Oxenfree - VisiThors

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Non sempre un videogioco vuole puntare a presentare un gameplay accattivante, combattimenti frenetici, mondi ampi e pieni di cose da fare o anche semplicemente divertire. A volte ci sono titoli che puntano semplicemente ad intrattenere e raccontare una storia, cercando di far sentire il giocatore il più coinvolto possibile con spesso (ma non sempre) l’utilizzo di situazioni in cui è richiesta una presa di posizione, delle scelte nette e che influiscano sulle vicende narrate.
Forse gli esponenti più conosciuti di questo tipo di gioco sono le avventure grafiche di Quantic Dream, che sono entrate nel cuore di molti appassionati e rappresentano una produzione molto importante per la storia del medium, anche se spesso falliscono in quello che è il loro principale e unico intento: raccontare una bella storia (con picchi di monnezza indescrivibili come Beyond: Two Souls). Ma nonostante questo, la volontà di creare dei veri e propri racconti interattivi che puntino sull’immersività e mettere in discussione l’etica e la morale del giocatore è cresciuta sempre di più nell’industria, arrivando ad un nuovo boom con i giochi Dontnod, che con la sua serie Life is Strange è ad oggi forse una delle aziende più prolifiche per quanto riguarda prodotti di questo tipo, insieme alla già citata Quantic Dream.
A questo rinnovato interesse per le avventure grafiche in contesti AAA o comunque ad alto budget, è affiancata anche un’ondata di prodotti indie che punta a smuovere e colpire l’emotività delle persone, utilizzando il videogioco per inserire il giocatore in un ambiente e in una storia spesso toccante e che in alcuni casi rimane a lungo, nonostante una fetta di pubblico additi questi prodotti in modo canzonatorio come “walking simulator”. Ma chiunque abbia giocato ad un The Vanishing of Ethan Carter, un Gone Home, un What Remains of Edith Finch, sa benissimo che questi titoli sono in grado di toccare corde e rimanere impressi molto più della maggioranza di giochi AAA che vengono prodotti.
Oxenfree è un gioco del 2016 che si incastona in questa tradizione, un’avventura grafica dalle tinte horror e che è l’opera prima di Night School Studio. Ha attirato l’attenzione di una piccola nicchia di appassionati sin dai primi trailer, con il suo comparto grafico semplice ma accattivante, una colonna sonora disturbante ed efficace e soprattutto la promessa di un mistero da svelare. Sorprendentemente, Oxenfree ha avuto un discreto successo; abbastanza da essere pubblicato anche su Ps4 e Switch dopo l’uscita per Steam e console Microsoft, e soprattutto da ricevere un sequel, Oxenfree II: Lost Signals, che si colloca cinque anni dopo gli eventi del primo e che dovrebbe essere pubblicato nel 2022.
Sapevo poco o nulla di Oxenfree prima di giocarlo, solo che le poche recensioni che avevo visto all’epoca si esprimevano in modo molto positivo sul titolo, e quindi mi sono fiondata ad acquistarlo quando l’ho trovato a pochissimi euro sullo store Nintendo. E nonostante non si tratti di un’esperienza senza i suoi punti bassi e i suoi difetti, non mi sono minimamente pentita dell’acquisto.
TRAMA E AMBIENTAZIONE
Oxenfree è ambientato in epoca moderna, e ci vede vestire i panni di Alex, una giovane ragazza all’ultimo anno di superiori. Proprio per rispettare una tradizione degli studenti alla fine del loro percorso scolastico, prende parte ad una gita ad Edwards Island, un ex avamposto militare ormai disabitato e separato dal mondo, dove non prendono nemmeno i cellulari. Insieme ad Alex ci sono anche gli altri personaggi con cui avremo modo di interagire durante il gioco: Ren, il migliore amico di Alex e che conosce sin dalla prima infanzia; Jonas, il figlio dell’uomo che sta per sposare la madre di Alex e quindi il suo nuovo fratellastro, che ha conosciuto il giorno stesso e che porta con sé sull’isola proprio con la scusa di conoscerlo meglio; Nona, una compagna di scuola tranquilla e introversa e interesse amoroso di Ren; ed infine Clarissa, migliore amica di Nona (e a quanto pare l’unico motivo per cui la riservata ragazza ha accettato di venire con noi) e che sembra essere particolarmente aggressiva e scortese con tutti, tranne che Nona stessa.
Il traghetto su cui arrivano i protagonisti
Il gioco inizia con Ren, Alex e Jonas sul traghetto diretto ad Edwards Island, mentre Nona e Clarissa sono già lì ad aspettarli. Durante la traversata vengono proprio chiarite le relazioni che ho appena descritto, oltre che fungere da sorta di mini tutorial che ci faccia capire come interagire con l’ambiente e con i dialoghi che ci coinvolgono. Inoltre, scopriamo che Ren ha in mente qualcosa di strano: sì, vuole divertirsi, bere e sballarsi come fanno tutti quando si viene sull’isola, ma non solo. Infatti ha chiesto con una certa insistenza ad Alex di portare con sé una radiolina portatile, e questo per un motivo che ci spiega quasi subito. Sembra che ad Edwards i bambini che ci abitavano abbiano scoperto, in giro per l’isola, dei punti in cui sintonizzando le radio su determinati canali si possono sentire dei suoni inquietanti, che alle volte sembrano delle voci.
