri casuali, e nel caso in cui ci trovassimo davanti ad un’interazione che ci richiede di scegliere un oggetto quando ne abbiamo già tre ci verrà regalata automaticamente una carta (purtroppo una carta decisamente brutta ed inutile, anzi fastidiosa). Gli oggetti hanno vari effetti, come poter prendere uno Scoiattolo in più durante un turno oppure poter infliggere direttamente un danno al nostro avversario, posizionando sulla bilancia un… sapete cosa? Scopritelo da soli.
Specifico inoltre un’ultima cosa riguardo alle nostre partite: la mappa che ci verrà posta davanti di run in run è procedurale nel senso che le varie interazioni che potremo trovare sono selezionate casualmente da una pull prestabilita, ma ogni incontro è caratterizzato da un simbolo che la prima volta non ci verrà spiegato ma che, man mano che andremo avanti, potremo memorizzare per poter selezionare il nostro percorso, scegliendo i bivi che ci porteranno alle cose più convenienti per arrivare ai vari boss il più preparati possibile (non andrò nello specifico nei vari incontri perché semplicemente lo troverei davvero troppo spoiler: scopriteli, alcuni offrono delle bellissime sorprese).
La mappa è piena di bivi e scegliere le "tappe" è fondamentale per la vittoria
Infine, come sono questi boss? Nella prima parte sono in totale tre (non preoccupatevi, non li rivelerò e non dirò le loro meccaniche), che affronteremo sempre in un ordine prestabilito e che una volta sconfitti senza mai morire ci permetteranno di avanzare nella storia, passando alla seconda parte. Senza entrare assolutamente nello specifico, ognuno ha delle meccaniche uniche che lo rendono uno scontro molto più strategico di quelli standard (e sia di quelli “potenziati”, che prevedono che tutta una tipologia di carte del mazziere riceva un sigillo bonus per tutto lo scontro), diventando dei nemici temibili al primo incontro e che poi potranno essere affrontati in modo più sciolto quando compreso il loro funzionamento. Il terzo è l’unico che rischia di mettervi in difficoltà sempre: molto più complesso dei primi due, è particolarmente pericoloso per via delle meccaniche delle sue due fasi (nella prima in particolare fate molta attenzione alle vostre scelte).
Come già detto in precedenza, il primo atto di Inscryption è indubbiamente il migliore, sia a livello estetico e di atmosfera, ma soprattutto a livello di gameplay. Devono saperlo molto bene anche gli sviluppatori, dato che dopo l’uscita è stata resa disponibile un’altra modalità di gioco, la Kaycee’s Mod, che permette di giocare pressocché all’infinito con il gameplay di questa prima parte, presentandoci un roguelite a tutti gli effetti in cui i tre boss e le rispettive mappe ci vengono presentati in un ordine casuale. Inoltre saranno disponibili diversi mazzi di partenza e dei modificatori, che ci permetteranno di volta in volta di sbloccare altre opzioni per poter differenziare sempre la nostra partita e avere delle sfide più impegnative.
Detto questo, possiamo passare ad una rapidissima trattazione del secondo atto che, nonostante un entusiasmo esplosivo nel momento in cui si presenta, si dimostra presto essere il più debole di tutto il gioco. Il titolo infatti muta quasi completamente, diventando meno accattivante sia dal punto di vista estetico che soprattutto dal punto di vista del puro gameplay. Avete presente il pregio che ho detto prima riguardo il fatto che Inscryption riesce ad essere un gioco di carte non basato sul deckbuilding ma sulla strategia? Ecco, nella seconda parte sono presenti delle meccaniche che cancellano completamente questa caratteristica, costringendo il giocatore a doversi abituare ad un approccio quasi esclusivamente di deckbuilding. Brutto? Assolutamente no, ma sicuramente molto meno accattivante dello stupendo gameplay del primo atto. A migliorare la situazione purtroppo non basta nemmeno la presenza di ben quattro mazzi di cui potremo ottenere le carte creando un nostro mazzo personalizzato, ma tenendo conto che un mazzo è quello del primo atto, uno sarà presente nel terzo, uno è stato già visto nel primo atto ma qui viene espanso ed il quarto è completamente  nuovo -con meccaniche completamente diverse da tutti gli altri e che non incentivano a volerlo imparare o preferire- si finisce per creare un mazzo il più familiare possibile, con qualche variazione che ci possa garantire di non avere quasi mai una mano che ci costringa a fare quello a cui la prima parte non ci porta mai se non per una nostra scelta: l’impossibilità di fare qualsiasi cosa durante il proprio turno. Un vero peccato, perché si perde l’aria di novità e di non banalità della prima parte, rendendo queste pochissime ore passate nel secondo atto le più noiose e monotone dell’intero gioco.
