Sifu - VisiThors

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Tutti quanti, nella nostra “carriera” da videogiocatori, individuiamo dei videogiochi speciali, delle opere che -anche se magari possono non essere per forza le nostre preferite o quelle a cui siamo più legati- capiamo immediatamente essere un nuovo standard, un picco qualitativo irraggiunto e difficilmente raggiungibile in futuro, soprattutto dal punto di vista di innovazioni di gameplay. Uno di questi giochi per noi e per moltissime altre persone è Sekiro: ne abbiamo già parlato in un articolo dedicato e quindi vi rimando lì per un’analisi approfondita, in questa sede vi basti sapere che è probabilmente il gioco con il miglior combat system action di sempre, avendo portato il livello di divertimento, skill e pulizia dei combattimenti ad arma bianca ad un nuovo picco. Questo nuovo picco è stato per un bel po’ di tempo un ostacolo per giudicare appieno gli altri giochi con un combat system similare: nessuno riusciva a raggiungere la meraviglia che ha realizzato FromSoftware, e anche i giochi che si ispiravano apertamente a sue determinate caratteristiche erano infimi in confronto (si pensi al combat system di Jedi: Fallen Order).
Capisco che siate confusi: non avete aperto un articolo su Sekiro e come già detto ce n’è uno su questo sito, quindi perché sto iniziando la recensione di un altro titolo tessendo le lodi dell’avventura di Lupo? Semplicemente perché Sifu è stato capace di fare quello che nessun gioco ha fatto in questi anni: durante il suo tutorial (il tutorial ragazzi, ci rendiamo conto?), che abbiamo provato assieme, ad un certo punto ci ha portati a guardarci e dire: “cavolo; ma è Sekiro”. Metto subito le mani avanti per evitare di venire fraintesa: Sifu non ha un combat system identico a quello di Sekiro e né, a livello personale, raggiunge quelle vette che rimangono tutt’ora inarrivate. Eppure riesce a darti la stessa soddisfazione, lo stesso feeling, lo stesso senso di sfida e di combattimenti che a tratti sfiorano il rhythm game, con le nostre parate ritmate e la ricerca delle giuste finestre in cui sopraffare l’avversario. E, con estremo piacere e -onestamente- nemmeno troppo stupore, questo risultato eccezionale l’ha raggiunto un gioco indie.
Ai tempi di Absolver, che non ha minimamente raggiunto la fama del suo successore, mi ero interessata al titolo semplicemente perché era stato reso disponibile come gioco mensile tramite Playstation Plus, e sia la strana grafica (quasi “dipinta”, ma molto essenziale) sia quel poco che avevo visto del combat system mi avevano incuriosita. L’ho quindi provato, ma purtroppo non è riuscito a tenermi con le mani sul controller per più di circa tre ore: per quanto infatti il combat system fosse effettivamente molto interessante e apparentemente davvero approfondito (con diversi stili di combattimento da cui attingere), il gioco alla fin fine era un titolo multiplayer e, di gusto, incontrare in giro solo altri giocatori -tra l’altro relativamente di rado- non sapendo se mi sto trovando davanti qualcuno che ha appena aperto il gioco come me, qualcuno totalmente senza mani (perdonatemi la cattiveria, ma esistono) oppure qualcuno che ha passato le giornate ad allenarsi, non è proprio la mia definizione di divertimento. Sono stata quindi sinceramente felice quando ho sentito che gli sviluppatori di Absolver stavano lavorando ad un nuovo titolo, sempre basato sulle arti marziali (in questo caso, il Kung Fu nello specifico) ma, questa volta, singleplayer. Come ormai avrete capito, sto parlando proprio di Sifu.
Uscito nel febbraio del 2022 su Playstation e PC e poi portato anche su Nintendo Switch a novembre dello stesso anno, Sifu ha ottenuto subito tantissima popolarità e lodi da parte di critica e pubblico, arrivando persino ad essere candidato come miglior titolo indie durante i TGA, titolo che purtroppo gli è stato sottratto in modo ingiusto da Stray, che oltre a qualche spunto estetico aveva l’unico merito di essere diventato virale per il protagonista felino. Non sapendo se Tunic, altro titolo indie che recupereremo sicuramente, avrebbe meritato di più il premio, mi permetto di dire qui con assoluta certezza che Sifu se lo sarebbe meritato appieno. Quello che infatti Sloclap ci ha presentato è un titolo completamente incentrato sul gameplay -con sì una componente narrativa che però non è di contorno, di più- e nello specifico sul combat system, che nella sua semplicità a livello di comandi raggiunge livelli di complessità altissimi, richiedendo di essere appreso con attenzione per non venire sopraffatti dalla difficoltà del titolo. E a proposito della difficoltà del titolo, parliamo dell’elefante nella stanza: Sifu è davvero così complesso come viene descritto? A mio modesto parere, sì. È molto impegnativo, richiede tanta concentrazione e tanta prontezza nei riflessi, una buona osservazione e finestre d’azione non permissive. Ma, nonostante tutto questo, non è mai ingiusto. Può trarre in inganno con alcuni scontri che sono molto differenti da quelli affrontati fino a quel momento, ma se ben studiati anche essi si dimostrano degli scontri puliti e soddisfacenti tanto quanto gli altri. Ovviamente, non tutto è rose e fiori: anche Sifu ha i suoi difetti, alcuni totalmente soggettivi, altri invece innegabili. Fortunatamente, però, non arrivano mai al punto di rovinare l’esperienza, che rimane terribilmente soddisfacente, divertente e godibile dall’inizio alla fine (e oltre… per chi lo volesse).
