Inside - VisiThors

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Chiunque bazzichi nel mondo videoludico e non abbia vissuto sotto una roccia negli ultimi dieci anni, ha sentito parlare almeno una volta di Limbo. Uscito nel 2010 e giocabile su qualsiasi piattaforma possiate immaginarvi (PC, mobile e console di settima e ottava generazione), questo semplice indie sviluppato da Playdead è diventato un discreto caso mediatico, ricevendo un sacco di attenzioni nell’anno di uscita e delle recensioni entusiaste, sia da parte del pubblico che della critica. Dietro a quello che ad una prima occhiata sembrava un semplice platform in 2D sviluppato con poco budget e tanta passione, si nascondeva infatti un titolo davvero unico. Oltre la breve durata e la semplicità di grafica ed enigmi, vi era un titolo incredibilmente inquietante e di atmosfera, che riusciva ad utilizzare la formula trial and error senza diventare frustrante grazie ai rapidissimi caricamenti dopo la morte del personaggio, creando quindi una serie di enigmi non particolarmente difficili ma intrattenenti, che conducevano a una o due orette di perdizione in un mondo cupo ed incredibilmente inquietante (soprattutto per gli aracnofobici: se non ci avete mai giocato e non vi stanno simpatici i ragni, vade retro).
 
Ma Limbo, come già detto, è ben conosciuto, e nel giro degli undici anni che ci separano dalla sua uscita sono pochi coloro che non l’hanno mai nemmeno provato, e quelli che non l’hanno fatto probabilmente non sono avvezzi agli indie o ai platform, e quindi non saranno interessati a questo articolo; in cui non parlerò di Limbo, bensì del secondo progetto Playdead, annunciato nello stesso 2010 come “Project 2” e che ha finalmente visto la luce nel giugno 2016 su Xbox One, a luglio per PC e ad agosto per PS4 (nel 2018 ne è poi arrivata un’edizione per Nintendo Switch): Inside.
 
Inside è un progetto che purtroppo ha ricevuto molte meno attenzioni del fratellino, e sottolineo il purtroppo, dato che ci troviamo davanti ad un platform ad enigmi in 2.5D che prende ciò che era bello di Limbo e lo migliora esponenzialmente. Inside è infatti un progetto più ambizioso del suo predecessore, con enigmi molto più variegati, una grafica semplice ma incredibilmente rifinita e che a tratti sa lasciare a bocca aperta, una colonna sonora che definire perfetta per il progetto sarebbe riduttivo ed infine un’atmosfera ed un mondo di gioco che, per quanto lasciato totalmente all’interpretazione del giocatore come nel caso di Limbo, offre più spunti e ci catapulta in un mondo distopico, fra parassiti, controllo mentale e molto altro. Il tutto compreso in 2-3 ore di gioco per una prima run, a meno che ovviamente non ci si blocchi su praticamente ogni enigma, a cui ne dovrà seguire almeno un'altra se si vorrà vedere il finale segreto (perché sì, c’è un finale segreto che onestamente lascia il giocatore con più domande che risposte: ma sono domande interessanti).
 
Ma partiamo con ordine, iniziando con lo spiegare velocemente che cosa aspetterà il giocatore nel terrificante mondo di Inside.
PREMESSE
 
Come in Limbo, il nostro protagonista sarà un bambino. Il gioco si aprirà dal menu iniziale, il cui sfondo si rivelerà essere il bosco con cui inizia la nostra avventura, con il piccolo che comparirà nell’inquadratura non appena avremo premuto un qualsiasi tasto.
 
Immediatamente ci troviamo a chiederci dove ci troviamo, e soprattutto, perché siamo qui. Infatti basterà avanzare di qualche passo per vedere una zona segnalata e recintata, piena di personaggi armati e che saranno ben pronti ad abbatterci non appena ci avranno visto (forse da qui la notazione PEGI 18 del titolo: il nostro piccolo eroe vedrà spesso la morte in modo particolarmente spietato e cruento). Il gioco sarà un cercare di sopravvivere e barcamenarsi in questo luogo oscuro e cupo, che da confine in una zona boschiva diventerà sempre più industrializzato e artificiale, con anche metodi di sicurezza e protezione sempre più efficaci e pericolosi.
E in tutto questo, nel prendere il controllo di un bambino che si ritrova a vivere quello che per molti potrebbe tranquillamente essere un incubo uscito da 1984 et similia, ci sarà sempre una domanda che ronzerà nella testa del giocatore, consciamente o meno. Noi all’inizio non sembravamo all’interno della struttura, anzi, ci siamo chiaramente entrati superando le limitazioni. Quindi, chi siamo? Siamo una vittima, che sta solo cercando di scappare da un luogo in cui si è trovata per errore, o siamo l’invasore, molto più consapevoli di quello che potrebbe sembrare all’inizio?
