Kena: Bridge of Spirits è il
primo gioco sviluppato dallo studio indipendente Ember Lab, in seguito ad un accordo
con Sony. Al contrario di quanto succede di solito, infatti, è stato il colosso
nipponico a sostenere finanziariamente il progetto, in cambio dell’esclusività
del titolo per quanto riguarda le console: Kena è infatti disponibile per PS4,
PS5 e PC ma non per le console Microsoft (o Nintendo, senza che nessuno si sorprenda).
Questo finanziamento rende difficile valutare Kena come “indie”, nonostante il
team di sviluppo ridotto (15 persone) e l’inesperienza dello studio per quanto
riguarda i videogiochi. È anche vero che Ember Lab non sbuca fuori dal nulla:
fondata nel 2011 dai fratelli Grier, per cinque anni ha prodotto animazioni e
giochi a scopo pubblicitario, e nel 2016 ha finalmente deciso di provare a
creare un proprio videogioco. Quindi inesperienza sì, ma non totale. Il gioco
incuriosì fin dai primi trailer, complici una stupenda estetica e grafica che
tradivano il passato di animatori, e ha riscosso anche un discreto successo al
momento dell’uscita, arrivando persino a vincere il GOTY per miglior Indie
nei TGA del 2021. Ma c’è anche un altro aspetto, per me fondamentale: poco dopo
l’uscita, se non per la premiazione, si è smesso di parlare del titolo. Kena
non è un brutto gioco, non lo è nel modo più assoluto, ma è lampante come
all’interno del panorama indie, in cui distinguersi e rimanere impressi è una
questione essenziale, Kena sia velocemente scomparso dai radar. Troverete gente
che lo ha giocato, che lo ha apprezzato e, forse, persino amato ma non
troverete un “fan”. Perché Kena, nonostante un comparto grafico da mozzare il
fiato, un gameplay divertente, semplice, ma non banale ed una serie di boss
davvero validi, non riesce a rimanere nell’animo, non riesce ad appassionare.
Vediamo perché.
AMBIENTAZIONE e TRAMA
La storia di Kena è oltremodo semplice e lineare, il nostro scopo ci viene palesato all’inizio del gioco e non ci sono né sorprese né deviazioni lungo il cammino. Kena, la nostra giovane protagonista, è una Guida Spiritica: queste sono persone addestrate nel combattimento e nella magia (o almeno suppongo, visto quello che fa lei) al fine di permettere agli spiriti tormentati dei defunti di completare la propria transizione nell’aldilà. I motivi per cui uno spirito possa rimanere legato al mondo terreno sono i soliti, quali forti emozioni, affari in sospeso o morti traumatiche che il defunto deve riuscire a superare. La ragazza sta procedendo verso il Santuario della Montagna, un luogo dalla forte concentrazione spiritica e che le dovrebbe permettere di migliorare notevolmente come Guida. Poco prima di arrivare al villaggio ai piedi del monte, uno spirito mascherato la assale e le sguinzaglia contro diverse creature, nate dalla corruzione che egli stesso ha scatenato su quelle terre. Kena riesce facilmente a liberarsi dei mostri, ma lo spirito fugge. Arrivata quasi all’ingresso del villaggio, la protagonista incontra due giovanissimi gemelli, Saiya e Beni, intenti a catturare una piccola e buffa creatura, un Rot. La creatura schiva ogni loro tentativo di approccio, ma accetta di buon grado la presenza della Guida Spiritica e sarà solo la prima di molte altre uguali che ci seguiranno (letteralmente) durante l’avventura. Accompagnata dai bambini, Kena entra nel villaggio: abbandonato e pervaso dalla corruzione, la via per la Montagna è bloccata da forti barriere magiche. L’unica persona in circolazione sembra essere Zajuro, l’anziano del villaggio, che rivela come proseguire: per accedere al Tempio, Kena deve prima aiutare tre spiriti che non sono riusciti a proseguire (per qualche strano motivo, tutti quelli presenti al villaggio sono ininfluenti a tal fine… esigenze di gameplay, ma manco un tentativo di giustificazione). Il primo di essi è Taro, il fratello dei due gemelli, la seconda è l’inventrice Adira e l’ultimo è proprio l’individuo mascherato che abbiamo incontrato poco prima. Il gioco si sviluppa nella seguente maniera: si va nell’area del relativo Spirito, si raccolgono i tre oggetti contenenti i suoi ricordi e lo si affronta come boss; ogni area dà inoltre l’accesso ad una nuova abilità, ma parliamo qualcosa di estremamente semplice per essere paragonato ad un metroidvania. Liberati i tre spiriti, vi attende solo il boss finale ed i titoli di coda.