 
Il terzo atto, infine, per fortuna si riprende, riavvicinandosi alla bellezza del primo senza però (per puro gusto personale) riuscire a raggiungere quel picco. È infatti una riproposizione del gameplay del primo con una nuova veste grafica (estremamente bella, per quanto a parer mio un po’ meno accattivante) e con una meccanica diversa per quanto riguarda il costo delle carte, che vi lascio scoprire da soli. Un’altra differenza rispetto alla prima parte è che qui la mappa su cui ci dovremo muovere non è in alcun modo procedurale, ma semplicemente presenta dei punti di interesse da dover raggiungere e qualche segreto per ottenere potenziamenti e vantaggi. A questo giro dovremo sconfiggere quattro boss prima di raggiungere il completamento dell’atto, e fortunatamente tutti gli scontri sono divertenti e con delle meccaniche a loro uniche e particolari (con uno che presenta una rottura della quarta parete che, purtroppo, su console è meno efficace rispetto alla controparte su PC).
Finisce qui la sezione di questa recensione dedicata al gameplay, in cui tengo a ripetere per l’ennesima volta quello che ho già detto: purtroppo il picco di Inscryption è proprio la sua sezione iniziale, portando inevitabilmente ad un calo di interesse nella seconda parte che poi verrà ripristinato solo nella terza. Se però il gioco base da’ lo stesso peso a tutte e tre le parti (per quanto la seconda tendenzialmente sia la più rapida da terminare), grazie alla Kaycee’s Mod è possibile giocare la parte migliore dell’opera all’infinito, potendosi permettere di avere davanti un gioco di carte roguelite molto divertente e, sotto un certo punto di vista, anche molto accessibile, dato che al contrario di molti altri roguelite permette di uscire dalla partita senza perdere i progressi dell’attuale run e, tendenzialmente, così è meno frustrante tentare di completare un’intera run, per quanto -non lasciatevi ingannare- non sia assolutamente facile ed automatico (cerchiamo di ricordarcelo: accessibile non vuol dire facile e/o noioso).
Le primissime sfide della Kaycee: giocatela assolutamente
GRAFICA, ESTETICA E MUSICHE
Trovare un modo per descrivere lo stile grafico di Inscryption è quanto meno complicato. Una sorta di pixel art in 3D in prima persona, dall’estetica estremamente cupa ed inquietante, che crea spesso e volentieri un effetto uncanny davvero impressionante. Oltre alla particolarità della realizzazione tecnica in sé (che, fortunatamente, non è minimamente intaccata da cali di frame, freeze o in generale glitch), anche il gusto estetico del gioco è molto ricercato, riuscendo appunto a creare un’atmosfera quasi da contesto horror senza aver bisogno di jumpscare o gameplay concitato, riuscendo ad instillare un’inquietudine nel giocatore che ogni tanto si ripresenta anche dopo ore ed ore di gioco. Gli occhi luminosi del nostro caro mazziere, ad esempio, sono una vista molto frequente che però non smette mai di far sentire a disagio. Allo tesso tempo, anche la gestione visiva del campo di gioco è perfettamente funzionale e mantiene una buona dose di stile: non vedremo mai esclusivamente la griglia su cui si svolgono le partite, ma avremo costantemente una visuale di gran parte del tavolo a cui siamo seduti, potendo tenere costantemente sott’occhio le carte in gioco, gli oggetti a noi disponibili, i gettoni di ossa ottenuti, il candelabro che indica quante vite ci rimangono e, ovviamente, anche la bilancia che segna quanti colpi riceveremo ed infliggeremo direttamente. I comandi sono ottimali per il tipo di gioco, garantendo anche a chi giochi da console o con un controller (come ho fatto io) di trovarsi perfettamente a suo agio anche in un gioco di carte, senza richiedere macchinosità particolari ed assegnando ai vari tasti una funzione specifica che ci permetta di interagire in modo rapido con qualsiasi cosa vogliamo (e non vi preoccupate, non dovrete memorizzare immediatamente cosa fa ogni tasto, per quanto vi assicuro che la memoria muscolare inizierà a fare il suo lavoro molto presto; il gioco infatti presenta sempre una rappresentazione del tasto che è necessario premere per ogni interazione, e riesce a farlo senza essere mai invasivo). L’interfaccia è quindi estremamente leggibile e di aiuto, senza essere confusionaria ma anzi risultando essere molto chiara ed intuitiva nonostante la grafica particolare.