Il nostro giovane protagonista
GAMEPLAY
Per parlare in modo approfondito del gameplay dovrò fare riferimento a determinate meccaniche che mi prendo la briga di definire spoiler nonostante non lo siano, perché sono fermamente convinta che ci si debba approcciare a questo gioco sapendone il meno possibile. Se quindi siete qui perché incuriositi e vi basta la promessa di un platform divertente e a tratti davvero brillante, che ha immediatamente avuto una forte influenza su altri titoli successivi e più di nicchia (come il meno conosciuto Black the Fall o il molto più chiacchierato Little Nightmares), con un comparto artistico e atmosferico che non raggiungono nemmeno molti AAA, allora vi rimane solo una cosa da fare: andate a comprare il gioco e giocarvelo. A maggior ragione se vi è già piaciuto Limbo, vi assicuro che ne rimarrete soddisfatti, e dato che è spessissimo in sconto su tutti gli store digitali su cui è disponibile, non avete scuse.
Inside ha tra i comandi più semplici della storia dei videogiochi, paragonabili ai primi platform: il giocatore potrà infatti muoversi con la levetta sinistra (solo in orizzontale, non c’è profondità di gameplay ma solo visiva), saltare con il tasto croce del controller ed infine interagire con alcuni oggetti per spostarli, raccoglierli o lanciarli con il tasto quadrato. Tutto qui, è tutto davvero oltremodo semplice ed intuitivo. Molti degli enigmi saranno da svolgersi così semplicemente, attivando marchingegni, raccogliendo oggetti per poterci salire sopra, o spostando qualcosa per posarlo su un bottone. Però, tutti questi semplicissimi comandi verranno usati successivamente per darci altri modi di risolvere gli enigmi, in alcune sezioni di gioco che sorprendono e che non si sono viste spesso. Basterà proseguire per una decina di minuti o poco più nel gioco per capire quello che intendo, dato che quasi subito il nostro giovanissimo protagonista si troverà davanti uno strumento che vedremo più volte nel corso del gioco, e usato più avanti in modi sempre più creativi ed articolati: un casco. Collegato al soffitto e quindi accessibile solo se saltando e raggiungendolo, indossarlo ci permetterà di prendere il controllo di quelli che, sullo sfondo, ci parevano quasi degli zombie, persone innaturalmente pallide e che erano completamente inattive prima che ne prendessimo il controllo.
Questa meccanica di controllo mentale di altre persone che si trovano nell’ambiente sarà utilizzata in diversi modi dagli enigmi: che si trovino sullo sfondo o a diretto contatto con il ragazzo, potendoci anche interagire, i nostri aiutanti si dimostreranno spesso utilissimi, spostando oggetti, issandoci sulle loro spalle per poter raggiungere delle alture, o aiutandoci ad aprire porte troppo pesanti per noi.
Un secondo strumento che vedremo spesso nella fase centrale dell’avventura è una sorta di piccolo sottomarino, che ci permetterà di navigare e attraversare anche le zone sommerse dall’acqua. Esso ci permetterà di muoverci liberamente nell’acqua, dato che il nostro protagonista sa sì nuotare, ma ovviamente dopo qualche secondo inizierà a mancargli il respiro, dandoci modo di proseguire sia semplicemente controllandolo, sia con un’altra azione disponibile: tenendo premuto il tasto del salto, se ci troviamo nel sottomarino, esso si immobilizzerà per qualche secondo, accumulando propulsione, per poi lanciarsi violentemente in qualsiasi direzione noi indicheremo con la levetta sinistra. Questo ci aprirà la possibilità di compiere due nuove azioni: sfondare qualcosa, come una parete particolarmente cedevole, oppure saltare fuori dall’acqua, sorpassando degli ostacoli che ci impediscano di proseguire sommersi senza abbandonare il nostro mezzo.
Con tutte queste possibilità davanti, il giocatore si troverà ad affrontare principalmente due tipi di sfide in Inside: enigmi ed inseguimenti. Gli enigmi, come già accennato, sono sorprendentemente vari per essere un titolo così breve, e vanno dal più semplice “ottenere un oggetto con cui tenere premuto un pulsante” a dei concetti molto ma molto più originali. Ad esempio, io ho particolarmente apprezzato gli “enigmi” ritmici: nel gioco ce ne sono due particolarmente memorabili, e adesso descriverò il primo per fare capire cosa intendo (chiunque non voglia saperne niente, passi al prossimo paragrafo, dopo che vado a capo). Il primo enigma ritmico che ci si parerà davanti sarà anche uno dei massimi livelli di tensione di tutto il titolo: il bambino si troverà infatti a cadere dal piano su cui si trovava a causa di un cedimento del pavimento, e così facendo si ritroverà nel bel mezzo di una fila di quegli “zombie” che possiamo controllare, una fila che sembrerebbe essere sottoposta ad una qualche osservazione o prova. Sullo sfondo infatti vedremo diverse persone osservarci, sia le guardie viste in precedenza che degli apparenti civili. Ovviamente non dobbiamo farci notare, ma la nostra caduta ha già attirato l’attenzione, in particolare di un robottino che sembra avere proprio il compito di individuare gli individui sospetti. Quello che dovremo fare, per evitare di essere uccisi, è letteralmente mimetismo. Dovremo muoverci a ritmo con tutti gli altri, con poco margine di errore, ed eseguire tutte le azioni che essi fanno per il divertimento o lo studio degli sconosciuti carnefici.
