Vampyr - VisiThors

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Dontnod Entertainment è una casa di sviluppo francese che ha fatto il suo debutto sul mercato con Remember Me, un titolo action-adventure fallimentare e che ormai ben pochi si ricordano (l'ironia del fato). Nel 2014, per cercare di recuperare le sorti della compagnia, viene annunciato Life is Strange, un'avventura grafica e progetto totalmente diverso dal precedente. Life is Strange esce nel 2015, e Dontnod fa il botto: tutti ne parlano, tutti lo giocano, e le critiche sono principalmente positive, lodando il sistema di scelte che influenzano il corso della storia e le tematiche “sensibili” trattate. Dando una rapida occhiata ai prodotti di Dontnod, ci si rende conto che non hanno la minima intenzione di distaccarsi dal format di avventura grafica che li ha portati al successo: hanno lavorato infatti su un prequel di Life is Strange (Before the Storm), su un secondo capitolo con nuovi protagonisti e una nuova storia, e infine un titolo completamente separato (Tell me Why), che però rimane sempre molto legato come stile e modalità di gioco ai suoi predecessori. Tutte avventure grafiche che si basano su un sistema di scelte, tutte con giovani protagonisti che affrontano le difficoltà personali e sociali della vita in età adolescenziale o post-adolescenziale e tutte accomunate anche da una grafica molto simile, con colori caldi e una veste estetica che a volte ricorda un quadro acquerellato.
 In mezzo a questo parco titoli che parla di buoni sentimenti e che fa del suo cavallo di battaglia il suscitare una risposta emotiva nel giocatore, Vampyr appare un pugno in un occhio e una mossa molto azzardata: un action-RPG open world con protagonisti dei vampiri e che si ambienta nella Londra del 1918, afflitta da una epidemia di influenza spagnola (averlo giocato nel 2020 e vedere in giro per le strade cartelli che incitavano al distanziamento sociale e all'indossare le mascherine mi ha suscitato una sensazione a metà fra il divertito e il tragico).
 Eppure, proprio il gioco totalmente diverso da tutti gli altri, di un genere in cui si presuppone che l'azienda non sia la più esperta, a parer mio è il migliore di Dontnod: certo, ha i suoi difetti (e non sono pochi, il basso budget si fa sentire), ma inserisce delle meccaniche che mi piacerebbe vedere molto più spesso in altri RPG e, soprattutto, non ha la tendenza dei suoi cugini nello scadere troppo spesso nel melenso.
 Quindi, in questo articolo vorrei parlare di questo titolo passato purtroppo in sordina, e per farlo partirò da un accenno all'ambientazione e l'inizio della trama, per poi parlare del gameplay e, infine, mi concederò spoiler importanti per parlare dei risvolti narrativi che ho particolarmente apprezzato. Iniziamo facendo la conoscenza del nostro protagonista: il dottor Jonathan Reid.
Il nostro protagonista, Johnathan Reid
L'INIZIO DELL'AVVENTURA
 Il gioco inizia con una cinematica in bianco e nero, a immagini fisse. In sottofondo, un monologo inquietante e incredibilmente teatrale di una voce misteriosa, che ci conduce al gioco vero e proprio, che prende piede in una fossa comune.
Il nostro protagonista, il dottor Reid, è stato buttato in mezzo ai cadaveri, e qui si rialza, sconvolto, confuso, e particolarmente pallido (il titolo del gioco ci fa già capire tranquillamente che cosa gli sia successo). Afflitto da un'improvvisa e fortissima sete, si fa strada in un mondo che ci appare in bianco e nero, con come unico colore il rosso del sangue per terra e quello che pulsa nelle vene della nostra prima vittima (di cui non vi rivelerò l'identità: è vero che sono letteralmente i primissimi passi nel gioco, ma scoprite questa chicca da soli). Il buon dottore viene colto in flagrante mentre si nutre e si interroga su ciò che ha appena fatto, venendo costretto alla fuga che, dopo diverse peripezie, lo porterà infine ad essere soccorso e aiutato dal dottor Swansea, direttore del Pembroke Hospital.
Il Dr Edard Swansea
Consapevole della condizione di Reid, gli offre un patto: gli verrà concesso un alloggio e un lavoro nell'ospedale (ovviamente con turno notturno) oltre ad aiuto e supporto per abituarsi alla sua nuova “condizione” e scoprire l'identità del suo Creatore, ma in cambio Jonathan dovrà aiutare Swansea in delle indagini e nel tentativo di debellare la terribile pandemia di spagnola che affligge la città di Londra.