Il protagonista, nella versione maschile
TRAMA, AMBIENTAZIONE E NARRATIVA
 
Come si sarà capito dall’introduzione, l’aspetto narrativo non è decisamente il focus di Sifu, anzi. Ma, dato che comunque esiste, va trattato, per quanto in modo superficiale, e premetto che, purtroppo, gli sviluppatori sono riusciti a fare qualcosa di totalmente insufficiente pur non volendo dare alla componente della storia questo gran peso. Avverto che già da questo paragrafo andrò full spoiler, ma perché semplicemente in Sifu non c’è nulla che possa essere spoilerato: si inizia il gioco con una missione, si finisce avendo completato quella missione. Tutto qui. Il problema che mi ha fatto storcere il naso più volte è che ci sia un’ambientazione che palesemente non è la nostra realtà ma non viene mai approfondita in alcun modo, lasciandoci completamente confusi sul come funzioni fino a che non smettiamo di interessarcene, e che qualche spunto di approfondimento sui macro avvenimenti al di fuori della nostra missione e le motivazioni dei nostri avversari sono solo accennati, promettendo qualche chicca che in realtà non arriverà mai. Tutto questo è grave? Assolutamente no, dato che il gioco si concentra sul gameplay e per fortuna quella componente non viene mai intaccata o rovinata dalla “storia” che si vuole raccontare. È solo un peccato, e a parer mio un difetto nel momento in cui gli sviluppatori hanno voluto mettere un minimo di carne al fuoco, ma senza la voglia di dare qualche informazione in più. Bastava non fare quel passo, se non si intendeva andare in quella direzione.
 
Sifu inizia con una nostra infiltrazione in una scuola di kung fu: il personaggio che controlliamo, un giovane che sembra essere a capo di un qualche tipo di banda, si occupa insieme ai suoi complici di eliminare tutti gli studenti, fino ad arrivare ad incontrare il sifu, che riconosce l’uomo, facendoci capire che è stato in passato uno dei suoi allievi. Lo scontro contro il maestro è la prima bossfight che ci viene posta davanti, e dopo averla superata ed aver ucciso il sifu ci accorgiamo che qualcuno non è stato ucciso: il figlio dell’uomo, che è rimasto nascosto fino ad adesso. Nel momento in cui si rivela, al giocatore viene data l’opportunità di scegliere il sesso del bambino (userò il femminile per comodità, dato che è stata la mia scelta). Non ci resta altro che eliminare anche la bambina, e così viene fatto, tramite uno dei nostri scagnozzi che la sgozza con un machete. Il nostro punto di vista a questo punto cambia, e ci troviamo a vestire i passi della piccola: nonostante le sia stata tagliata la gola e sappia di essere morta, sembra che una strana corda con degli anelli l’abbia riportata in vita, garantendole una seconda possibilità (anche se non è ben chiaro come ci ritroviamo in possesso del ciondolo, dato che è custodito da nostro padre e poi viene preso dall’uomo che lo ha ucciso). Gli anni successivi sono quindi spesi in un costante e rigido allenamento per riuscire ad ottenere le abilità per vendicarci di chi ha ucciso nostro padre, ed il piano viene messo in atto quando la nostra protagonista ha vent’anni. Inizia così una caccia all’uomo, con lo scopo di uccidere Yang, il ragazzo che era a capo dell’operazione contro il sifu, e i suoi quattro complici, Fajar, Sean, Kuroki e Jinfeng. Attraversando le loro rispettive basi e sconfiggendo chiunque ci si pari davanti, arriveremo man mano ad affrontarli uno ad uno, portando avanti la nostra vendetta fino a vederla completata. La trama è letteralmente tutto qui: il nostro percorso alla ricerca di vendetta. In tutto questo però ci sono dei dettagli che non vengono mai approfonditi: in primis, cosa voglia fare esattamente Yang. Sappiamo che da anni gestisce una sorta di clinica di medicina alternativa che cerca di rimettere in piedi chiunque sia abbattuto da una malattia, e sappiamo che in qualche modo c’entra una recente nuova droga chiamata Purple Mist, che viene prodotta da Fajar e i suoi sottoposti (Fajar che a sua volta verrà rivelato essere malato ed in cura nella clinica di Yang, senza nessuna spiegazione ulteriore).