Oltre agli enigmi, saranno anche abbastanza frequenti gli inseguimenti. Questi sono studiati letteralmente al millimetro per far provare al giocatore un’ansia che poche volte ho provato, e che sorprendentemente continua ad esserci, per quanto edulcorata, anche le successive volte in cui si gioca il titolo (la sua breve durata mi ha portata a giocarlo più volte di quanto non mi convenga ammettere: e ancora il cuore inizia a farsi sentire in queste sezioni). Questa sensazione di oppressione e paura è accentuata dalla colonna sonora, di cui tratteremo più nel dettaglio nella prossima sezione, che accompagna sempre egregiamente quello che succede a schermo, provocandoci una sensazione di disagio con note acute e dissonanti ogni qual volta verremo inseguiti. La maggior parte degli inseguimenti (soprattutto all’inizio) saranno il nostro tentativo di sfuggire ai cani delle guardie, che non appena ci fiuteranno inizieranno ad abbaiare contro di noi ed inseguirci per sbranarci. Il giocatore, in questi momenti, non dovrà esitare: sangue freddo, lucidità e prontezza di spirito sono quello che gli servirà per riuscire a sfuggire first try. E devo dire che il level design rende facilmente intuibile anche ad una prima run che cosa si debba fare o dove ci si debba nascondere per non venire uccisi (perché sì, ad aspettarci non sarà mai la cattura, ma sempre la morte): che siano dei rami caduti che potrebbero farci inciampare o una sporgenza nella roccia dietro cui nasconderci, tutto sarà visibile immediatamente al giocatore attento, che quindi si troverà a fallire solo se avrà una qualche esitazione nell’esecuzione della fuga.
Noi in mezzo ad un'orda di "zombie"
Per tirare le somme, ecco i punti che voglio sottolineare: gli enigmi sono divertenti e non frustranti nemmeno ad una prima run, con delle punte di diamante nella soluzione o nella costruzione dell’atmosfera che sono diventati immediatamente parte anche di altri titoli indie platform con un’atmosfera horrorifica (cito di nuovo il sorprendente Little Nightmares, che riprende l’opera di Playdead in più di una circostanza). Unici punti un po’ più dolenti sono pochi enigmi che si basano fortemente sulla formula trial and error, che pur essendo edulcorati dalla rapidità del caricamento post-mortem fanno storcere il naso se comparati con la qualità di tutti gli altri. Inoltre, il gioco è costantemente pervaso da un’aria di oppressione e paura, che farà sentire il giocatore sempre osservato e sotto tensione, con solo pochi e rapidi attimi di pace. Se siete quindi persone che non sopportano molto bene la tensione, non fatevi ingannare dal fatto che Inside sia un platform e non un gioco in prima persona: fra i suoi generi molti segnalano l’horror per un motivo, e grazie al cielo quel motivo non sono jumpscare pigri ma una costruzione dell’atmosfera curata in modo maniacale.

COMPARTO ARTISTICO
Dato il maggiore budget e la maggior esperienza di Playdead dopo Limbo, gli sviluppatori si sono potuti concedere di realizzare un gioco non più in 2D puro ma in 2.5D, con dei modelli tridimensionali che si muovono sfruttando solo la dimensione orizzontale e verticale, mentre la profondità è presente solo per gli oggetti e i personaggi che si trovano di sfondo rispetto al protagonista.
Nonostante questo, non hanno fatto il passo più lungo della gamba, decidendo di mantenere uno stile grafico incredibilmente semplice e con una palette quasi monocromatica, in cui nero, bianco e grigio sono i colori principali. Tutto questo garantisce un’esperienza davvero incisiva a livello estetico per diversi motivi: il gioco è fluido, funziona bene e fila liscio, con nemmeno un calo di frame o caricamento troppo lungo dopo diverse run, ed inoltre presenta un comparto visivo che sfrutta la sua semplicità per raggiungere delle immagini davvero di impatto.