Ci troviamo così stabiliti nel Pembroke Hospital, che è la prima delle quattro zone che compongono la città di Londra (da noi esplorabile liberamente e, volendo, sin dall'inizio, rendendo il gioco un open world nonostante le scarse dimensioni della mappa), e le prime missioni svolte qui fungono da tutorial per le principali meccaniche di gioco.
IL GAMEPLAY
Come già accennato, il gioco è un action-RPG open world: questo vuol dire che potremmo esplorare la città di Londra a nostro piacimento, con incontri casuali con nemici (umani o non) e con NPC.
Il combattimento è la parte “action” di questo gioco. Si tratta infatti di un combat system in tempo reale, con diverse armi (suddivise in primarie e secondarie), ognuna delle quali può fare un tipo di danno o suscitare un effetto diverso. Ad esempio, i paletti servono ad abbattere la stamina dell'avversario per poterlo mordere, le armi da fuoco permettono di colpire a distanza, altre armi causano sanguinamento permettendoci di riempire la nostra barra del sangue a ogni colpo e infine ci sono anche armi a due mani, che ci permettono quindi di effettuare un parry (oh sì, ovviamente c'è il parry). In tutto questo dovremo stare attenti anche alla nostra stamina, che diminuirà ad ogni schivata e ad ogni nostro colpo.
 Ci sono altre due barre che dovremo tenere d'occhio oltre alla stamina: salute e sangue. La salute si spiega da sé, sono semplicemente i punti vita del personaggio. La barra del sangue indica invece quanto sangue possediamo, che ci servirà per delle abilità speciali, a cui abbiamo accesso in quanto vampiri, che prevedono l'utilizzo (che sorpresa) del sangue. Potremo decidere noi verso che direzione portare il nostro dottor Reid sbloccando ciò che desideriamo nell'albero delle abilità: abbiamo abilità di cura, difensive ed offensive (quest’ ultime danno veramente tante soddisfazioni, soprattutto le Supreme).
Una delle citate Supreme
L'albero delle abilità offre una buona varietà, permettendo al giocatore di affrontare gli scontri nella modalità che preferisce, oltre che in modo estremamente spettacolare data la bellezza estetica di alcuni attacchi. Ma come si sbloccano queste abilità? Semplice, possiamo migliorare il nostro personaggio riposando nei rifugi che troveremo sparsi per la città e utilizzando i punti esperienza che abbiamo accumulato durante la notte, ottenibili sia eseguendo missioni (principali o secondarie che siano) sia nutrendosi degli NPC che incontriamo (è questa la meccanica più interessante di Vampyr). Attenzione però: riposando passeremo direttamente alla notte successiva, con una panoramica del miglioramento o peggioramento dei vari quartieri di Londra in base alle nostre azioni. Curando infatti gli NPC malati (possiamo craftare medicine per diverse tipologie di malessere sempre nei rifugi) la salute di un determinato quartiere migliorerà, facendo diminuire il quantitativo di vampiri minori che incontriamo per le strade. Non curando nessuno e lasciando peggiorare la loro condizione, decidendo di uccidere determinati NPC o in seguito a importanti scelte di trama, il quartiere potrebbe peggiorare esponenzialmente, gettandolo nel caos più totale.
La Lancia di Sangue, una delle prime mosse acquistabili
Questa attenzione alle conseguenze delle nostre azioni è il punto di forza di Vampyr: ogni personaggio ha delle caratteristiche peculiari, delle relazioni e dei segreti da scoprire, e se alla ricerca di punti esperienza facili decidiamo di uccidere qualcuno la sua morte avrà un impatto sulla vita e la routine degli altri personaggi (oppure, come me, si può essere attenti ad uccidere principalmente personaggi isolati dalla vita sociale per limitare i danni). I punti esperienza che un determinato personaggio ci darà alla sua morte dipendono dalla sua condizione di salute e dalle informazioni che abbiamo sul suo conto; quindi per massimizzare il risultato ci troveremo a curare qualcuno per poi ucciderlo, o a scoprire determinati segreti (tramite dialoghi con gli abitanti o missioni secondarie assegnateci da loro) che potrebbero farci desistere dall'uccidere il nostro bersaglio o convincerci ancora di più della nostra scelta.