GAMEPLAY
Come detto nella premessa, Kena ha un gameplay semplice ma soddisfacente, che senza tanti fronzoli riesce a divertire per tutta la durata del titolo (che è di circa 10 ore, più il tempo per scovare i collezionabili se li volete tutti) e che è sicuramente la parte meglio riuscita. Attacco leggero con R1, attacco pesante (caricabile) con R2, schivata con Cerchio e parata con L1, questi i comandi base. La parata è una bolla attorno alla protagonista, dotata di una propria resistenza e che si infrangerà se subisce troppi colpi; inoltre, eseguendo una parata appena prima di essere colpiti sbilanceremo l’avversario, avendo occasione di contrattaccare. Presto otterremo l’abilità di creare un arco di energia spiritica, estraibile con L2 e le cui frecce hanno un breve cooldown prima di ricaricarsi: tale arma sarà la nostra fidata compagna in molte situazioni, sia scontri che enigmi. Ultimo ma assolutamente non meno importante elemento sono i Rot: queste piccole e simpatiche creature si trovano un po’ ovunque nel mondo di gioco, un po’ come collezionabili, e ogni volta che ne troviamo uno esso ci seguirà per tutto il resto dell’avventura; al termine, avrete un piccolo esercito di esserini neri e dai buffi cappellini (ne riparliamo dopo, statene certi).
Lo Scudo a difesa di Kena
Essi hanno però anche una
funzione durante i combattimenti: ogni volta che infliggeremo danni ai nemici
acquisiranno coraggio, fino a permetterci una “azione Rot”. Quella base è
tenere fermo un nemico per qualche secondo, oppure raccogliere per noi una
delle cure sparse per l’arena: questo è l’unico modo in cui è possibile curarsi
durante uno scontro (altrimenti la vita si rigenera non appena out-of-combat), il
cui numero di volte è quindi fissato dagli sviluppatori e richiede una certa
gestione delle risorse, soprattutto contro i boss. Più Rot troviamo e più
“slot” per azioni Rot avremo, permettendo di accumularle e tenerle da parte per
i momenti più concitati; attraverso l’albero delle abilità sbloccheremo poi
“colpi speciali” che le usino e qui arriva la parte che davvero mi è piaciuta:
se all’inizio sono una sorta di ultima risorsa, col proseguire del gioco e
acquisendo abilità arriveremo al punto da usarle quasi continuamente e senza
remore. Questo anche grazie ad appositi “punti deboli” presenti sui nemici,
colpibili con l’arco una volta e che hanno due effetti: il primo è ovviamente
infliggere un buon numero di danni, il secondo è dare una bella dose di coraggio
ai Rot.
Ho accennato a delle abilità, che
ancora una volta sono poche e ridotte all’essenziale: oltre ai colpi speciali
con i Rot, abbiamo attacchi in corsa/salto, possibilità di scoccare più frecce
prima di ricaricare e una maggiore resistenza dello scudo; parlo proprio di
una, massimo due abilità per tipo: sono 18 in totale e le riuscirete ad
acquisire tutte ben prima di aver completato il gioco e di aver svolto ogni
attività secondaria (con cui guadagnare i punti da spendere). Unica nota, alcune
abilità richiedono di aver trovato un certo numero di Rot prima di essere
acquistate. Ma di tutte quelle presenti, 4 sono per me quelle su cui dovete
mettere le mani il prima possibile:
Come detto le ablità da acquistare sono ridotte all'essenziale, senza nulla di complesso
-la capacità di rallentare il
tempo mentre si prende la mira con l’arco, un classico dei videogiochi e che
rende molto più semplice colpire i punti deboli
-la possibilità di fare un vero e
proprio contrattacco dopo un parry, in grado di danneggiare notevolmente anche
i boss
-entrare in combattimento con
un’azione Rot già carica, per rendere quasi triviali la maggior parte degli
scontri di ridotte dimensioni
-guadagnare un’azione Rot per
ogni Parry eseguito, questa vi permetterà di usare colpi speciali a
ripetizione, con enorme disappunto dei boss.
Oltre a tali abilità, è possibile
trovare punti di meditazione in grado di aumentare la vita della protagonista.
Ci sono diversi tipi di attività secondarie, ma proprio qui esce la criticità
maggiore di Kena: le ricompense.