I colori spenti del mondo di gioco infatti ci permetteranno di meravigliarci ogni volta che ci troveremo davanti a dei colori ben più saturi (che saranno pochi), oltre che essere un netto distacco con la maglietta rossa del protagonista (e, in modo più macabro, il suo sangue che verrà versato più volte). Ma anche in alcune zone particolarmente monocromatiche, l’uso della camera e della luce ci lasceranno a bocca aperta: vi sono infatti alcune aree che al loro accesso ci accoglieranno con uno zoom all’indietro della camera, che ci permetterà di notare la magnificenza e grandezza dell’ambiente rispetto al piccolissimo bambino, ed altre che presentano dei giochi di luce da mozzare il fiato. Oltre alla luce, vi è anche un altro elemento che vedremo spesso e su cui gli sviluppatori hanno calcato la mano, donandogli una resa meravigliosa: l’acqua.
Un esempio dell'acqua in gioco
E di acqua ne vedremo tanta, che siano delle piccole pozzanghere o delle zone completamente allagate, con nella parte finale del titolo un paio di aree che sconvolgono per la loro bellezza. Acqua e luce come elementi più curati: vi lascio solo immaginare quale sia il risultato quando vengono uniti, riflettendo la luce sulle distese liquide che ci troveremo davanti. Mi rendo conto del fatto di non essere la persona più oggettiva a riguardo, avendo una sorta di feticismo per l’acqua nei videogiochi, ed in particolare per i riflessi dell’acqua (Dio benedica Shadow of the Colossus Remake), quindi potrei stare esagerando, elogiando cose che forse alcuni giocatori non noteranno nemmeno. Ma state certi che pur non essendo quel tipo di persona che si ferma un minuto -arrotondando per difetto- a fissare il riflesso proveniente da una finestra sulla superficie dell’acqua, sarete ugualmente soddisfatti dal comparto visivo del titolo, che pur semplice è magnifico quando deve esserlo, disturbante, e condito da animazioni fluide e ben realizzate.
Un plauso merita anche tutta la colonna sonora, che tra l’altro presenta delle chicche nella sua realizzazione quantomeno… particolari. Il compositore è lo stesso di Limbo, Martin Stig Anderson, ed ha preso ispirazione dalle colonne sonore dei film di serie B anni ’80, con un massiccio uso di sintetizzatori. Questo vuol dire che le OST sono più un concatenarsi di suoni e note che cercano di creare un’atmosfera più che una vera e propria canzone con melodia ed armonia, ma non per questo sono meno di impatto: non ci si troverà ad ascoltarle al di fuori del gioco con ogni probabilità, ma in-game funzionano benissimo, accentuando i sentimenti di paura, meraviglia o sollievo che proverà il giocatore. C’è però una cosa particolare che Anderson ha affermato durante alcune interviste: lui non voleva creare una colonna sonora normale, ma voleva cercare di riprodurre l’effetto che fa sentire un suono “all’interno della propria testa”. Per chiarirci, tappatevi le orecchie e provate a parlare o a canticchiare: quello è l’effetto di cui Anderson parla.  Ma come raggiungere tale effetto? Tramite post produzione, penserebbero la maggior parte delle persone sane di mente. Ma Anderson è più particolare a quanto pare. Perché invece ha pensato “quale modo migliore di ottenere un suono che sembri accadere all’interno di una testa umana, che comprare una testa umana?”. Ha acquistato un vero teschio umano, se l’è piazzato sulla scrivania, vi ha poi collegato dei registratori e riproduttori di suono, utilizzando la conduzione ossea per registrare ed ottenere un suono molto particolare e distintivo e poi pulito adeguatamente in post produzione. Sappiate quindi che ogni singola nota che sentirete o avete sentito giocando ad Inside è stata registrata attraverso un vero cranio umano: se ringraziarmi o maledirmi per questa informazione, sta a voi.
STORIA E TEORIE
Questa sezione sarà ovviamente full spoiler, dovendo raccontare che cosa succede durante il gioco e quindi anche in parte la risoluzione dei vari enigmi che ci si pareranno davanti. È quindi l’ultimo avvertimento per chi non abbia ancora giocato ad Inside e voglia farlo. Per tutti gli altri, cerchiamo di capire qualcosa della criptica storia che ci offre il titolo.
Come già detto, il nostro protagonista (senza nome anche nella wiki, in cui ci si riferisce a lui come “Protagonist” e “Boy”) all’inizio del gioco entrerà in una pericolosa zona recintata, e dopo essere sfuggito alle guardie e i loro cani nell’ambiente esterno, si inoltrerà nella città, arrivando prima a una fattoria, e poi ad aree completamente urbanizzate. Tutte le guardie e le persone che vedremo durante la prima metà del gioco (compresi anche gli “spettatori” che ci osserveranno quando ci troveremo nel bel mezzo di una dimostrazione di qualche tipo) indossano una maschera bianca, e questo è solo uno dei tantissimi elementi lasciati inspiegati e su cui la community si fa ancora domande. L’ambiente in cui ci troviamo, invece, man mano che avanziamo ci pare più chiaro: incontreremo spesso quelle specie di zombie controllabili mentalmente (che da adesso in poi chiamerò Albini, seguendo la wiki), e vedremo che molto di frequente staranno già lavorando, vestiti principalmente da operai. Schiavi, quindi, con in più la totale impossibilità di riottenere la coscienza e l’autodeterminazione che ormai hanno perso.