Alla fine del gioco, sono molteplici i dubbi che rimangono senza risposta: che cos’è successo esattamente tra Yang e il sifu, dato che arriviamo semplicemente a capire che Yang è stato espulso dalla scuola in seguito ad un grave lutto e per questo ha deciso di vendicarsi (probabilmente voleva ottenere il ciondolo magico per salvare chiunque sia morto, ma non ci è dato avere una conferma); poi il ruolo degli altri quattro, che rimangono solo delle figure di contorno senza delle motivazioni chiare, con qualche piccolo dettaglio che però non rivela mai nulla di significativo; cosa sia esattamente quel ciondolo magico e cosa sia il Wude, uno stato di pace e accettazione cui si accenna e che noi potremo raggiungere solo nella nostra seconda run, quando ci verrà data l’opportunità di risparmiare i nostri bersagli; ed infine, e secondo me è la cosa più grave, in che modo i costanti elementi sovrannaturali e magici sono inseriti nel contesto dell’ambientazione.
L'antagonista principale, eppure sappiamo così poco...
All’inizio l’unica cosa strana sembra essere il ciondolo, che appare quindi come un singolare oggetto magico, ma presto ci renderemo conto che tutti i nostri bersagli hanno dei poteri di qualche tipo, ma non ci è dato sapere se sia una cosa normale, il risultato di un qualche processo strano oppure, semplicemente, una capacità singolare di alcune persone.
La colpa di Sifu è quindi, ancor più di essere superficiale (cosa che, nel momento in cui non ci si vuole concentrare sulla narrativa, è più che legittimo), di essere confusissimo nell’esposizione delle poche informazioni che ci offre. Per una storia così contenuta, sarebbe bastato davvero poco per fare qualcosa di più soddisfacente. Assolutamente nulla che infici sul giudizio finale del gioco, come ho già detto, ma un sincero peccato nell’aver perso un’occasione per portare avanti delle idee che gli sviluppatori hanno palesemente avuto, ma non sono stati in grado di esporre adeguatamente.
GAMEPLAY
Ed eccoci finalmente alla parte centrale di questo articolo e dell’intero titolo, il focus principale per cui chiunque dovrebbe essere interessato a giocare Sifu: il gameplay, più nello specifico il combat system.
Come già detto, Sifu è un gioco che si concentra sugli scontri corpo a corpo (con al massimo l’utilizzo di armi bianche che, vedremo, possiamo ottenere temporaneamente durante i livelli), in particolare scontri basati su una forma di kung fu chiamata Pak-Mei, in cui la velocità di reazione e la capacità di rimanere calmi e concentrati anche nei momenti più concitati la fanno da padrone assoluto. Prima di parlare esattamente di com’è il gioco pad alla mano, per fare chiarezza ed evitare confusione nel caso in cui dovessi voler citare delle cose specifiche, voglio esporre qual è la struttura di gioco, ossia come si organizza la progressione.
La pista da ballo nel secondo livello è dove il gioco inizia davvero
Sifu è un beat ‘em up tridimensionale con qualche elemento vagamente roguelite nella superficiale esplorazione, in primis il fatto che se dovessimo perdere definitivamente in un livello o dovessimo decidere di ricominciarlo perderemmo i progressi fatti (c’è un modo per evitarlo, ma lo vedremo dopo), e poi la struttura che incoraggia un minimo di backtracking tramite degli oggetti che potremo trovare e che ci permetteranno di rendere disponibili degli shortcut che garantiranno di addirittura saltare intere parti del livello per poter arrivare il prima possibile alla bossfight. Non fatevi ingannare dalle prime recensioni e dai pareri che lo definiscono un vero e proprio roguelite: la componente è appunto appena accennata, prendendo qualche spunto dal genere ma rimanendo nel suo nucleo più profondo un gioco d’azione a livelli, punto.