I dialoghi con i personaggi (sia quelli importanti di trama che i semplici cittadini di Londra) sono interessanti e presentano un'ottima varietà, oltre che il rischio di perdere per sempre la possibilità di raccogliere informazioni importanti se facciamo innervosire l'NPC, cosa veramente ben accetta in un titolo che dà così importanza alle scelte, anche con conseguenze negative. Ma, purtroppo, sono anche una meccanica in cui il basso budget del gioco si fa sentire: sono troppo frequenti le ripetizioni di argomenti di cui magari abbiamo già parlato con l'NPC in questione presentati come argomenti nuovi che suscitano sorpresa, oppure in base all'ordine in cui decidiamo di porre le nostre domande potrebbe nascere uno scambio di battute in cui è molto ma molto chiaro che l'ordine sarebbe dovuto essere tutt'altro. Insomma, scordiamoci la meraviglia dei dialoghi che si adattano in base alla situazione di un God of War.
I difetti del gioco si fanno sentire anche in altri ambiti: in particolare i combattimenti e la mappa. L'IA dei nemici infatti non è delle migliori, e per quanto non sia sicuramente una schifezza porta a scontri molto ripetitivi con i nemici base, mentre più interessanti sono gli scontri con i boss, che però brillano molto di più nell'estetica e nella colonna sonora piuttosto che nel gameplay vero e proprio. Inoltre, l'esperienza di gioco sarà molto frustrante per chi decida di eseguire una pacifist run: i punti esperienza ottenuti tramite le missioni e basta non sono abbastanza per essere veramente performanti, quindi più si procede nell'avventura e più ci si ritrova ad essere sottolivellati di molto, e con i boss questo si traduce in scontri incredibilmente prudenti e lunghi, in cui si fanno pochissimi danni e si ricevono un sacco di botte (sì, anche a difficoltà standard).
La mappa di Londra, terzo grave difetto, riesce ad essere confusionaria nonostante le dimensioni ridotte: il giocatore si ritrova spesso a dover aprire il menu della mappa, perché è davvero difficile orientarsi fra i vicoli tutti incredibilmente simili della città. E l'indicatore dell'HUD che ci indica i punti di interesse come missioni o un puntatore inserito da noi aiuta ben poco. Infatti dà solo una direzione vaga, e si perde spesso tempo nel cercare di trovare l'entrata di una fogna o un rifugio, perché magari posizionati ad altezze diverse che non vengono segnalate in alcun modo.
Ovviamente, poi, ci sono le problematiche che un qualunque gioco non tripla A può avere: caricamenti incredibilmente lunghi, cali di frame, freeze, animazioni spesso legnose e purtroppo più di un crash su PS4 standard durante la mia run.
Tutto questo intacca il giudizio altrimenti positivo in toto che si potrebbe avere sul titolo, e forse sono problemi in parte responsabili del poco impatto che Vampyr ha avuto nell'anno in cui è uscito: ma, onestamente, mi sento di consigliare di chiudere un occhio, in quanto gli spunti e la qualità presenti in altri aspetti del gioco (colonna sonora, cura estetica, differenziazione degli NPC e trama molto interessante) lo rendono un'esperienza molto più piacevole che spiacevole, e fanno riflettere anche sul possibile sviluppo del genere RPG, riflessione che nel mio caso si traduce in una speranza di riprendere la gestione di scelte e conseguenze che ci propone Dontnod (e anche questa caratteristica, presente in tutti i titoli dell'azienda, per me è particolarmente ispirata e d'impatto proprio in Vampyr).
Un esempio di Vulkod, una variante di Vampiro
Inoltre, questo è un titolo assolutamente must per chiunque sia affascinato dalle atmosfere gotiche e dalla figura del vampiro. Doppiaggio, regia delle cutscene, una colonna sonora che ci ammalia con un utilizzo magistrale degli strumenti ad arco e l'estetica nei combattimenti (in cui le abilità vampiresche, in particolare le Supreme, sono a dir poco terrificanti e rendono perfettamente idea del potere del nostro protagonista) danno l'impressione di trovarsi davanti ad un classico romanzo gotico, sensazione che si traduce in un’esplosione di teatralità nelle bossfight più avanzate.