L’ambiente in cui ci troviamo ci appare fortemente fatiscente, con diversi aspetti che paiono fare diretto riferimento a una qualche disgrazia o catastrofe che l’ha reso così. Nella parte iniziale del titolo, quando vedremo la fattoria, poco prima di interagire con i primi Albini, nella fattoria e dintorni troveremo ammassati i cadaveri di moltissimi maiali, emaciati e in putrefazione. Uno, però, non sarà morto, e presenta una particolarità disgustosa e che offre speculazione: ci aggredisce non appena ci vede e l’unico modo che avremo per renderlo innocuo sarà estrarre dalle sue carni uno strano verme giallognolo, che sembra starlo riducendo così. E anche qui, per quanto in modo apparentemente più naturale, Inside reitera il tema del controllo mentale, o quasi: un parassita che prende il controllo di questo povero animale, rendendolo incapace di agire se non per aggredire.
Il suino che incontriamo alla fattoria, ora libero dal parassita
Ho appena detto che questo è un tipo di controllo mentale più naturale dando per scontato che sia un parassita che di suo si è sviluppato e ha distrutto l’ambiente più extraurbano uccidendo tutto il bestiame, ma ovviamente non è da escludere che sia un esperimento andato male del governo distopico che conosceremo, forse una forma primordiale del controllo mentale che vedremo perfezionato con gli Albini.
E che il governo stia conducendo esperimenti sulla popolazione è sicuro: a partire dalla macabra dimostrazione cui prenderemo parte quando cadremo in una fila di Albini, è chiaro che queste persone sono state manipolate in modo da non poter agire se non seguendo le direzioni e i comandi dei loro aguzzini. E, man mano che ci addentriamo nella città, vedremo che quelli non sono i soli esperimenti. Ci troveremo infatti ad attraversare strutture che paiono dei veri e propri laboratori, adesso completamente sommersi, e sia sullo sfondo o interagendovi vedremo altre creature. Quelle più iconiche e inquietanti sono state chiamate dalla community Long-Haired Creatures oppure Sirene, sono dei bambini dai lunghissimi capelli che hanno la capacità di vivere sott’acqua e che cercheranno di afferrare e affogare il nostro piccolo protagonista ogni qual volta entri nel loro territorio. Sono inoltre fotosensibili, tant’è che l’unico modo per tenerli alla larga quando saremo nel sottomarino sarà rivolgere verso di loro il faro che ci fa luce. Quale sia lo scopo di queste creature non ci è dato saperlo, ma date le loro caratteristiche possiamo presumere che siano degli esseri mutati o creati per agire solamente sott’acqua, sia data la fortissima fotosensibilità, sia perché non ci seguiranno mai sulla terra ferma, anche se ci troveremo a pochi centimetri dall’acqua.
E proprio una di queste creature segna, a circa metà del gioco, un punto di svolta traumatico e che cambia tutte le carte in tavola: a causa di un cedimento mentre cerca di arrampicarsi, il ragazzo cadrà in acqua, e verrà subito afferrato da una delle “Sirene”. A quel punto, potremo divincolarci quanto vogliamo, ma saremo costretti a fissare inermi il piccolo che viene trascinato sempre più a fondo, sempre più debole nei suoi tentativi di divincolarsi mentre annega. E, dopo dei terribili e pesantissimi secondi in cui dobbiamo guardare un bambino morire affogato, la sirena farà una cosa inaspettata, non si sa bene per quale motivo: collegherà al corpicino inerme una sorta di “presa”, simile ai caschi per il controllo mentale, e poi ci lascerà cadere. Arrivati sul fondo della zona (sempre industriale e urbanizzata, ma completamente sommersa), il cavo a noi collegato si staccherà e, miracolosamente, il piccolo si risveglierà. Ci accorgeremo subito che qualsiasi cosa ci abbia fatto la sirena ci ha dato due capacità eccezionali: il poter respirare sott’acqua come loro e il poter esercitare controllo mentale sugli Albini senza dover indossare nessun casco.
Noi nel "sottomarino" davanti ad una Sirena
Il perché di quest’azione che inizia come una morte orribile ma finisce in un dono incredibile non è affatto chiara (anche perché i suoi simili si limiteranno ad ucciderci e basta), ma io sono abbastanza sicura di poter dire che è per una volontà di aiutarci, seppur forse non cosciente. Ma ne riparleremo più tardi.