Come avrete quindi potuto intuire, Sifu ha una struttura a livelli: in totale cinque, ognuno con un boss alla fine (i nomi citati nella sezione che riguarda la storia, l’ultimo dei quali potrete tranquillamente intuire senza il rischio alcuno di spoiler), che potremo ricominciare quando vogliamo dalla hub centrale -ovviamente solo dopo averlo completato almeno una volta- in modo da migliorare la nostra prestazione (cosa che, vi assicuro, vorrete fare costantemente). Ad ogni livello si aggiungeranno dei nuovi avversari alle schiere che ci si pareranno davanti, alcuni ovviamente che sono carne da macello, altri che ci daranno del filo da torcere, soprattutto ai primi incontri. L’avanzamento nei livelli è molto lineare, con qualche stradina secondaria che ci permetterà di raccattare oggetti o informazioni per puro completismo, dato che per fortuna le varie chiavi che ci fanno aprire gli shortcut non sono mai nascoste in luoghi particolari, ma sono facilmente trovabili avanzando normalmente. Ognuno degli oggetti o delle interazioni trovate verranno segnate nella Detective Board, visibile sia in qualsiasi momento dal menu di pausa sia dall’hub di gioco, che -come intuibile dal nome- è una raccolta che ci permette di fare collegamenti fra le varie informazioni ottenute e fra i vari livelli (non è raro infatti trovare in un livello successivo una chiave che permette di aprire una specifica porta o uno scrigno presente nei livelli precedenti). Ho citato più volte un hub di gioco: questo è il punto di partenza di ogni nostra run. Da esso potremo iniziare i vari livelli, guardare la Detective Board, cambiare gli abiti del nostro personaggio (che si potranno ottenere vedendo i diversi finali o svolgendo “missioni” specifiche), ripassare le basi quando vorremo nel tutorial di combattimento e potenziare il nostro personaggio, facendogli imparare nuove mosse e tecniche utili. Il potenziamento è infatti presente in Sifu, ed è molto importante, non essendo così aleatorio come lo spropositato uso della parola “roguelite” potrebbe suggerire. Ogni singola abilità, infatti, potrà essere acquistata fino a cinque volte tramite i punti esperienza ottenuti battendo nemici e completando i livelli, e nel momento in cui sarà acquistata tutte le volte possibili, sarà nostra in modo fisso e irreversibile. Questo vuol dire che anche se dovessimo ricominciare un livello nel quale abbiamo acquistato delle abilità (potremo infatti spendere punti esperienza anche ad ogni morte, aumentando di una barra il numero di volte in cui la otteniamo), nel caso in cui le avessimo acquistate le prime quattro volte non ci saranno più disponibili finché non le riacquistiamo, mentre se le abbiamo già comprate la quinta volta ormai fanno parte del nostro repertorio standard, utilizzabili in qualsiasi livello senza il rischio di fare passi indietro. Questo vale anche per delle abilità speciali che potremo ottenere durante i livelli pregando a delle statue di giada, che ci presenteranno tre abilità acquistabili in base all’età del nostro personaggio (vedremo dopo la meccanica dell’età, fondamentale in Sifu), tre abilità in base ai punti acquisiti tramite le combo e i moltiplicatori (che aumenteremo ogni volta che combattiamo quando riusciamo a mettere a segno sequenze di colpi in modo ravvicinato senza essere interrotti e colpiti) e tre in base ai punti esperienza. Al contrario delle abilità presenti nel vero e proprio albero delle abilità -che, come già detto, sono nuove mosse, nuove possibilità di combattimento-, le migliorie che potremo ottenere alle statue sono di altro tipo, principalmente legate alla miglioria delle “statistiche” del nostro personaggio (che sia un aumento della barra della salute, della barra del focus, della durabilità delle armi raccolte o altro).
Le succitate statistiche del personaggio sono poche e molto chiare nel loro funzionamento: la salute è, evidentemente, la barra della salute, il numero di colpi che potremo subire prima di perdere la vita; la struttura è una barra che abbiamo sia noi che i nostri avversari che, in poche parole, rappresenta la rottura delle nostre difese, una barra che quando riempita ci lascerà esposti agli attacchi per qualche istante e che ci permetterà di eliminare direttamente i nemici quando noi la romperemo a loro; ed infine la barra del focus, che si riempie man mano che mettiamo a segno dei colpi e che, tramite i suoi segmenti, ci permetterà di effettuare delle mosse speciali, dette appunto mosse focus. Salute, struttura e potenza d’attacco (una statistica nascosta, dato che viene citata ma non viene mai visualizzata in modo esplicito) variano in base all’età del nostro personaggio.
Per farvi vedere un po' di HUD
Le vite in Sifu non sono infatti rappresentate da un numero che diminuisce di uno ogni volta che perdiamo la vita, ma sono rappresentate dall’età del protagonista, che aumenterà ad ogni morte per arrivare a settanta, numero dopo il quale, se moriremo, subiremo un vero e proprio game over. L’aumento dell’età però non è lineare nel senso che aumenta di un anno ad ogni morte, bensì viene sommato un numero cumulativo ad ogni morte, più precisamente il doppio del numero precedente. Faccio un esempio in modo da far capire appieno: iniziamo a 20 anni e moriamo una volta: al counter delle morti verrà aggiunto il numero 1, e continueremo a 21 anni. Se dovessimo morire una seconda volta, il counter delle morti diventerà 2, e questo numero verrà sommato alla nostra età, facendoci arrivare a 23 anni. Morendo una terza volta, il counter delle morti raddoppierà diventando 4 e aumentando di quattro anni la nostra età, e così via fino al cap massimo di vecchiaia. Il counter può essere azzerato sia pregando alle statue di giada sia sconfiggendo nemici speciali, che a volte saranno singoli avversari con un moveset più impegnativo dei “minion” standard, e a volte saranno delle stanze piene di nemici da massacrare. Ogni 10 anni in più, ci saranno delle variazioni nell’efficienza del personaggio: la vita e la struttura diminuiranno, ma aumenterà la potenza di attacco. Mi permetto di dire che è relativamente raro raggiungere il vero e proprio game over: a me è capitato solo una volta durante le mie 30 ore di gioco e al mio collega mai, non perché siamo chissà quanto abili, ma semplicemente perché ad un certo punto inizi automaticamente ad imparare come gestire il tutto al meglio e tendenzialmente si ripete un livello per arrivare ad affrontare il successivo all’età più bassa possibile. Ogni livello infatti non inizia automaticamente a 20 anni, ma ha come età di partenza quella con cui abbiamo finito il livello precedente. Capirete quindi che voler fare in modo perfetto ogni singolo livello in modo da iniziare quello successivo a 20 anni o poco più è un qualcosa che vi verrà automatico molto in fretta.