Alcuni sospettano che si possa trattare di fantomatici segnali alieni. Il punto focale di quest’attività sembrerebbe essere una grotta sulla spiaggia, e Ren ha intenzione di andare lì e sintonizzare la radio per capire che cosa siano quei suoni.
Non appena giunti sull’isola ci riuniamo con Nona e Clarissa e, dopo le prime presentazioni e la scoperta che dovevano esserci altri ragazzi che hanno dato buca a Ren, ci rechiamo sulla spiaggia dove ci aspetta della birra fresca. Lì il gruppo inizia a bere e giocare a “truth or slap”, una variante di obbligo e verità in cui se la persona che risponde alla domanda sta mentendo, e qualcuno può dimostrare che mente, riceve uno schiaffo. Durante il gioco saltano fuori i primi attriti e altarini: Clarissa ce la mette tutta per mettere a disagio chiunque con le sue domande, chiedendo a Ren se abbia una cotta per Nona e chiedendo ad Alex di spiegare a Jonas, il suo nuovo fratellastro, perché i suoi genitori abbiano divorziato, dicendo che “chi ha divorziato una volta divorzierà di nuovo, almeno così quando accadrà saprà il motivo”. Veniamo così a sapere, se sceglieremo di dire la verità, che la famiglia di Alex è stata piagata dalla disgrazia della morte prematura di suo fratello maggiore, Michael, e che l’evento ha portato al divorzio i genitori, che non hanno sopportato l’accaduto.
Frastornati ed infastiditi dalle continue frecciatine, Ren e Jonas decidono di recarsi con la radiolina alla grotta per sintonizzarsi sui vari canali e vedere che succede, chiedendo di accompagnarli anche a Nona (che però viene trattenuta sulla spiaggia da Clarissa) ed Alex. Lì effettivamente anche la scettica Alex si rende conto che a provenire dalla radio sono dei rumori davvero inquietanti, con tra l’altro delle strane luci che si vedono dalla grotta ogni volta che si sintonizza sul canale giusto. Dopo tre interazioni con questi strani suoni, un passaggio si apre nella grotta, attirando l’attenzione dei ragazzi. Jonas ci si fionda dentro incuriosito, e Alex è costretta a seguirlo senza Ren, dato che quest’ultimo ha appena mangiato un brownie pieno di erba che sta avendo il suo effetto.
Dentro la grotta, Alex e il fratello scopriranno che in effetti stanno avendo a che fare con qualcosa di molto più grande di semplici interferenze radiofoniche, e che devono cercare in ogni modo di andarsene da Edwards Island il prima possibile.
L'interno della grotta
GAMEPLAY
Il gameplay di Oxenfree è incredibilmente semplice e ripetitivo. Per la maggior parte del tempo ci troveremo ad esplorare le varie aree dell’isola in compagnia di qualcuno, con quindi dialoghi ed interazioni varie a rompere la monotonia delle nostre passeggiate. Infatti non c’è un tasto di corsa in Oxenfree, e quindi fare backtracking o affrontare sezioni della storia in cui è obbligatorio fare avanti e indietro in una singola area può essere molto noioso, ma grazie al cielo ci mettono una pezza proprio i succitati dialoghi. Questo perché essi sono scritti sorprendentemente bene e recitati altrettanto magistralmente, facendoci quasi dimenticare a tratti che siano dialoghi di una sceneggiatura e non reali interazioni fra ragazzini di diciassette o diciotto anni.
Inoltre, i dialoghi sono la seconda componente di gameplay più preponderante: spesso infatti Alex non risponderà automaticamente a domande o interazioni, ma saremo noi a dover scegliere, ad esempio, se essere sinceri o mentire, o se essere amichevoli o aggressivi. Le varie opzioni (due o più spesso tre) compariranno sopra la testa di Alex sotto forma di balloon fumettistico, e potremo rapidamente selezionarla con la pressione dei tre tasti associati sul controller o tastiera -per esempio, sul controller Playstation premeremo il tasto quadrato per scegliere l’opzione di sinistra, triangolo per l’opzione in alto e cerchio per l’opzione di destra-. Il modo in cui ci interfacceremo con i vari personaggi cambierà l’atteggiamento che avranno verso di noi, arrivando a modificare nettamente anche la nostra relazione nel finale (ovviamente non chiarirò in che modo adesso). Inoltre, ci sarà chiesto più volte di fare delle scelte, cosa che può modificare anche il corso della storia e le interazioni che vedremo in quella specifica run: ad esempio, potremo decidere di portare con noi Ren dopo la decisione di separarci, oppure lasciarlo indietro e andare con Jonas. A queste scelte più marginali e relazionali, se ne affiancano alcune che sono invece fondamentali per determinare l’esito del finale, ma le rimandiamo alla sezione spoiler.