Purtroppo (che sorpresa, eh?) lo stesso non vale per il secondo atto. Mi dispiace dover spoilerare che ci siano dei cambi di grafica durante il gioco, ma non posso parlare del comparto visivo di Inscyption senza citarli, quindi spero che mi perdonerete. Il secondo atto vede un cambio totale dell’estetica, che diventa semplicemente un gioco in pixel art 2D, assolutamente non brutto ma senza nessun guizzo particolare. Al contrario, l’interfaccia delle partite a carte è realizzata in modo molto più maldestro e confuso rispetto alla sezione precedente, con una serie di cambiamenti che non sono stati realizzati proprio al meglio (un esempio su tutti: vi assicuro che vedere com’è stata gestita la “bilancia” fa male al cuore).
Infine, come ho già detto prima, il terzo atto per fortuna si riprende in modo molto soddisfacente. Riprende infatti la grafica particolarissima del primo atto, presentando però un’estetica completamente diversa, che a seconda del gusto personale potrà tranquillamente essere apprezzata persino più di quella delle prime ore (ad esempio, le nuove animazioni durante gli scontri sono davvero uno spettacolo).
Nell'atto 2 l'interfaccia è molto più confusa e caotica
Quindi, tutto sommato, il lavoro di Daniel Mullins Games è promosso sotto il punto di vista della realizzazione tecnico-grafica: nonostante qualche singhiozzo e colpo di tosse, Inscryption per la maggior parte del tempo rimane un’esperienza visivamente estremamente ispirata, presentando qualcosa che è davvero unico e, soprattutto, riconoscibile ad un primo sguardo. Vi assicuro che basta vedere uno screenshot di Inscyption per riconoscerlo se paragonato a qualsiasi altro gioco, e non penso di poter fare un complimento maggiore al comparto estetico di un titolo.
Il comparto sonoro è a sua volta ottimo, seppur in modo molto più discreto di quello visivo. Le musiche sono poche e molto sommesse, di sottofondo, spesso quasi non si notano, riuscendo però perfettamente a creare l’atmosfera giusta, risultando una componente fondamentale del titolo per quanto non siano memorabili. Ho apprezzato ancora di più il lavoro che è stato fatto con i sound effects, sia durante gli scontri che durante altre interazioni. Ad esempio, il gioco non è doppiato, ma ogni volta che il nostro mazziere del primo atto ci parlerà sentiremo un suono dissonante e basso, che ne simboleggia la voce in un modo chiaro ed efficace nonostante la mancanza totale di parole.
Fin ora è abbastanza chiaro il verdetto: sia dal punto di vista del gameplay che dal punto di vista artistico Inscyption è più che promosso, dato che presenta un calo (che comunque non arriva mai ad essere davvero brutto) in un atto su tre, presentandosi come più che ottimo nella maggior parte della sua durata. C’è un solo ed unico aspetto che mi sento di bocciare in toto, che per fortuna non è assolutamente fondamentale ma è un sincero peccato: la storia che Inscryption vuole raccontare.
Con il terzo atto torna la grafica 3D ed anche un gameplay migliore
IL TROPPO STROPPIA
State tranquilli, per questa volta non ho nessuna intenzione di fare spoiler, quindi chiunque potrà leggere i miei pareri sulla componente narrativa di Inscryption senza rovinarsi in alcun modo l’esperienza.