Ogni singola meccanica spiegata fin ora ha però un superiore a cui rispondere: il combat system. Quest’ultimo, sulla carta, è molto basilare. Con quadrato attacco leggero, con triangolo attacco pesante, L1 la parata, R2 la schivata. A questi comandi base però si aggiungono già alcune apparenti piccolezze che cambiano tutto: ovviamente ci sono tantissime combo (che potranno essere anche acquistate all’albero dell’abilità) in base alle mosse effettuate in sequenza o se attacchiamo dopo aver eseguito determinati movimenti, ed inoltre oltre alla schivata normale ce n’è una sicuramente più rapida ma molto molto difficile da masterare (mi permetto di dire senza vergogna che non ci sono tutt’ora riuscita, utilizzandola solo qualche volta per evitare le prese imparabili, segnalate oltre che dal moveset anche dalla presenza di due cerchi rosso-arancione sulle mani dell’avversario) che si effettua tenendo premuto L1 e muovendosi verso il basso o verso l’alto per schivare, rispettivamente, attacchi medi e alti o attacchi bassi. Anche l’ambiente ha una sua importanza: non solo potremo scagliare i nostri avversari contro i muri o i parapetti per fare molti danni alla loro postura, ma potremo anche interagire con degli oggetti sparsi per i livelli acquistando l’abilità necessaria, che ci permetterà di lasciarli contro i nemici per farli cadere quando saremo vicino all’oggetto interessato e premeremo R1. Troveremo anche varie bottiglie che potremo scagliare in faccia ai nostri nemici per stordirli, bottiglie che potranno anche essere utilizzate contro di noi ma che con un’abilità potremo prendere al volo premendo L1 nel momento giusto dopo che ci sono state lanciate, potendo rispedirle al mittente. Infine, potremo anche trovare diverse armi bianche sia sparse per i livelli, sia nelle mani dei nostri avversari, che una volta sconfitti la lasceranno a terra permettendoci di raccoglierla. Sia armi contundenti che da taglio, ognuna ha una propria durabilità, e quindi si romperà dopo qualche colpo assestato, garantendo però spesso e volentieri un buon vantaggio. Ma, a mio parere senza alcun dubbio, la vera meccanica principe sta nella parata: se infatti premeremo L1 al momento giusto effettueremo lui, l’unico, il solo, il meraviglioso parry (che qua viene chiamato deflezione, ma… suvvia, è il parry). Quest’ ultimo ha una declinazione leggermente diversa in base a se venga effettuato su attacchi standard, cosa che non ci permetterà di interrompere le combo avversarie ma di “assorbirle”, oppure se venga effettuato su alcuni attacchi speciali che si imparano in modo abbastanza naturale andando avanti con l’avventura, attacchi che una volta parryati stordiranno per qualche istante l’avversario, permettendoci di colpirlo o di lanciarlo in una direzione a nostro piacimento con la pressione contemporanea di quadrato e croce.
Il parry è fondamentale perché non solo ci permetterà di non prendere danni da parte degli avversari e di mantenere stabile la nostra struttura, ma sarà il modo principale in cui noi romperemo la postura avversaria, modo molto più rapido e soddisfacente di attaccare a ripetizione quando il tempismo viene appreso: ogni deflezione infatti diminuirà la struttura avversaria fino ad arrivare alla sua rottura completa. Una volta arrivati a quel punto, potremo eseguire una finisher che ci permetterà di uccidere immediatamente il nostro nemico, avvicinandoci a lui mentre è stordito e premendo in contemporanea triangolo e cerchio. Questo è tra l’altro il modo in cui passeremo da una fase a quella successiva durante le bossfight: esattamente come in Sekiro, una volta “rotto” il boss una prima volta ed eseguita la finisher, il boss passerà alla seconda fase, che dovremo rompere nuovamente per ucciderlo. Questo cambia solo nel caso in cui scegliessimo di ottenere il finale “segreto” in una seconda run, il finale già citato in cui possiamo risparmiare i nostri bersagli: in questo caso dovremo rompere la loro postura una terza volta, senza mai approfittare della finisher che verrà resa disponibile.