La radio ci accompagnerà sempre durante il resto dell’avventura, e sarà la nostra migliore amica se vorremo cercare di capire in modo più approfondito che diavolo stia succedendo. Oltre agli utilizzi che dovremo farne per proseguire con la trama, la radio ci permetterà di avere delle informazioni di contorno sulla storia dell’isola, dato che in determinati luoghi che sono stati riconosciuti come “storicamente rilevanti” (ad esempio una statua, o il primo pozzo lì costruito) potremo sintonizzarci al canale 102.3 per accedere ad una guida digitale che ci racconterà perché quel luogo è così importante. Inoltre, troveremo per tutta l’isola le pile di sassi con cui i bambini hanno segnato i luoghi in cui si può interagire con le “voci”, e andandoci vicino potremo tentare di trovare il canale giusto e sentire suoni, dialoghi, e in alcuni casi ottenere informazioni di sfondo ma davvero importanti per capire appieno che cosa voglia raccontare Oxenfree. Più avanti ci saranno altri utilizzi per la radio, ad esempio sintonizzarsi ad un determinato canale per avere degli indizi su dove trovare dei collezionabili oppure aprire delle porte sfruttando il sistema WAL (wave assisted lock) degli edifici sull’isola. I collezionabili sono di due tipi: le interferenze che ho citato sparse in giro per l’isola, e che non sono le interazioni previste di trama ma chicche aggiuntive, e delle lettere e note che potremo trovare esplorando da un certo punto della storia in poi, sintonizzandoci su un canale specifico per avere degli indizi. Consiglio fortemente a chiunque voglia giocare ad Oxenfree di cercare quanti più collezionabili possibile, in quanto i primi aiutano a comprendere alcune cose fondamentali del passato dell’isola, mentre i secondi sono importantissimi per chiarire che cosa si celi davvero dietro il mistero in cui ci siamo trovati coinvolti.
Alex, la protagonista
Non molta azione in Oxenfree, e un gameplay che si compone nella sua interezza di dialoghi, camminate ed interazioni durante queste lunghe passeggiate: ripeto che in alcune sezioni può effettivamente essere noioso in quanto inutilmente lungo senza la possibilità di scattare e correre (inoltre arrampicarsi è un processo lentissimo, che quando non è accompagnato da dialoghi si fa sentire), ma a parer mio la sua breve durata -ci attestiamo sulle 4/5 ore per una prima run- e l’ottimo intrattenimento offerto dai dialoghi e i discorsi, seri o scherzosi che siano, tra i ragazzi riescono a rimediare a questa mancanza di azione effettiva, rendendolo comunque un’esperienza godibile, intrattenente e soprattutto accattivante, che porterà il giocatore a voler scoprire il mistero che si cela dietro la storia di Edwards Island.
Inoltre, il gioco è costellato di momenti horror che sono sorprendentemente efficaci: disdegnando i banali jumpascare (che in alcune parti ci sono, ma non in modo preponderante), Oxenfree ci riempie di inquietudine con rumori strani, musiche che si corrompono, ombre sugli sfondi e strane figure che compaiono nelle foto che i ragazzi scatteranno durante la nottata (e che saranno visibili nel menu principale, oltre alla mappa e le note collezionabili). Tutto questo permette anche agli sviluppatori di sbizzarrirsi e creare delle sequenze disorientanti, in cui alle volte ci troveremo persino ad avere lo schermo sottosopra dovendo quindi fare molta attenzione a che tasto premere per scegliere l’opzione di dialogo giusta, dato che potremmo facilmente sbagliare.
Jonas, il fratellastro di Alex
Mi permetto un avvertimento e una sottolineatura di quello che per me è un difetto vero e proprio del titolo: non ci sono salvataggi manuali. Questo vuol dire che dovrete stare attenti a quando spegnere il gioco per riprenderlo dopo, in quanto il gioco salva automaticamente ogni volta che si cambia area o dopo alcuni eventi di trama, ma non abbiamo nessuna possibilità di salvare a nostro piacimento. Inoltre, un’altra raccomandazione: giocate al New Game+. Aggiunto qualche mese dopo l’uscita, presenta delle differenze con la prima run -alcune piccole, altre macroscopiche-, oltre che essere l’unico modo di ottenere un determinato finale (da molti considerato quello più positivo ed il true ending) e comprendere ancora meglio che cosa stia succedendo. Conoscendo già il gioco è più breve di una prima run (io ci ho messo circa tre ore contro le cinque della prima partita), e fa particolarmente piacere vedere un gioco che prende il concetto di NG+ e lo giustifica anche a livello di trama, aggiungendo delle chicche molto interessanti.
Mi concedo qualche parola sul comparto tecnico prima di passare all’ultima sezione, full spoiler, in cui parlerò della trama più nel dettaglio, e azzarderò una teoria su quello che per me era il vero scopo degli sviluppatori con un titolo così particolare.