Con le sue nuove abilità, il bambino riuscirà a farsi strada, arrivando a raggiungere altri laboratori e vedere molti altri esperimenti, sempre più mostruosi. Ci troveremo infatti a vedere nelle teche di sfondo diverse creature deformi e in alcuni casi ferite (ne vedremo ad esempio una, altissima e antropomorfa, che continuerà a sfregare il moncherino del suo braccio tagliato contro il vetro della sua prigione, lasciando una striscia di sangue costante), ma soprattutto vedremo cose che sono fuori dal mondo e apparentemente impossibili, che sorprendono persino nel mondo di Inside. Ci troveremo davanti infatti diverse stanze con dell’acqua, ma non inondate: a quanto pare gli scienziati di questo luogo hanno trovato un modo di manipolare la gravità, e quindi ci troveremo in stanze in cui solo nella parte alta ci sarà molta acqua, nella quale potremo persino nuotare per risolvere vari enigmi. Inutile dire che alcune di queste sezioni sono esteticamente incredibili.
Oltre all’acqua e la manipolazione della gravità, troveremo altri Albini, ma questa volta più… mostruosi. Deformi, mutilati, alcuni indossanti uno strano casco, ci seguiranno ciecamente, dopo che li avremo liberati dalle corde che li trattengono immersi nell’acqua sul soffitto, quasi un’incubatrice. E la cosa più inquietante è che ci verrà il dubbio che quelli che ci stanno seguendo siano dei cadaveri a tutti gli effetti. Perché? Beh, perché tra i vari Albini che ci aiuteranno ci saranno anche delle masse informi di arti, o anche singoli arti mutilati che cercheranno di venirci dietro macabramente. Quindi, nel caso in cui questi fossero cadaveri, anche quelli iniziali magari lo erano, semplicemente non avevano mutilazioni particolari dato che servivano come operai e dovevano quindi poter effettuare diversi lavori senza problemi. Il tutto spiegherebbe anche l’incarnato innaturalmente bianco delle creature, che gli è valso il nome di Albini.
Aiutati dal nostro stuolo di morti controllati, riusciremo ad entrare ancora più a fondo nella struttura, superando i laboratori e arrivando a degli uffici. Qui vedremo altre persone, non guardie, ma semplici lavoratori, questa volta perfettamente coscienti e indipendenti. Ma nonostante questo, nessuno ci fermerà o ci degnerà di uno sguardo, anche se saremo chiaramente visibili o gli passeremo affianco. Tutti stanno infatti correndo in una direzione, ansiosi di vedere qualcosa, ignorando completamente lo strano bambino che sta vagando vicino alle loro scrivanie. Li seguiremo, curiosi, e ci troveremo in una grandissima sala con al centro una teca, dentro cui tutti stanno guardando. Noi però non riusciremo a vedere dentro, o meglio, la telecamera non lo permetterà a noi giocatori, mentre il ragazzo potrà allungare il collo per poter dare una sbirciata.
Gli scienziati davanti alla vasca della Calca
Approfittando del fatto che nessuno ci stia dando attenzioni, affronteremo un’altra breve fase platform e riusciremo ad entrare nella teca, solo per trovarci, completamente nudi dopo aver perso i vestiti nel nostro percorso, immersi nell’acqua. Davanti a noi gli uomini davanti alla teca, che ci fissano e ci indicano da oltre il vetro. Dietro di noi, l’oggetto delle loro attenzioni: la Calca, una massa informe e disgustosa di carne e arti, immobile e galleggiante nell’acqua. Ad essa sono collegate quattro prese, identiche a quella che la Sirena ha usato per farci ottenere le nostre nuove e sovrumane abilità. E noi potremo rimuoverle, una ad una. Alla terza, la creatura si attiverà, e gli arti che la compongono ci afferreranno, inglobandoci in quello schifo. A quel punto, una nuova sorpresa di Inside: da questo momento fino alla fine del gioco, noi siamo la Calca.
La prima cosa che faremo sarà sfondare il vetro della teca che ci contiene, inondando la sala, e a quel punto, saremo il caos. Distruggeremo pareti, teche, vetri, di tutto e di più, uccideremo persone, ma alla fine riusciremo in quello che apparentemente è il nostro scopo: uscire. E proprio sfondando un’ultima parete di legno, ci troveremo dopo molto tempo alla luce del sole, non prima di essere precipitati giù dal pendio di una montagna, su cui si affacciavano gli uffici. Alla fine di questa discesa, al centro di un fascio di luce, la Calca si fermerà, immobile, esausta o morente. E su questa immagine, i titoli di coda.