A partire dalla seconda volta, potremo scegliere se uccidere o risparmiare il boss
Manca un’ultima cosa di cui parlare relativa al combat system, e sono le già citate mosse focus. Queste ultime sono eseguibili tenendo premuto il tasto L2 qualora la barra focus (visibile in basso a sinistra dello schermo) abbia almeno un segmento pieno, ed entreremo in una modalità in cui il tempo è molto rallentato. Durante questo periodo (che non dura all’infinito dato che il tempo non si ferma, e quindi prima o poi verrete colpiti dai nemici che vi attaccano) comparirà davanti al personaggio una ruota con diversi puntini, che identificano ognuno una mossa diversa: alcune disponibili sin dall’inizio, alcune acquistabili con potenziamenti, alcune disponibili solo avendo raccolto un’arma, una volta selezionata quella che vogliamo effettuare, essa verrà eseguita immediatamente dal nostro personaggio, garantendoci un notevole vantaggio. Che si tratti infatti di allontanare, stordire o addirittura atterrare il nemico (cosa che ci permetterà di assestargli qualche colpo avvicinandoci a lui e tenendo premuto il tasto cerchio) saranno tutte molto utili sia per la gestione di grandi gruppi, sia per approfittare di un’apertura di un boss che altrimenti sarebbe troppo breve per infliggere tanti danni.
Con degli aggiornamenti successivi al lancio, Sifu ha aggiunto una terza difficoltà alle due presenti in precedenza, arrivando quindi ad offrire tre modalità non appena iniziata una partita: Studente, Discepolo, Maestro. La modalità Studente, aggiunta con l’aggiornamento, è in poche parole la easy mode, un modo per poter imparare giusto le basi e poco più, potendo giocare ma senza avere idea di quanto il titolo originale possa essere spietato. Discepolo è la modalità con cui il titolo è stato pensato, ed è stata quella scelta sia da me che dal mio collega: lungi da essere una passeggiata, è palesemente il modo giusto di giocare a Sifu, in grado di non superare mai la sottile linea fra challenging e frustrante. La modalità Maestro, invece, è la più difficile, e ammetto di non averla mai provata: immagino sia solo per i veri masochisti.
Detto questo, mancano solo due cosine che voglio aggiungere sul gameplay del gioco: un commento sulla varietà di nemici standard e, soprattutto, la qualità delle bossfight, e l’aggiunta delle Arene, delle sfide completamente separate dalla campagna anch’esse rese disponibili con un aggiornamento.
NEMICI E BOSS
 
Ci sono solo cinque tipologie di avversari in Sifu, numero che potrebbe sembrare molto, troppo basso per un gioco incentrato sul combat. Ma fortunatamente, data la differenza nei moveset di ognuno di loro ed il fatto che potremo incontrarli tutti armati con diverse armi (che siano bottiglie raccattate per terra che ci lanceranno, mazze da baseball, bo o coltelli) non stuccano mai e si rivelano sempre una sfida soddisfacente, soprattutto grazie alle varie combinazioni che si possono trovare nei livelli.
 
Nel primo livello, The Squats, sono incontrabili solo i nemici base, (gli Hunchman) armati di mazze varie, ed i Juggernauts, degli omoni altissimi e soprattutto spessimi che picchiano come fabbri e saranno la nostra introduzione alle prese. Fanno molti danni e sono più lenti degli altri nei movimenti, cosa che in realtà destabilizza più di quanto potrebbe sembrare dato il ritmo di parry che abbiamo con tutti gli altri nemici.
 
Nel secondo livello, The Club, vengono aggiunti altri due tipi di nemici, probabilmente quelli che danno più filo da torcere a qualunque giocatore di Sifu che si approcci al gioco la prima volta: i Flashkicks ed i Disciples. I Flashkicks sono nemici che, come intuibile dal nome, si concentrano su uno stile di combattimento che usa i calci. All’inizio imprevedibili e con un moveset totalmente diverso da tutti gli altri, potrebbero mettervi al tappeto diverse volte (e infatti non è un caso che la prima venga introdotta in una sequenza a lei dedicata, in cui combatteremo solo contro di lei). I Disciples invece sono esperti di arti marziali che troveremo disarmati oppure con un bo: caratterizzati da combo controllate e lunghe, che richiedono molto tempismo per evitare di prendere danno, sono personalmente la mia tipologia di avversario standard preferita, dato che utilizzano un connubio di combo che prevedono pugni, gomitate e spinte, ma anche combo con calci. Infine, nel terzo livello (The Museum, quello che considero in assoluto il più bello a livello di estetica e di mappa) viene introdotta l’ultima varietà di avversari standard: i Bodyguard. Grossi e molto forti, sono decisamente più veloci dei Juggernauts, ma comunque in grado di effettuare prese e quindi metterci al tappeto molto, molto in fretta. Come già detto, queste cinque varietà ci vengono presentate in varie salse in base alla presenza o meno di un’arma, e la maggior parte delle stanze sono ben studiate, garantendo una sfida che è sì asfissiante, ma che di rado frustra. Mi permetto di dire che l’eccezione sono alcune stanze del quarto livello: piccole e con diversi ostacoli ambientali che rischiano persino di ridurre la visibilità della telecamera, fanno paura anche dopo aver finito e rifinito il gioco per i motivi sbagliati.