La storia di Inscyption parte in modo interessante, proponendo al giocatore un mistero da dover scoprire nel voler capire come mai il misterioso mazziere ci tenga imprigionati con lui nella baita, che cosa voglia da noi, chi siamo effettivamente noi, e chi o cosa sono le strane carte parlanti che incontreremo e perché vogliono aiutarci a sconfiggere in modo definitivo il mazziere.
Il primo atto è quindi estremamente godibile, pur non offrendo nessuna spiegazione a riguardo: bastano l’atmosfera inquietante, il carattere bizzarro del mazziere e i surreali dialoghi con le carte per dare al giocatore tutto quello di cui ha bisogno, creando una situazione di forte tensione e paura in cui si ha l’impressione di essere alla mercé di un essere crudele e spietato (ma molto, molto onesto nel giocare le sue partite con noi, tanto da arrendersi nel caso in cui veda che ormai lo abbiamo sconfitto), essere che ci trattiene lì per motivi che non capiremo mai, sostituendoci con un’altra vittima ad ogni nostra sconfitta e, quindi, morte.
La prima parte è quindi semplicemente una sorta di horror in cui nulla viene spiegato, ed onestamente la cosa funziona benissimo. Con il passaggio al secondo atto, invece, la situazione si complica, con un cambiamento repentino e nettissimo che all’inizio -non lo negherò minimamente- sorprende tanto da far saltare sulla sedia e, se avete dei coinquilini, correre nell’altra stanza per chiedere che diavolo stia succedendo (qualsiasi riferimento ad eventi o persone reali è puramente casuale).
C'è tantissima "metanarrativa" e purtroppo è l'aspetto meno interessante del titolo
Questa gioia viene però presto abbattuta: da questo momento in poi la vera e propria trama di Inscryption inizia a dipanarsi, dimostrando di essere molto, molto di più di una semplice situazione di “ostaggio” in un contesto perversamente ludico. E… a parer mio la cosa non è assolutamente riuscita. L’atmosfera cala nettamente, diventando estremamente meno inquietante ed interessante, e la storia che viene rivelata è poco accattivante, limitandosi a svelare cose che si rivelano all’altezza di un creepypasta pigro o una strana teoria del complotto. Per l’amor del cielo, nulla di pessimo: ma, a parer mio, Inscryption è decisamente uno di quei giochi che a livello narrativo avrebbe dato molto, molto di più accontentandosi dell’idea iniziale senza voler poi aggiungere idee su idee che ad un certo punto stonano, smettono di sorprendere e lasciano alla fine con l’amaro in bocca.
Quindi, se volete giocare Inscryption per la sua storia, non ne vale la pena. Giocatelo per tutto il resto di cui ho parlato fino ad ora. Lì sì che ne uscirete davvero soddisfatti.
CONCLUSIONE
Per finire: ma quindi, questo Inscryption merita tanto quanto il suo successo prorompente fa credere? Assolutamente sì. Lo ripeto senza nessun tipo di dubbio, avrebbe decisamente dovuto vincere ai TGA il premio per miglior indie di quell’anno, in quanto la concorrenza non era davvero paragonabile alla qualità del titolo. Ma, come moltissime opere, è su certe cose un po’ grezzo ed imperfetto, e purtroppo si perde a tratti nel voler fare sempre di più, lasciando una nostalgia per quelle che sono le primissime ore di gioco. Detto questo, è un’esperienza che assolutamente merita di essere vissuta, ed è un gioco di carte davvero originale e divertente. Se quindi -come nel mio caso- doveste innamorarvi follemente del primo atto e preferirlo agli altri due, non preoccupatevi: con la Kaycee’s Mod potrete tornarci in qualsiasi momento, senza la necessità di ricominciare il gioco.
Speriamo che il prossimo lavoro di Mullins sia ancora più rifinito, risultando in un gioco altrettanto godibile e, si spera, con le idee più chiare rispetto a quello che vuole trasmettere e raccontare, e con meno “ambizione nociva” che porti a voler cambiare un gameplay che funziona perfettamente sin dall’inizio.
Il gioco è costellato di piccole meccaniche nascoste, come quella in foto: provate!
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