COMPARTO TECNICO E ARTISTICO
Oxenfree è quello che definirei un gioco a scorrimento orizzontale in 2.5D. Per quanto infatti la maggior parte delle interazioni e delle camminate negli ambienti siano esclusivamente in 2D, c’è un minimo di profondità in alcune aree, oltre che a presentare i modelli dei personaggi in 3D. Questi ultimi sono incredibilmente semplici e presentano delle animazioni non particolarmente pulite, ma non essendoci dei momenti in cui ci siano dei close up sui personaggi, la telecamera fissa e distante aiuta il giocatore ad abituarsi in fretta alla legnosità di alcuni movimenti, e soprattutto non fa pesare la mancanza di dettagli approfonditi sui volti. Nonostante questo, il character design subentra e riesce a rendere ogni singolo personaggio con un’identità propria, con scelte cromatiche e di vestiario che li identificano tutti in modo chiaro ed immediato. Anche le animazioni, per quanto imprecise e rudimentali, sono spesso diverse a seconda del personaggio, con Ren che, ad esempio, avrà una camminata molto più scanzonata e buffa di quella dei suoi compagni.
Gli sfondi, invece, sono bellissimi: realizzati da Heather Gross (che si è occupata anche delle illustrazioni e del character design), sono tutti accomunati da un effetto pittorico molto marcato, e presentano uno stile incredibilmente personale ed originale. Inoltre, la Gross ha avuto anche una particolare attenzione nel distinguere gli elementi naturali e “umani” da quelli più inquietanti e sovrannaturali che incontreremo durante l’avventura, con questi ultimi decisamente più geometrici e colorati rispetto al resto dell’ambiente. Per conferire una sensazione di profondità alle varie zone, è stato utilizzato il metodo della parallasse, che prevede lo scorrimento dello sfondo in base ai movimenti del personaggio o della camera di gioco, ma non con velocità uniforme. Gli elementi più distanti (come, ad esempio, nuvole o alberi in lontananza) scorrono a velocità inferiore rispetto agli elementi in primo o secondo piano (sentieri, panchine, case), riuscendo a illudere l’occhio e conferendo un senso di profondità quasi tridimensionale anche quando quest’ultima non è presente.
Nel complesso, tecnicamente il titolo non fa gridare al miracolo, anzi, presenta le sbavature accennate più sopra, oltre che su Switch (ma confido che sulle altre piattaforme non sia così) dei caricamenti veramente lunghi e qualche rallentamento quando si cambia area o si interagisce con oggetti e dialoghi. Nonostante questo, il comparto artistico molto curato riesce a coprire queste imprecisioni tecniche abbastanza bene, presentando appunto uno stile molto personale e particolare, con i suoi sfondi disegnati e le bellissime illustrazioni che sono le foto dei nostri protagonisti. Insomma, diciamo che non mi dispiacerebbe leggere un fumetto realizzato con questo stile.
C’è poi una grande attenzione ai colori che vengono rappresentati: a farla da padroni sono principalmente il verde e il giallo, con dei tocchi di arancione, blu e rosso durante alcune sequenze specifiche. Ci sono dei momenti veramente belli da vedere, che meriterebbero quasi di essere stampati e appesi nella propria casa come quadro (un esempio ne è la grotta con cui inizierà la nostra avventura, suggestiva, inquietante e stupenda), così come alcune sezioni che riescono a disturbare e inquietare, per quanto non si raggiungano livelli tali da turbare anche a gioco chiuso.
Un plauso va infine al comparto audio, tutto. I doppiatori sono estremamente talentuosi e bravi, tant’è che sono rimasta sinceramente sorpresa nel vedere che hanno tutti superato nettamente l’età dell’adolescenza, dato il modo convincente e reale in cui hanno interpretato dei ragazzini. Ho particolarmente apprezzato l’attenzione a degli elementi dei dialoghi che solitamente, in qualsiasi medium, vengono sottovalutati in quanto non molto “estetici”: interruzioni, gente che si parla addosso, incertezze, balbettii.
Ren, il migliore amico
Tutti i personaggi suonano come delle persone vere, ed è molto immersivo e atmosferico avere anche queste “sporcizie” che di solito vengono ignorate in favore di una forse più precisa, ma molto meno credibile, pulizia dei dialoghi. Gli effetti sonori e le “voci” sono altrettanto ben realizzati: la principale fonte di paura e inquietudine nel gioco, ci sono alcune interazioni in grado di far venire davvero la pelle d’oca grazie all’utilizzo di questi suoni quasi metallici, rochi e innaturali.
Infine, la colonna sonora. Curata, atmosferica, a tratti estremamente dolce e a tratti fortemente disturbante e corrotta: affidata ad Andrew Rohrmann (compositore conosciuto con lo pseudonimo di “scntfc”), è un misto di tecniche analogiche e digitali, con lo scopo di ricreare una sensazione di “nostalgia senza essere collocata in un preciso momento del passato” che, personalmente, è stata raggiunta.
Spero che con Oxenfree II, dato il successo dell’originale, l’esperienza ottenuta e magari un po’ di budget in più, si riescano a smussare i difetti tecnici di questo primo titolo, per quanto il trailer di annuncio non mi faccia confidare in cambiamenti netti (in generale le animazioni sembrano più fluide e gli sfondi ancora più dettagliati, ma non ho notato nulla che sia davvero degno di nota).