Ma non si può parlare di avversari senza parlare di loro, il climax di ogni livello e gli scontri più impegnativi e complessi: i boss. Sono in totale cinque, ed ognuno di loro è incredibilmente diverso dal precedente, con alcuni che sono ben riusciti, e altri che invece mi hanno fatto storcere il naso. Fajar, il primo, è armato di machete ed è molto pulito, leggibile, un ottimo boss che ci insegni come giocare davvero a Sifu, offrendo una buona sfida che però non è eccessiva. Il secondo, Sean, è il mio preferito insieme al terzo (in base al momento in cui me lo chiederete, oscillerò fra i due per stabilire qual è quello che mi è piaciuto di più): armato di bo, è un boss estremamente pulito che si tiene a distanza, offrendo pochissime finestre per colpirlo direttamente e “costringendo” quindi il giocatore (a meno che non sia particolarmente fissato con l’infliggere danni e non distruggere la strutture… qualsiasi riferimento a persone reali è puramente casuale) ad imparare a sfruttare al meglio i parry e le mosse focus.
Fajar, il primo boss e uno dei più puliti
Kuroki, il terzo boss, all’inizio sembrava terribile: armata di una catena con una lama alla fine, attacca principalmente dalla distanza durante la prima fase, passando poi a lancio di kunai e rapidi scatti verso di noi nella seconda fase. I primi incontri sono incredibilmente confusi: Kuroki è diversa da qualsiasi avversario abbiamo affrontato fin ora, i parry sembrano non entrare, è difficile capire come affrontare la prima fase. Questo fino a quando non si capisce il tempismo con cui agita quella catena, ed a quel punto diventa una pacchia: sì, si può parryare come tutti gli altri attacchi, e sì, possiamo tranquillamente arrivare a romperle la struttura così (posso vantarmi di essere arrivata a farla no damage, per farvi capire che è assolutamente fattibile se ci sono riuscita io). La seconda fase è altrettanto interessante. Kuroki si allontana di continuo scagliandoci addosso dei kunai, che però potremo prendere al volo per utilizzarli contro di lei, interrompendo gli scatti che fa verso di noi per attaccarci e lasciandola quindi stordita e scoperta.
Jianfeng, il quarto boss, è quello che mi è piaciuto indubbiamente meno: combatte con una sorta di “campana” che ci lancia addosso dalla distanza, ed è praticamente una riproposizione della prima fase di Kuroki ma con un moveset molto meno interessante e vario, cosa che la rende quasi noiosa a tratti. La seconda fase inoltre non cambia quasi per niente, limitandosi ad aggiungere una presa a distanza che, ammetto, non ho tutt’ora capito come evitare (è successo che la schivassi casualmente, ma mi è andata di fortuna).
Infine Yang, il nostro obiettivo ultimo, l’uomo per cui stiamo facendo tutto questo. Purtroppo, mi trovo a dire che anche questa è una delle bossfight meno riuscite. Innanzi tutto c’è la misteriosa scelta di non rendere disponibili le mosse focus per questo scontro e solo per questo, cosa che lo rende solo più frustrante dato che non abbiamo mai delle finestre per attaccare. In secondo luogo, la bossfight consiste praticamente in uno spam di L1: Yang effettua combo velocissime e molto difficilmente leggibili, quindi non dico che si risolva tutto con uno sporco L1-smashing ma… in effetti è proprio così. Un vero peccato che gli ultimi boss siano quelli meno interessanti, ma quanto meno l’ultimo livello presenta una buona distribuzione dei nemici e quindi rimane godibilissimo da affrontare. Yang, molto meno. Soprattutto se decidete di ottenere il finale segreto e risparmiarlo. Dovergli rompere la struttura una terza volta è un biglietto di sola andata per il tunnel carpale. Un peccato che proprio l’ultimo boss, almeno per me, sia stato l’unico che non mi abbia fatto venire nemmeno per un istante la voglia di riaffrontarlo per migliorare la mia prestazione (o, sia mai, affrontarlo non superando mai i 20 anni), ma per fortuna non è tutto quello che Sifu ha da offrire.