ESPLORAZIONE e
QUEST SECONDARIE
Purtroppo,
svolgere qualsiasi cosa non sia la campagna principale è estremamente noioso e
tediante, non a causa delle attività in sé, che tra enigmi, sfide di
combattimento e persino boss riescono ad essere poco ripetitive, ma per le
ricompense che offrono. Purtroppo, fin troppo spesso un’esplorazione meticolosa
o il superamento di una sfida difficile hanno sempre e solo lo stesso premio:
cappelli. Neanche cosmetica per noi, ma accessori da poter dare ai Rot per
rendere il piccolo esercito che ci segue ancora più vivace e colorato; qualcosa
che sicuramente è gradito, ma non può costituire l’unica forma di ricompensa.
Anche perché “trovare” un cappello vuol dire semplicemente sbloccarlo nello
shop, dove andrà comprato con la valuta di gioco: essa non serve a nient’altro
ed è la ricompensa più frequente per le attività minori. Solo l’esperienza è
quindi una ricompensa effettiva, ma come vi dicevo riuscirete presto ad avere
tutto (io ci sono riuscito a metà del gioco, grosso modo) e questo rende ancora
peggiori le quest secondarie. Ho comunque completato tutto, ma non nego che
superato un certo punto ho tirato dritto nella storia principale per poi farmi
un giro di recupero subito prima dello scontro finale. In tal senso le quest di
gran lunga più deludenti sono quelle relative alla Posta Spiritica: come detto all’inizio,
nel villaggio molte case sono bloccate dalla corruzione, con all’interno
spiriti rimasti intrappolati in questo mondo. Ma non è la corruzione a
bloccarci la strada, quanto speciali barriere magiche (che ci sono perché sì);
per superarle dovremo trovare appunto della “Posta” da consegnare in quella
casa, il che ci permetterà di accedere. No, non ha nessun senso ma tant’è.
Comunque, una volta entrati ci ritroveremo a combattere, soprattutto nemici ma
ogni tanto qualche boss già visto, e infine potremo far trapassare lo spirito.
Festeggiate, un altro cappello!
I Rot, che ci faranno compagnia per tutta l'avventura (qui senza accessori)
Il problema principale di questa
attività è che richiede un tempo maggiore delle altre, per praticamente la
stessa ricompensa e non dà nessuna informazione aggiuntiva sul mondo di gioco.
Gli spiriti che “liberiamo” non ci parlano, non raccontano del di come fosse il
villaggio prima o di nessun’altra cosa; salvare uno di loro o superare una
sfida di tiro a segno è esattamente la stessa cosa. Unica nota positiva è poter
riaffrontare qualche boss che, ottenendo nuove abilità e possibilità di
combattimento, ci permette di vivere tutt’altro scontro rispetto al primo
incontro.
Per l’esplorazione in sé,
esistono due motivi per cui dovreste tenere gli occhi aperti mentre camminate:
i Rot, sempre nascosti negli angoli più disparati, e le aree in sé. Tutte
semplici, tutte immerse nel verde, ma tutte realizzate con una cura
incredibile. Soprattutto i Punti di Meditazione sono in luoghi splendidi, vuoi
per il panorama (ce n’è uno in cima ad una montagna che… wow, solo wow) o per
la presenza di bellissimi specchi d’acqua nei paraggi. Peccato che lo stesso
non si possa dire dei personaggi, con un aspetto volutamente molto cartoon con
i tipici tratti caricaturali e che, pur rimanendo facilmente riconoscibili
(anche perché ci sono sì e no 10 personaggi, Kena inclusa), sono abbastanza
anonimi. Ma è giunto il momento di parlare proprio di loro; toccherà fare
qualche spoiler, vi avviso.