Teorie
Ora, è abbastanza chiaro che la storia chiara non sia, e non ci sono delle spiegazioni ufficiali da parte degli sviluppatori. Questo ha permesso alla community di spendersi in varie teorie, alcune più interessanti, altre meno, e qui voglio elencarne alcune tra le più intriganti o quelle che vedo come più probabili. Iniziamo.
Quella più lineare e a cui giungeranno praticamente tutti, è esattamente quello che succede nel gioco: noi siamo un bambino che vive in una zona sottoposta ad un regime totalitario e che esercita diversi esperimenti sulla popolazione per ottenere degli schiavi e dei vantaggi, e per qualche motivo siamo determinati a sgominarlo. Ma non può essere così semplice, principalmente per un motivo: il bambino non sembra vivere nella zona, anzi. Come ho sottolineato all’inizio, noi entriamo nella zona extraurbana delimitata, solo per poi impegnarci in ogni modo e rischiando costantemente la vita per raggiungere il fulcro dei laboratori. Siamo quindi un esterno, che per un motivo o per l’altro vuole fare qualcosa contro questo distopico governo. Ma come può un bambino non solo sopportare un viaggio del genere, ma sapere dove andare, riuscendo a giungere alla Calca, quella che sembrerebbe il centro di tutto quello che sta succedendo? Forse perché non lo vuole, ma ne è costretto. Come già detto infatti, alla Calca sono collegati ben quattro cavi, identici a quelli che hanno permesso al bambino di esercitare un controllo mentale senza bisogno del casco. Essendo apparentemente un insieme di persone (e quindi posso supporre cervelli) diverse e con ben quattro cavi invece che uno, non è difficile poter credere che i suoi poteri di controllo mentale siano estremamente più forti dei nostri, riuscendo, perché no, a soggiogare un ragazzino da fuori, in modo da farlo giungere fino a lei per liberarla. Nel caso in cui fallisca, basterà tentare ancora e ancora con persone diverse, e forse noi stessi non siamo il primo tentativo. Questa teoria potrebbe giustificare anche il perché una delle Sirene ci doni quei poteri: potrebbe essere semplicemente un’altra creatura sotto il controllo mentale della Calca.
La Calca
Ma a questo punto, una domanda è d’obbligo: le persone che incontriamo sono scienziati in grado di controllare le menti e invertire la gravità, eppure sono così sciocchi da dare alla loro creazione un potere così forte e che potrebbe culminare con la distruzione del luogo e l’uccisione di alcuni di loro? In effetti, sembrerebbe di no, e anzi. Ci sono molti dettagli che ci fanno pensare che loro siano totalmente consapevoli di quello che sta succedendo, e che addirittura l’abbiano previsto e premeditato, forse un altro dei loro esperimenti. Non solo nessuno ci fermerà o si impanicherà quando saremo già dentro la teca con la Calca e la staremo liberando, ma semplicemente ci staranno a guardare meravigliati, per poi sfuggire quando inizieremo a spargere distruzione ovunque.
Ma anche a quel punto, succedono cose decisamente strane: più di una volta, durante la nostra fuga, troveremo delle persone che ci aiuteranno, permettendoci di proseguire dove ci sarebbe stato impossibile. Sembra quindi che esse vogliano che noi usciamo, forse perché vogliono mettersi in salvo cacciandoci fuori o forse perché è tutto previsto, e dobbiamo arrivare a determinati scopi. La cosa che lo fa pensare è un dettaglio in particolare. In seguito ad una caduta quasi alla fine, la nostra Calca si troverà a cadere in quello che pare un vero e proprio diorama del mondo esterno, e un occhio attento noterà una cosa molto importante: è esattamente il punto in cui avverranno i titoli di coda, con tanto di fascio di luce uguale. Questo, unito al fatto che sembra veramente impensabile che una struttura così protetta abbia sul retro una semplice parete di legno a separarla dal mondo esterno, può far pensare che la zona esterna di esterno non abbia niente, ma sia anch’essa un gigantesco diorama in cui la Calca doveva effettivamente terminare il suo viaggio.
 
Tutto un esperimento, quindi, ma ci sono due cosine che fanno storcere il naso: la distruzione ingente degli uffici e la morte di alcune persone a causa nostra, soprattutto di quello che sembra essere il capo, che uccideremo schiacciandolo brutalmente con la nostra massa. Questi “effetti collaterali” a parer mio hanno due possibili spiegazioni: 1) la Calca ha ottenuto una capacità di volontà propria di molto superiore a quella auspicata, cosa che l’ha portata a recarsi volontariamente nell’ufficio del capoccia del posto in modo da ucciderlo prima di fuggire, oppure 2) i lavoratori e il capo non sono a conoscenza del vero scopo dell’esperimento, che sarebbe conosciuto solo dagli scienziati del luogo e pochi collaboratori, in modo da poter avere campo completamente libero e ottenere risultati migliori.