Se lo scontro con Yang inizia in età avanzata, la sconfitta è probabile
ARENE
Una modalità separata dalla modalità storia accessibile solo dal menu principale, Arene offre comodamente diverse ore di contenuti aggiuntivi, soprattutto per chiunque voglia affrontare queste sfide extra cercando di ottenere i punteggi massimi. Affrontabili solo con il protagonista maschile, ogni arena prevede una sfida diversa con obiettivi, modificatori (che potremo sbloccare e attivare anche per giocare normalmente, ma onestamente non ne vale assolutamente la pena) e un’età di partenza che varia in base alla tipologia di Arena. Non avendole minimamente svolte tutte (sono uno di quei giocatori che non procede alla sfida successiva finché non ha ottenuto il punteggio massimo in quella precedente, e data la difficoltà di Sifu non mi vergogno di dire che sto ancora facendo tentativi nei primi gruppi di arene), posso dire però che tendenzialmente le sfide sono dei seguenti tipi: sopravvivere a diverse ondate di nemici rimanendo sotto una determinata soglia di età, abbattere dei bersagli specifici, conquistare delle aree, ottenere un determinato punteggio grazie ai moltiplicatori in combat, difendere delle aree. Ognuna di queste sfide però, grazie ai modificatori, può rivelarsi molto diversa dalla precedente dello stesso tipo: potremmo infatti ritrovarci a fare danni solo con le armi e non a mani nude, oppure dovremo fare danni ambientali agli avversari per renderli vulnerabili ai nostri successivi attacchi, oppure potremo iniziare da un’età già avanzata e quindi dover fare molta attenzione a non prendere danni. In base a punteggio ottenuto o tempo impiegato per completare la sfida, otterremo una, due o tre medaglie, con la terza che verrà guadagnata solo se riusciremo a svolgere la sfida al nostro meglio. Completate le varie Arene otterremo dei token che ci permetteranno di sbloccare le successive, e così via fino ad esaurirle tutte. Quindi, per quanto l’esperienza standard di Sifu possa tranquillamente durare poche ore, per spulciarlo per bene potrete trovarvi a passarci qualche decina di ore senza rendervene conto: io al momento ne ho “solo” una trentina, e come ho già detto ho molte altre Arene che mi aspettano.
Kuroki, il boss che più cambia nelle due fasi
COMPARTO TECNICO E ARTISTICO
Questa è la sezione in cui ci sarà meno da dire, ma se siete curiosi leggete pure. A livello artistico, il gioco non fa nulla di speciale, risultando efficace ma non qualcosa che rimarrà impresso nella memoria: con un’estetica non realistica si sono evitati sicuramente i molti problemi legati al budget per realizzare una grafica più complessa, ma purtroppo ci sono pochi sprazzi di creatività notevoli nell’estetica dei modelli, e praticamente nessuno nell’estetica dei personaggi (escluso, secondo me, il terzo boss, decisamente il più particolare). I livelli a parer mio più interessanti sono il secondo nella prima parte e l’interezza del terzo, che essendo un museo di arte contemporanea ha delle stanze sinceramente interessanti da guardare, per quanto ovviamente non sia lo scopo del gioco (e che saranno molto più interessanti di un vero museo di arte contemporanea… ops, non dovevo dirlo?). Ci sono sparse per il gioco delle citazioni a film celebri (come una sequenza a scorrimento che riprende la celebre scena del martello di Oldboy e la bossfight con Kuroki, un richiamo allo scontro con il personaggio di Lucy Liu in Kill Bill), ma devo ammettere che non essendo una particolare conoscitrice di film sulle arti marziali ho riconosciuto solo queste due che sono le più evidenti. Non so dire se per i più esperti di voi ci sarà qualche chicca in più.
Rimanendo sulla componente artistica, non ha nulla da dire la musica: sicuramente non sgradevole o fastidiosa durante il gioco, ma onestamente non ho nemmeno due note che mi ricordo, e dopo 30 ore di gioco di cui molte passate a ripetere e ripetere i vari livelli, direi che è un segno inconfutabile che non è stato fatto un grande lavoro.
A livello tecnico, come ho già accennato non c’è nulla da dire della grafica, semplice, con qualche sbavatura ogni tanto nelle texture ma nulla di grave, mentre va fatto un plauso al modo in cui il gioco “gira” (perdonatemi il termine colloquiale): in un titolo del genere la responsività dei comandi e l’assenza di cali di frame sono fondamentali, e fortunatamente non ho mai avuto problemi di questo tipo. Nessun calo di FPS che rendesse frustrante uno scontro, anche nelle stanze più affollate, e nessun momento in cui ho pensato “cavolo, però l’avevo premuto L1; perché non ha parato?”.
Specifico che io ho giocato al titolo su PS5, quindi non so dire se sulle console della scorsa generazione o sulla Switch le prestazioni siano inferiori. Su PC, dubito altamente che lasci a desiderare.
L'inizio della citazione ad Oldboy
CONCLUSIONI
A mio modesto parere, Sifu è assolutamente un must play per chiunque ami una buona sfida quando gioca. Che vi catturi come ha catturato me, spingendovi anche a raggiungere il finale segreto e sperimentare nelle Arene, oppure che vi intrattenga per qualche ora come è successo al mio collega, che al contrario non ha sentito il bisogno di ritornare sul gioco una volta concluso la prima volta, state certi che sarà comunque un’esperienza appagante e soddisfacente, uno di quei titoli in cui senti distintamente di stare migliorando ogni minuto che passa. E se questa sensazione si aggiunge ad un combat system così reattivo e ad avversari così interessanti, potrete ben intuire da voi che non è un’esperienza da lasciarsi sfuggire sotto il naso.
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