Proprio perché questa è la componente che più mi ha affascinato del gioco, in questa parte non spoiler mi limito a quello che ho appena detto, perché trovo che siano chicche che meritano di essere scoperte senza saperne nulla. Passo quindi alla parte spoiler di questo articolo con un ultimo invito a provare questo diamante grezzo di Dontnod, che nonostante tutti i suoi innegabili problemi fa ben sperare per il futuro di un genere tanto difficile da trattare come quello del gioco di ruolo.
uno Skal, il nemico più comune che ci troveremo ad affrontare
TRAMA (FULL SPOILER)
Vampyr è un gioco che grida “british” da ogni singolo poligono: l'ambientazione, il doppiaggio, l'atteggiamento del nostro buon dottore e i continui riferimenti ad eventi e personaggi della storia e leggende britanniche esprimono un interesse immenso per la terra del fish and chips. E posso assicurare con certezza che tutto ciò crea un'atmosfera meravigliosa, costantemente cupa, oppressiva, e in cui percepiamo di avere a che fare con qualcosa di antico, ancestrale, molto distante dal 1918 in cui agisce il neonato dottor Reid. Capiamo per la prima volta di avere a che fare con qualcosa di più grosso di una “semplice” influenza spagnola quando, durante la missione principale in cui indaghiamo sulle losche attività dell'infermiera Dorothy Crane, ci ritroviamo ad aiutarla nell'operare un paziente in fin di vita. Egli però, nonostante mostri chiari segni dell'influenza spagnola, ha un atteggiamento incredibilmente aggressivo, molto simile a quello degli Skal che incontriamo per le strade di Londra, ossia vampiri minori che perdono il senno e si dedicano solo ad attaccare qualsiasi essere vivente gli si pari davanti. Più avanti avremo la conferma che in circolazione non c'è solo la normale influenza spagnola, ma anche un altro ceppo della stessa malattia che trasforma gli esseri umani in Skal, e quindi la nostra indagine si sposta sul capire l'origine di questo ceppo e debellarla prima che Londra diventi patria di abitanti completamente fuori controllo.
È da questa rivelazione e le sue conseguenze che la trama si impenna nella sua qualità, intrigando incredibilmente il giocatore. Ma ancor prima di avere una certezza di trama, questa mutazione della malattia ci viene suggerita dal Creatore di Jonathan, che appare per la prima volta sotto forma di una strana figura con quattro corna fatta di sangue e dice, con linguaggio incredibilmente criptico, che ci troviamo davanti ad un antico veleno. Più avanti arriva la conferma in seguito a delle ricerche compiute in ospedale sul sangue degli infetti, e per poter affrontare la minaccia della malattia e avere anche una protezione nei confronti dei cacciatori di vampiri (la Guardia di Priwen), Jonathan viene convinto da Elizabeth (altro vampiro fondamentale nella storia, benefattrice del Pembroke Hospital e più avanti interesse amoroso del protagonista) ad entrare a far parte dell'Ascalon Club, un gruppo aristocratico di vampiri molto potenti e influenti nelle vicende di Londra che in questo momento si stanno occupando principalmente di eliminare gli Skal per evitare che l'infezione dilaghi per tutta la città.
Elizabeth Ashbury
Il nostro miesterioso Creatore
È proprio in questo Club che viene instillato il primo riferimento al passato dell'Inghilterra: il capo del club infatti, lord Redgrave, afferma (scopriremo da Elizabeth che è una menzogna) di essere un vampiro incredibilmente potente, progenie di William Marshall, cavaliere realmente esistito e figura quasi leggendaria del medioevo inglese. Jonathan può entrare a far parte di questo Club in quanto è stato notato dai suoi membri, essendo incredibilmente potente nonostante sia appena stato vampirizzato. Questo significa che il suo Creatore dev'essere un vampiro ancestrale di grandissima importanza, nonostante non se ne sappia ancora l'identità.
Lord Redgrave
Doris Fletcher, il Disastro
Reid allora, sotto ordine di lord Redgrave, procede all'epurazione di alcuni Skal infetti, e unendo gli indizi che trova sui luoghi di interesse viene orientato verso Doris Fletcher, una giovane attrice emergente ormai in rovina. La troviamo all'interno di un teatro, orribilmente sfigurata e non più umana, e qui affronteremo una delle bossfight più belle esteticamente dell'intero gioco (con anche una simpatica citazione al famoso “you killed my father, prepare to die!” pronunciato nel film Princess Bride). Doris è il paziente zero di questa epidemia. Ella è infatti un Disastro, una creatura guidata da rancore e odio il cui unico scopo è infettare gli altri per renderli tanto assetati di violenza quanto lei.