 
Che si accetti o meno questa teoria, il finale segreto dà la certezza che il nostro protagonista stia venendo controllato da qualcuno, e che non agisca in base alla sua volontà. Il finale segreto sarà accessibile quasi all’inizio del gioco, aprendo una botola prima della fattoria che sarà apribile solo se nelle run precedenti avremo ottenuto le 14 Orbs presenti, che sono degli strani marchingegni di forma sferica che fungono da collezionabili. Entrati nella botola, risolveremo un rapido enigma, e superatolo ci troveremo in una stanza, sul cui sfondo ci sono moltissimi monitor e un casco per il controllo mentale, collegato a vari cavi. Il bambino potrà disattivare il tutto abbassando una leva, e farlo porterà a terminare prematuramente il gioco, con il ragazzo che si accascia a terra nella stessa posizione degli Albini quando non sono attivi.
La porta che ci condice al Finale Segreto
Ma da chi è controllato il ragazzo? Vi sono due teorie, che a parer mio possono convivere: la prima è che sia effettivamente collegato alla Calca, dato che i cavi collegati al casco sono gialli, come quelli che conducono ai vari Orbs, che quindi potrebbero essere dei “ripetitori” che portano dalla Calca alla botola segreta, estendendo fino a lì la “coscienza” della Calca, collegandola ad un casco nascosto (questo a favore del fatto che a conoscenza di tutto siano solo degli scienziati, o addirittura solo uno magari); la seconda è una spiegazione metanarrativa, molto affascinante: siamo noi, il giocatore, a controllare il bambino, e quello che viene interrotto è il nostro legame con il ragazzo. La seconda, se presa da sola, a parer mio cozza: se siamo noi a controllare il ragazzo, si crea la sgradevole situazione in cui dovremmo giustificare come un atto libero del bambino un’azione che gli facciamo fare sempre noi, ma che porta ad un’interruzione del nostro controllo su di lui.
Ma da chi è controllato il ragazzo? Vi sono due teorie, che a parer mio possono convivere: la prima è che sia effettivamente collegato alla Calca, dato che i cavi collegati al casco sono gialli, come quelli che conducono ai vari Orbs, che quindi potrebbero essere dei “ripetitori” che portano dalla Calca alla botola segreta, estendendo fino a lì la “coscienza” della Calca, collegandola ad un casco nascosto (questo a favore del fatto che a conoscenza di tutto siano solo degli scienziati, o addirittura solo uno magari); la seconda è una spiegazione metanarrativa, molto affascinante: siamo noi, il giocatore, a controllare il bambino, e quello che viene interrotto è il nostro legame con il ragazzo.
Molte altre le teorie che sono state elaborate sul gioco, di cui ne segnalo rapidamente giusto un paio, che vedono un significato molto più metaforico molto interessante, per quanto per me non del tutto coerente. Queste teorie vedono l’utilizzo di un regime controllato e totalitario con l’irruzione di una forza esterna come una grande metafora per descrivere l’organismo umano in due circostanze ben specifiche: il presentarsi di una malattia degenerativa o una cura per la malattia, che però lascia dei segni molto profondi sull’organismo che sta cercando di salvare (si pensi alla chemio). Tra le due, vedo più probabile ed interessante la seconda: il regime totalitario e distopico infatti non è un modo efficace di descrivere un corpo umano sano, ma può essere molto più sensato se si vuole rappresentare un corpo che lo era in precedenza, ormai martoriato da una malattia che lo sta portando al decadimento e ne sta prendendo il “controllo”. La sezione finale del gioco, con la Calca, sarebbe quindi la cura che finalmente riesce a superare le “difese” della malattia, e la debella, lasciandosi però dietro una grande distruzione, solo per poi venire infine espulsa.
Il finale del gioco
CONCLUSIONE
Che le cose descritte nella sezione finale siano vere o meno, ha poca importanza: come il suo predecessore, Inside non fa del suo forte avere una storia o una trama ben definita, ma la costruzione di un’ambientazione ed un’atmosfera incredibile, fatta più di stimoli emotivi che logici e narrativi. A questo, si accompagna un level design che crea un platform ottimo, non frustrante e con enigmi e momenti ansiogeni che sapranno non far sentire annoiato il giocatore.
Se siete arrivati fino a questo punto e non avete giocato a Inside, non resta che chiedervi una cosa: che ci fate ancora qui? Andate su qualsiasi store e prendetevi questo gioco, magari sfruttando anche il bundle con Limbo nel caso in cui vi manchi anche quello. Non ve ne pentirete, ve lo prometto. Vi troverete davanti dei giochi con qualche piccola sbavatura (soprattutto nella struttura trial and error), ma delle esperienze che sono inestimabili nella loro semplicità, e sapranno accompagnarvi a lungo nella vostra carriera da videogiocatore.
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