Finisce qui la parte spoiler free dell’articolo, che concludo con un invito ai curiosi di recuperare questo titolo breve, originale ed interessante, soprattutto dato che è reperibile su qualsiasi piattaforma e spesso è in sconto, potendo essere acquistato a pochissimi euro (nel momento in cui scrivo, si trova a 0,99€ sul PSN). Per chi ha già giocato il titolo o per chi non ha paura degli spoiler, la sezione di analisi full spoiler inizia adesso.
I personaggi sulla spiaggia
TRAMA E TEMATICHE
Tutto il gioco si basa sul tentativo dei ragazzi di fuggire dall’isola e scoprire che cosa vogliano le strane e misteriose entità che li vogliono trattenere qui e che sembra abbiano risvegliato sintonizzandosi con loro nella grotta, con la comparsa di un inquietante triangolo luminoso che vedremo tornare spesso. Si scoprirà presto che le voci e interferenze non sono alieni, come teorizzato dai bambini dell’isola, ma in realtà si tratta di fantasmi, e più nello specifico gli spettri di coloro che sono morti nel tragico naufragio del USS Kanaloa, un sottomarino del periodo della WWII affondato in circostanze non chiare il 25 ottobre del 1943, causando la morte di 97 persone.
Indagando su Maggie Adler, ultima abitante dell’isola morta qualche giorno prima delle vicende ad età avanzata, scopriamo che lei sapeva riguardo la faccenda molto più di quanto avrebbe dovuto. Le note e lettere collezionabili che troveremo nella seconda parte dell’avventura sono infatti dei documenti scritti da lei, in cui confessa la verità dietro la disgrazia rivelando le circostanze che l’esercito ha tentato di tenere nascosto agli occhi della popolazione. Il Kanaloa è infatti stato abbattuto per errore da fuoco amico, e le circostanze dello sbaglio ci saranno chiare solo e unicamente se troveremo tutti i messaggi della Adler.
Maggie era stata arruolata dall’esercito per essere un ufficiale delle comunicazioni proprio ad Edwards Island, ed era lei di turno la notte della tragedia. Mentre si trovava ad Harden Tower, la torre di comunicazione dell’isola, ricevette una trasmissione molto confusa, che si interruppe improvvisamente. Scambiò la trasmissione per un tentativo di radar jamming (una tecnica di emissione di segnali che interferiscano con i radar di scoperta, spesso con lo scopo di non rendere facile l’individuazione da parte degli operatori di unità ostili), segnalando l’accaduto alle navi amiche lì presenti e raccomandando di circondare la fonte del segnale ed affondarla, se necessario. A rispondere alla richiesta fu la USS Walter Roy, che abbatté la Kanaloa alleata causando la morte di 85 membri dell’equipaggio e 12 passeggeri.
L’incidente venne coperto, attribuendo il naufragio del Kanaloa a cause misteriose che avrebbero portato all’esplosione del suo reattore nucleare, di cui era stata dotata con scopo sperimentale, motivo per cui non molti sapevano della sua esistenza. Ma, ovviamente, Maggie ha dovuto convivere con la consapevolezza di aver causato la morte di un centinaio di persone innocenti.
Anni dopo, Maggie si accorse di alcuni misteriosi segnali radio (gli stessi su cui si sono sintonizzati i bambini di Edwards e poi noi), e dopo qualche indagine guidata dalla curiosità si rese conto che erano messaggi provenienti dalle vittime della Kanaloa. Aiutata dalla sua più cara amica, forse compagna, Anna Shea, Maggie proseguì con le indagini per anni,  nel tentativo di fare qualcosa e alleggerire il peso sulla sua coscienza, arrivando a ipotizzare che per misteriosi motivi i membri dell’equipaggio non stessero comunicando dall’aldilà, ma da un’altra dimensione temporale e separata aperta dall’esplosione del reattore nucleare (questa è solo una teoria di Maggie mai confermata esplicitamente dal gioco, ma è lasciato intendere che probabilmente si tratta della verità). Nel 1952, Maggie ed Anna si recarono nella grotta in cui le comunicazioni sembravano essere più forti, riuscendo a sintonizzarsi con quello che avevano identificato come uno squarcio dimensionale (ed è la stessa cosa che faremo noi all’inizio della storia; ecco perché “liberiamo” le entità che ci tormenteranno), nella speranza di poter aiutare le vittime e riaggiustare le cose.
la nota in cui Maggie rivela cos'è successo alla SS Kanaloa
Ma dopo una fugace comunicazione riuscita, gli Affondati (così vengono chiamati nella wiki) presero il controllo di Anna nel tentativo di liberarsi tramite il suo corpo, intrappolandola insieme a loro e portando Maggie a fuggire in preda al terrore e perdere la sua amica.