 Più avanti nella trama il dottor Swansea viene rapito dalla Guardia di Priwen in quanto accusato di aver dato inizio all'epidemia aiutato da Jonathan, e quando lo troveremo (ormai in fin di vita) e gli chiederemo spiegazioni, confesserà di aver iniettato il sangue vampiresco di Elizabeth in un'anziana paziente del Pembroke Hospital (Harriet Jones, madre di Doris Fletcher) nella speranza di curarla, causando così involontariamente non solo una mutazione della donna in uno Skal, ma in un Disastro, che con il suo sangue malato ha contagiato la figlia durante una sua visita in ospedale. Jonathan allora prepara un antidoto utilizzando il sangue puro di William Marshall conservato nel Club Ascalon e si reca nelle fogne, pronto ad affrontare la vecchia Harriet Jones e porre fine una volta per tutte all'epidemia. Prima dello scontro, avviene quello che probabilmente è il dialogo più importante del gioco, in cui ci vengono date delle risposte. Infatti il Creatore si presenta davanti alla sua progenie, e finalmente ci svela la sua identità, che però rimane ugualmente fumosa (cosa assolutamente geniale, a parer mio): egli infatti ci dice di essere molto antico, e di essere stato chiamato in moltissimi modi, uno dei più celebri e di cui ci dovremo accontentare è Myrddin Wyllt, ossia uno dei nomi della figura leggendaria di Merlino. Si presenta come servitore e figlio di un'entità misteriosa, la Regina Rossa, madre di tutti i vampiri, creatura violenta e rabbiosa, un tempo conosciuta come Morrigan, dea della guerra Celtica. La Regina è caduta in un sonno profondo e riposa sotto Londra, ma in modo ciclico, ogni qualche secolo, si risveglia, scatenando morte e distruzione tramite queste epidemie, sempre portate avanti da Disastri, tutte donne rancorose e desiderose di vendetta. Le motivazioni delle azioni della Regina sono inconoscibili, nemmeno lo stesso Myrddin le comprende, ma nonostante questo ogni volta che la madre si risveglia sceglie un campione da rendere la sua progenie, in modo che bandisca l'epidemia e rimandi la Regina nel suo riposo, in attesa che inevitabilmente si svegli di nuovo. Ci viene dato anche il motivo per cui è stato scelto proprio il nostro protagonista: Jonathan è un medico prodigioso nel suo talento, esperto in particolare di studi avanguardistici sulla trasfusione del sangue, e Myrddin l'ha scelto proprio per questo, convinto che sarebbe riuscito a trovare una nuova soluzione ad un antico morbo. Ed è proprio questo che il giocatore fa, sconfiggendo grazie all'antidoto prima Harriet Jones e poi un'incarnazione di sangue della Regina Rossa, in una bossfight assolutamente indimenticabile, dall'epica entrata in scena in un mare di sangue alla meravigliosa musica di sottofondo. Una volta sconfitta, la Regina ci saluta, tornando al suo ciclico sonno, e rimandando un futuro incontro “alla prossima volta”.
Johnatan davanti alla Regina Rossa, poco prima della battaglia finale
Il gioco poteva tranquillamente finire qui, con la trovata geniale di dare al giocatore solo risposte parzialmente comprensibili, in quanto abbiamo a che fare con forze così potenti che la loro piena conoscenza sarebbe letteralmente impossibile. Ma non lo fa, e nella fase finale (in cui Jonathan va a cercare Elizabeth per chiedere spiegazioni sul perché il suo sangue abbia trasformato una donna in un Disastro) ci vengono date altre risposte, oltre che uno spaccato meraviglioso sulla modalità in cui persone diverse interpretano le stesse circostanze. Troviamo Elizabeth in un vecchio castello in Scozia, e inaspettatamente è lì con il famoso William Marshall, che ci viene rivelato essere il suo Creatore. Marshall però è chiaramente in pessime condizioni, deperito, emaciato, legato ad una sedia, e questo perché in passato è stato contaminato dalla Regina Rossa, mordendo Elizabeth in un attimo di furia (contaminando anche lei, ecco perché il suo sangue ha avuto quegli effetti terribili) solo per poi riuscire a creare un antidoto per curarla, che però non è bastato per lui. Egli è quindi rimasto corrotto per tutti questi secoli, sostenuto solo dal sangue della sua progenie Elizabeth, che se ne è presa cura allontanandolo dal mondo intero per evitare danni e che adesso si appresta a giustiziarlo, per porre fine alle sue sofferenze.