PERSONAGGI e
NARRAZIONE
Qui abbiamo quello che personalmente ritengo l’apice e
l’abisso di questo videogioco. Apice perché riesce a dare una botta emotiva
inaspettata nelle prime ore, attraverso una cosa semplicissima ma d’effetto: la
storia di Taro. Saiya e Beni ci conducono velocemente nel bosco, dove il
fratello ha perso la vita in non chiare circostanze. Raccogliendone i ricordi,
riusciamo a ricostruire gli eventi: una malattia si diffuse nel villaggio di
Taro, privando lui e i gemelli dei genitori; il resto degli abitanti iniziò a spostarsi
altrove, cercando di sfuggire al contagio, lasciandoli da soli. Quasi senza
cibo e senza una casa, i tre vivevano all’aperto, potendo ovviamente fare
affidamento sul solo Taro. Una mattina, probabilmente in cerca di qualcosa da
poter mangiare, il maggiore si allontana, quando vede qualcosa di strano sulla
Montagna: un’abbagliante luce viola, seguita da un’esplosione di energia che lo
scaglia a terra e lo stordisce. Riprende i sensi solo la notte, durante una
tempesta. Preoccupato, si mette alla ricerca di Sanya e Beni, senza trovarli;
vaga per giorni nel bosco, senza successo, e infine muore. Il senso di colpa
per averli lasciati soli e per non averli ritrovati lo lega a questo mondo, e proprio
per questo la protagonista fa cenno ai due gemelli di avvicinarsi e di parlare
con lui. I tre si abbracciano e la piccola Saiya viene a chiederci scusa: non
può portarci al Santuario. “Va tutto bene” - risponde Kena - “dovete andare
ora”: anche i due piccoli si rivelano spiriti, ormai morti da tempo e solo
desiderosi di riunirsi al fratello.
Da sinistra, Anya, Taro e Beni
Tutti e tre scompaiono, in una
scena toccante che potrebbe essere un perfetto finale per un film Disney (di
quelli validi… ma non è il luogo adatto). Inoltre, si vede chiaramente come
Kena ne fosse già all’occorrente ed anche Zajuro, lasciando quindi solo noi
giocatori all’oscuro. Bene, ma perché ho detto che tutto questo è anche
l’abisso? Perché la situazione è praticamente identica per i due spiriti
successivi. Mossi pochissimi passi nella seconda area, infatti, ci verrà
incontro Hana, la fidanzata di Adira, e non esiteremo un attimo a dire “ok,
sarà morta pure lei”. Ed infatti…
La faccio breve: carestia, parte
per mare per cercare una soluzione, non fa più ritorno, causando lo
struggimento di Adira che rimane preda della Corruzione. Ma non è solo “la
stessa storia” (a mio avviso comunque meno toccante, ma è soggettivo), è
persino raccontata negli stessi tempi: si raccolgono i ricordi, si affronta il
boss (uno dei più brutti a mio avviso), si vedono gli avvenimenti e solo a quel
punto si “scopre” che anche Hana sia morta. Il terzo Spirito? Ancora la stessa
solfa; non vi dico chi è visto che non è necessario.
Ma c’è anche un altro grosso
problema: Kena. La nostra protagonista non sembra avere un carattere, un
interesse, un obiettivo particolare. Vuole raggiungere il Santuario per essere
una Guida Spiritica migliore, ma l’unico motivo per cui sembra interessata a
farlo è onorare la morte del padre. In uno dei primi filmati viene inquadrata
la mano della ragazza, evidenziando delle vene bluastre luminose, che presto
Kena nasconde agli altri: nessuna spiegazione è fornita, non ne viene parlato
mai più. In un’intervista i creatori dissero che la protagonista aveva un
“marchio” dalla morte del padre, ma come ho detto nulla viene aggiunto nel
corso del titolo. Lo stesso vale per la sua reazione ai Rot: il gioco ci dice
chiaramente cosa siano, ma in teoria non dovrebbero esistere al di fuori di
quella zona. Quindi, perché Kena li avvicina con tanta facilità? Diciamo che
loro si fidano percependo sia una Guida, lei perché sembra conscia delle
capacità di queste creature? E se lo è, com’è possibile che sia così
tranquilla?
La mazzata finale (di bruttezza)
arriva però poco prima del boss finale: perdiamo contro lo Spirito di inizio
gioco, il quale dice che fingiamo solo di aiutare gli altri, ma in realtà
abbiamo un obiettivo egoistico per voler arrivare al Santuario. Ci spedisce nel
Mondo Spiritico (no, non credo che conti come “morte”), dove incontriamo
un’apparizione di una Kena bambina, che cerca il padre in mezzo agli Spiriti
dei defunti. Tornati nel mondo reale parliamo con Zajuro, che ci spiega che il
motivo per cui abbiamo perso è un conflitto nel nostro cuore. Kena si fa
coraggio, io ero in trepidante attesa, e finalmente risponde: “So che mio padre
è morto, ma ho sempre pensato che se avessi aiutato abbastanza persone mi
avrebbe visto e ne sarebbe stato orgoglioso”. Questo è quanto, tutto l’approfondimento
che la protagonista riceve. Il motivo egoistico è che vuole rendere fiero il
padre… ok. Mi aspettavo come minimo che puntasse a farlo risorgere attraverso
il Santuario o simili, o perlomeno che fosse coinvolta nella morte del padre e
se ne sentisse in colpa.