A quel punto, l’unico scopo della vita di Maggie divenne evitare che chiunque altro potesse entrare in contatto con le entità: stabilitasi a vivere sull’isola, acquistò la maggior parte del suo terreno, rendendolo territorio protetto dal turismo utilizzando come scusa la fauna dell’isola. Ma i suoi tentativi furono in parte resi vani da una piccola attività turistica che si sviluppò in seguito, portando anche allo stabilimento del battello che usiamo anche noi per giungere all’isola. Deceduta solo tre giorni prima della vicenda dei nostri protagonisti, Maggie ha lasciato indizi e lettere in giro per Edwards per chiunque si fosse trovato coinvolto nelle torbide vicende dell’isola, un po’ nel tentativo di dare informazioni utili in caso di bisogno, un po’ come confessione post mortem sulla verità della tragedia del Kanaloa.
Con queste informazioni aggiuntive, Alex e Jonas, con l’aiuto di Nona e Ren, intuiscono che forse devono recarsi di nuovo nel luogo dove è iniziato tutto e sintonizzarsi di nuovo nella stazione radio giusta, per chiudere lo strappo dimensionale e poter fuggire dall’isola. Le entità infatti sembrano avere il controllo parziale del tempo, con molte istanze in cui ci troveremo bloccati in rapidi loop temporali, oltre che avere una certa influenza sui ragazzi stessi. Tutti mostrano dei momenti di confusione e quasi “possessione” da parte degli Affondati, con Clarissa in particolare che ormai sembra quasi completamente fuori controllo e alla mercé degli spettri, che sembrano stare prendendo il controllo del suo corpo come hanno fatto in passato con Anna. Tra allucinazioni (in cui vedremo anche morire i nostri compagni e rivivremo momenti del passato con Michael prima che morisse) ed incontri diretti con le entità che ci chiedono di giocare con loro, alla fine Alex riuscirà a tornare nella grotta, arrivando ad un confronto finale con Clarissa e le entità che parlano tramite lei.
Clarissa
Lì, le vittime le ripetono un’offerta che hanno già fatto in precedenza: se lasceremo che si prendano Clarissa, loro ci lasceranno andare, altrimenti si prenderanno Alex. A seconda della nostra scelta, che può anche essere apparentemente elusa utilizzando le informazioni su alcuni membri dell’equipaggio ottenute con le nostre indagini, il finale cambia nettamente: se lasceremo indietro Clarissa, sarà come se la ragazza non fosse mai esistita, altrimenti semplicemente sverremo e ci risveglieremo sul battello, su cui a quanto pare siamo riusciti a salire e scappare mentre noi avevamo perso i sensi. Alla fine, su una foto di gruppo fatta proprio durante il viaggio di ritorno, Alex racconterà che fine hanno fatto i vari ragazzi dopo la vicenda. I nostri rapporti con tutti loro e tra di loro saranno diversi a seconda di come abbiamo interagito e risposto durante il gioco: possiamo essere rimasti amici con Ren o avere perso i contatti, avere accettato Jonas come vero e proprio fratello o non averlo più visto dopo il liceo, avere un rapporto decente con Clarissa o ignorarla, Ren e Nona potrebbero essere una coppia duratura oppure non avvicinarsi, ed infine potremmo aver addirittura salvato nostro fratello Michael tramite i nostri viaggi nel passato, evitando la tragedia che l’ha portato alla morte. A prescindere da tutto, alla fine del racconto succederà qualcosa di molto strano. Un’apparente interferenza, e poi Alex che si lamenta di stare facendo tardi per il battello che dovrà portare lei e Ren su Edwards, dove li aspetta una nottata di baldoria con altri ragazzi e con Jonas, il suo nuovo fratellastro che non ha particolarmente voglia di portarsi dietro. Non siamo fuggiti quindi, siamo ancora bloccati nel loop temporale delle entità. Dopotutto, ci avevano avvisati più volte durante l’avventura: non c’è via di uscita, per quanto tu possa provarci. Non c’è per loro, e non c’è per noi.
Il NG+ quindi è un altro ciclo, un altro loop, ma che tiene presente il fatto che abbiamo già vissuto questa esperienza. Alex avrà diversi deja vu, fino a rendersi conto del fatto che ha già vissuto tutto questo. Allora, fa un tentativo disperato: sul battello, ad un certo punto, ha sentito alla radio quella che le sembrava la sua voce avvisarla di non andare sull’isola. Sul momento non le aveva dato retta pensando di essersi confusa, ma adesso sa che era un tentativo di salvarla da parte di una Alex che è già rimasta bloccata nel loop. Quindi, il giocatore farà un tentativo disperato di lasciare una comunicazione alla Alex del passato, nella speranza che questa volta le presti attenzione.
Ed il finale, in effetti, sembra diverso in questo caso: vedremo infatti una scena tra Ren, Jonas e Alex che stanno decidendo se andare ad Edwards o meno, ed Alex riceverà il messaggio che abbiamo lasciato sulla sua radiolina. Questa volta però il messaggio è ancora più esplicito, ed inquieta sinceramente Alex, che dice a Ren di non essere sicura di voler andare. La cosa infastidisce Ren, che crede che sia un trucchetto della sua amica che è semplicemente svogliata, e quindi decide di rimandare la gita, dato che sembra che nessuno abbia voglia di andare ad Edwards. In questo modo, non ci sarà una scena finale che ci lasci intuire di essere ancora intrappolati nel loop, facendo supporre di aver raggiunto l’unico finale che sia effettivamente positivo. Ma la cosa non è certa: infatti, nel menu principale, l’opzione per giocare una nuova partita sarà sempre “continue timeline?”, lasciando il dubbio che forse quella di esserci liberati è solo un’illusione.