Nonostante sia tutto incredibilmente interessante, la parte di questo dialogo finale su cui voglio soffermarmi particolarmente è il modo in cui Marshall ci descrive il suo essere stato vampirizzato. Egli è stato uno dei campioni di Myrddin, esattamente come Jonathan, solo che a lui il Creatore è apparso come l'Arcangelo Michele, che quindi gli avrebbe dato il potere per salvare Londra sotto volere di Dio. Tanti nomi, tanti volti, ci aveva detto quella entità: ed è interessantissimo notare questa ambiguità proprio qui, alla fine, in cui questo dettaglio ci fa comprendere che non capiremo mai tutto, perché questo ciclo va avanti da ere infinite, ed ogni volta sarà visto ed interpretato in maniera differente, a seconda di chi ne prende parte. Ad un uomo di scienza del XX secolo, il Creatore si è presentato come Merlino, volendo sottolineare probabilmente il suo carattere di essere antico e sapiente, che nonostante non conosca le ragioni del male che sta combattendo sa come affrontarlo al meglio; ad un eroe del XII secolo, invece, si presenta come araldo di Dio, convincendolo così a combattere il morbo in modo incredibilmente semplice, ossia facendo leva sulla sua fede.
William Marshall, contemporaneamente un Vampiro ed un paladino della Fede
I finali veri e propri, subito conseguenti a questo scambio di battute, sono quattro, ottenibili in base a quanti NPC si sono uccisi durante l'avventura. Come spesso accade, il finale migliore (ottenibile non uccidendo assolutamente nessuno) è anche quello meno interessante: Elizabeth ha intenzione di togliersi la vita per evitare di causare una nuova epidemia, ma Jonathan la convince a non farlo e a rimanere con lui promettendole di trovare una cura, e i due passano il loro tempo futuro viaggiando per il mondo insieme, con Myrddin che si dice orgoglioso della sua progenie. Il secondo finale (sempre positivo, ma con un leggero tocco di amaro in più) si ottiene uccidendo meno di cinque persone, ed è uguale al precedente con la differenza che Jonathan ed Elizabeth passano i loro anni reclusi nel castello a cercare una cura, mentre Myrddin augura loro una buona fortuna. Se si uccidono tra le cinque e le nove persone, si ha accesso al terzo finale, il primo negativo: Elizabeth non si fa convincere dalle preghiere di Jonathan e si uccide, lasciando il dottore in preda alla disperazione, oggetto di compassione e pietà del suo Creatore. L'ultimo finale infine, quello più negativo (ottenibile uccidendo più di dieci persone) vede Elizabeth morire suicida e Jonathan che, in preda alla follia, si lascia totalmente andare e uccide e si nutre liberamente di chiunque, ricevendo così disprezzo da Myrddin, che si sente deluso dal suo campione.
Tutti e quattro i finali, però, hanno qualcosa in comune, ossia la parte fondamentale di questa vicenda: Myrddin tornerà nel suo sonno profondo insieme alla sua madre e padrona la Regina Rossa, ma avverte che entrambi ritorneranno, bloccati per sempre in questo infinito ciclo di rivalità. Vampyr è quindi non la storia di un eroe che salva il mondo ponendo fine ad una antica minaccia, ma è la storia di un eroe che vince semplicemente una battaglia, consapevole che probabilmente prima o poi la guerra verrà persa, e che quello che sta facendo Myrddin con i suoi campioni altro non è che posticipare ogni volta il crollo dell'umanità.
Forse vedremo il ritorno della Regina in un eventuale Vampyr 2, ambientato magari in ambito più moderno? Chissà. Intanto, però, accontentiamoci di questa fugace vittoria, e limitiamoci a sperare che Dontnod si evolva e migliori, portandoci in futuro un gioco che prenda tutte le parti migliori di Vampyr e che ne corregga i difetti, consegnandoci un action-RPG che sarebbe di sicuro indimenticabile.
geoffrey mccullum, capo della Guardia di Priwen
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