Ecco quindi perché ho detto picco
e abisso: il gioco parte benissimo, ma crolla velocemente su sé stesso in una
storia che non ha nulla da raccontare, in cui sono presenti personaggi
ugualmente vuoti e noiosi. Ci sono gli spunti per fare qualcosa, ma hanno
preferito fare le stesse scene trite e ritrite, non approfondendo nulla.
Zajuro, l'Anziano del Villaggio
BOSS e DIFFICOLTA’
Chiudo con quello che è un aspetto che non mi sarei mai aspettato apprezzare in un gioco come Kena: la sfida. Il titolo propone quattro difficoltà: Facile, che vede il Coraggio dei Rot aumentare costantemente durante i combattimenti (oltre ad aggro e danni minori), Normale, Difficile (banalmente danni e aggro aumentati) e Molto Difficile; quest’ultima si sblocca solo dopo aver completato il titolo una volta, e oltre all’aumento parametrico vede la perdita di tutto il Coraggio accumulato non appena si viene colpiti. Io ho giocato a difficile e mi sono sinceramente divertito, dovendo mantenere quel filo di attenzione anche contro i nemici base e rendendo le sfide sinceramente interessanti da affrontare. In questo splendono i boss, che contano tra le loro fila sia alcuni con elementi puzzle (ma MAI gimmick, davvero bello) sia alcuni puramente action, contro i quali solo riflessi rapidi e abilità ci permetteranno di sopravvivere. Alla difficoltà da me scelta potevo ricevere meno colpi, ma ho fatto qualche ricerca e vi assicuro che anche a normale molti boss sapranno tenervi impegnati, soprattutto nelle prime ore di gioco con un arsenale più limitato a vostra disposizione. Non sono nemmeno pochi, dato che in ogni area ne affronteremo praticamente uno per ogni ricordo più lo Spirito: parliamo quindi di 12 boss più quello finale, senza considerare che, come dicevo prima, ne riaffronteremo qualcuno tramite la Posta Spiritica.
In tal senso l’ultima parte del gioco è la più divertente: con ormai tutte le abilità a nostra disposizione e la conoscenza dei nemici (la cui varietà non è molta, ma si perdona), ci ritroveremo ad affrontare orde soverchianti ed i boss più difficili del titolo, in scontri che non nego mi abbiano chiesto più di qualche tentativo e nei quali mi sono dovuto sinceramente impegnare; culmine positivo è lo Spirito Mascherato, che è stato in grado di darmi del filo da torcere quanto e più di alcuni boss di titoli ben più “seri”. Purtroppo, invece, il finale è deludente anche in questo: senza dirvi chi è, il boss finale ha uno scontro inutilmente lungo, pieno zeppo di minions e “fasi” non di combattimento che è tediante dover riaffrontare dopo una morte, che obbliga a ricominciare da capo. È anche lo scontro più vicino ad essere una gimmick, dato che sono colpibili solo punti deboli, contro un avversario ben più grande di quelli affrontati finora e che rende evidente come non ci fosse abbastanza esperienza per gestire questo tipo di combattimento. Peccato, perché appunto il gioco brillava in questo aspetto, ma riesce a lasciare l’amaro anche su di esso nel finale.
Lo Spirito Mascherato, l'antagonista principale del gioco
CONCLUSIONI
Riassumendo il più possibile,
Kena è sicuramente un gioco divertente, su cui spendere 20€, finirlo e
lasciarlo sulla mensola; è credo uno dei casi più palesi di “piena
sufficienza”, dove non mi permetterei mai di dire che è un gioco non riuscito,
ma allo stesso tempo non fa nemmeno nulla di speciale per cui essere ricordato.
Sensazione puramente personale, ma mi è sembrato di giocare a qualcosa di
“anonimo”, fatto senza passione, come se Ember Lab si fosse ritrovata senza
volerlo alle prese con un videogioco senza realmente esserne interessata. Sugli
aspetti tecnici se la sono cavata, e non diamolo nemmeno per un attimo per
scontato, ma non sono riusciti a lasciare la loro impronta, un motivo per farmi
dire “sono curioso sul loro prossimo progetto”. Se mai ci dovesse essere, in
fondo Kena ha avuto un buon successo commerciale, spero che venga davvero fatto
col cuore, perché è quello che più manca a questo titolo.