La trama di Oxenfree sembra semplicemente essere un racconto teen horror interessante ma non particolarmente innovativo o profondo, però a parer mio Night School Studio aveva un altro scopo oltre a quello di raccontare una storia horror di formazione. C’è infatti un tema ricorrente in tutte le vicende principali, passate e presenti, di Oxenfree: colpa. Il senso di colpa è il filo rosso che unisce Alex, Maggie, in parte Jonas e a parer mio anche Clarissa, ed ho avuto la forte sensazione che il gioco mettesse in scena una sorta di versione simbolica dello sconvolgimento interno di una persona che convive con un’emozione del genere e deve sublimarla, accettarla e poi tentare di superarla, rimanendo però bloccato in essa.
Alex e Clarissa sono legate da un evento traumatico vissuto insieme: la morte di Michael. Clarissa è infatti stata la fidanzata di Michael al momento della sua dipartita, e dai “flashback” che viviamo con Alex capiamo che la relazione era sentita e stava per diventare un qualcosa di serio. La morte del ragazzo è arrivata come un fulmine a ciel sereno, ed in una circostanza che non può che tormentare Alex tutt’ora (ed è reso esplicito dal gioco): Michael aveva infatti deciso di trasferirsi per il college, ed Alex gli ha chiesto di passare un’ultima giornata con lei facendo una gita ad Edwards, per un’ultima “lezione di nuoto” dato che viene lasciato intendere che la ragazza non sapesse nuotare, o lo sapesse fare appena. Durante la nuotata, in circostanze che non vengono mai chiarite, Michael si è trovato in difficoltà ed Alex, incapace di aiutarlo, è stata costretta a guardare immobile il fratello annegare, senza poter fare nulla. Il senso di colpa non può che essere fortissimo, ed è solo accentuato dal fatto che Clarissa (ecco perché è così ostile nei suoi confronti) e altri abitanti di Camena (la città in cui abitano) la ritengano responsabile per la morte dell’amato Michael.
Micheal, il nostro fratello ormai morto
Anche Clarissa, apparentemente la meno emotiva e più aggressiva, è piagata da delle fortissime emozioni negative. Anche il fatto che gli Affondati riescano, tra tutti, a prendere il controllo del suo corpo è secondo me un indizio che fa intuire che la sua condizione emotiva e mentale non sia delle migliori: al contrario degli altri, che si riprendono sempre da un episodio di “possessione”, Clarissa è troppo debole per respingerli. Sta male, soffre, è ancora in lutto per la morte del compagno con cui si sarebbe trasferita a breve, il loro sogno interrotto dalla tragedia. E, forse, anche lei è tormentata dai “se solo”, dal pensiero che se fosse andata con Michael ed Alex quel giorno, avrebbe potuto salvarlo.
Poi Jonas, che chiaramente non ha superato la morte della madre (deceduta dopo molta sofferenza a causa di un tumore) e che piano piano si aprirà con noi, lasciandoci intendere di aver in passato reagito in modo sbagliato alla malattia della madre. Per qualche motivo infatti è perfettamente in grado di scassinare una serratura, ci accenna di essere stato una sorta di cleptomane, e durante il gioco “truth or slap” potrebbe accadere che Clarissa gli chieda se sono vere le storie sul fatto che abbia pestato un ragazzo. Più avanti, se avremo coltivato il rapporto, Jonas ci confesserà che le storie sono vere: era in un periodo particolarmente pesante a causa della condizione della madre, ed ad un certo punto è esploso. Un ragazzo gli ha scherzosamente tirato addosso una palla, e lui ha reagito con violenza e picchiandolo brutalmente, mandandolo all’ospedale. In seguito ha cercato di fare ammenda tentando di contattarlo, ma non ci è riuscito e ha passato un periodo in riformatorio in seguito all’accaduto. Oggi è pentito di tutte le cose che ha fatto, e forse anche di non essere stato abbastanza vicino alla madre e di averla fatta preoccupare con questi atteggiamenti nel periodo finale della sua vita. Sembra tormentato dal ricordo della madre, dato che porta al collo un anello che potrebbe essere la sua fede e più di una volta sentirà nelle comunicazioni con le entità una canzone che gli cantava quando era piccolo, arrivando sul finale a sentire addirittura la sua voce.
Infine, Maggie. Il suo senso di colpa è quello più evidente in tutta la vicenda, ed è un sentimento che si è solo acuito con il passare del tempo e la scomparsa di Anna. La decima nota è incredibilmente esplicita in merito, e fa capire il dolore della povera donna: “Ma, di tutti i miei rimpianti, il più profondo è sapere che l’ultima cosa che Anna ha visto, ero io che scappavo da lei in preda al terrore”. Responsabile della morte di 97 persone e della scomparsa della compagna di una vita, non è riuscita anche nel tentativo di prevenire incidenti di questo tipo, fallendo nell’isolare e rendere irraggiungibile Edwards Island. Edwards, che a sua volta è nata dal e nel sangue: l’anomalia 102.3, uno dei collezionabili, ci fa sapere che l’isola è stata chiamata così in onore del colonnello Caleb Edwards, “per il suo glorioso e trionfale massacro di innumerevoli famiglie, durante una delle grandi pulizie etniche del 20imo secolo”. Il resto dell’anomalia, pronunciata da una di queste entità con tono ironico, cerca di ricondurre Alex a quell’orribile evento, facendola quasi sentire in colpa in quanto semplicemente nata di una determinata nazionalità. “La rimozione forzata di un popolo ignorante in favore di titolari destinati è una tradizione onorata nel nostro ancora giovane paese. Sarai parte di quell’eredità, Alex. Non resistere, finirà tutto presto”.
Edwards Island ha preso il nome da un responsabile di un genocidio, e a sua volta è stata il luogo di un massacro di un centinaio di persone innocenti, per quanto non voluto. E sembra che le entità stiano indirettamente dicendo al giocatore che anche noi, a nostra volta, nei panni di Alex siamo colpevoli della loro dannata e terribile condizione: potremmo liberarli, offrendo noi stessi o Clarissa. Ma esitiamo, non vogliamo, cerchiamo un’altra soluzione. Siamo colpevoli di così tante cose: la morte di Michael, l’inizio di questa vicenda avendo sintonizzato la radio nella grotta, l’abbandono degli Affondati nella loro terrificante condizione. Soffrono, ed è chiaro: sono disperati, rispondono arrabbiati quando gli diciamo “lasciateci stare, voi avete avuto il vostro momento”, dicendo infuriati che non lo hanno avuto, che il loro tempo gli è stato tolto, e a tratti sembrano essere ricaduti ad uno stato infantile, fissati con i giochi e incapaci di ricordare anche il proprio nome o il proprio aspetto dopo tutto il tempo che è passato (questa regressione ad uno stato emotivo e mentale infantile è notato e sottolineato anche da Maggie nelle sue note).
La nota citata nel testo
Questo loop continuo, per me, rappresenta una condizione di trauma. Esiste per ricordare ai protagonisti, presenti e passati, dei loro errori, dei loro sbagli, delle cose orribili che, indirettamente o meno, hanno causato. E sembra essere ineludibile, perenne ed eterno, terrificante. Possiamo avere l’illusione di averlo superato, ma prima o poi tornerà, sempre e comunque, a tormentarci. Anche con il finale “vero” e positivo, in cui il loop sembra essere interrotto, il dubbio rimane, con quell’inquietante “continue timeline?” nella schermata principale del titolo. Oppure quest’ultima cosa è semplicemente una questione pratica e di gameplay (la possibilità di iniziare una nuova partita deve rimanere presente, dopotutto), e con questo finale del NG+ ci viene mostrato che, per quanto sia difficile, è possibile uscire dalla trappola che possono essere i nostri sentimenti e i nostri sensi di colpa. La chiave forse è riconoscere il circolo vizioso di dolore e rimpianti in cui siamo impantanati, ed è proprio questa consapevolezza che (come la consapevolezza di un loop già vissuto diverse volte aiuta Alex a liberarsi dallo stesso) può portarci come primo passo a riconoscere, accettare ed infine superare e lasciarci alle spalle i nostri traumi.
Anna, in un disegno nelle note di Maggie
Nona, l'ultimo personaggio del cast principale
CONCLUSIONI
Mi rendo conto di essermi lasciata andare ad una pura impressione personale, e non è minimamente detto che effettivamente gli sviluppatori avessero in mente un’esplorazione dell’orrore che è il senso di colpa e quanto sia difficile liberarsene, ma onestamente vedere così tanti riferimenti a persone che convivono con esso e addirittura quel rimando agli stermini etnici e il concetto di eredità di quei massacri mi porta a credere che possa essere probabile. Nel caso in cui fosse così (ma dubito ci sarà mai una conferma), tanto di guadagnato, vuol dire che dietro ad una storia godibile, intrattenente ed inquietante c’è qualcosa di più: se invece non fosse così, onestamente il gioco rimane ugualmente valido, e sono sicura che con le tematiche che offre possa toccare le corde di diverse persone ed offrire qualche oretta di cui non pentirsi.
Nel frattempo, si aspetta l’uscita del suo seguito, Lost Signals, che prenderà luogo cinque anni dopo le vicende del primo capitolo, sempre ad Edwards Island. Speriamo che i ragazzi di Night School Studios riescano a tirare fuori qualcosa di nuovo e originale da un concept e un’ambientazione così simili al primo Oxenfree, offrendoci qualcosa che pur nascendo da una base già vista sia in grado di perfezionare quella stessa base e andare oltre.
La foto che chiude il gioco
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