Transistor - VisiThors

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Supergiant Games è uno sviluppatore che si è inserito a gamba tesa nel mondo videoludico come un fulmine a ciel sereno. Con fino ad adesso “solo” quattro giochi alle spalle, è immediatamente diventata una delle case più amate del panorama indie, arrivando nel 2020 a raggiungere anche il grandissimo pubblico con l’enorme successo che ha avuto il loro ultimo gioco, Hades. La storia della casa meriterebbe un articolo a parte, ma qui basti dire che il loro primissimo progetto, Bastion, fu praticamente realizzato da sole quattro persone, i fondatori Amir Rao e Gavin Simon, il compositore Darren Korb, e la disegnatrice Jen Zee. Il lavoro di questi artisti di incredibile talento ha portato al grande successo di Bastion nel 2011, un gioco che aveva stupito per l’incredibile personalità e passione, sicuramente anche grazie al fatto che ogni comparto del gioco era stato trattato da una singola persona, garantendo una forte impronta autoriale e personale (con l’aiuto di Logan Cunningham ed Ashley Barrett, rispettivamente voce narrante e cantante del progetto).
 
Il successo di Bastion ha portato Supergiant a volersi spingere verso un gioco più ambizioso, ed è così che è nato Transistor, il secondo progetto dell’azienda, con un budget superiore e più persone a lavorarci. Uscito nel 2014 e ad oggi disponibile su praticamente qualsiasi piattaforma, Transistor è un action-RPG sci-fi, in grado di offrire molto più di quello che non possa sembrare ad un primo sguardo, nonostante dei difetti che non sono da trascurare e che potrebbero rovinare l’esperienza di alcuni giocatori.
 
Senza ulteriore indugio, quindi, iniziamo a vedere cos’ha da offrire questo progetto pieno di cuore, iniziando dalla meravigliosa città in cui la nostra avventura ha inizio: benvenuti a Cloudbank.
CLOUDBANK
 
Il gioco inizia in medias res, con il risveglio di Red, la nostra protagonista e cantante di successo, nelle strade deserte della sua città. La prima cosa che il giocatore si troverà a fare è premere un tasto qualsiasi durante la visione di un meraviglioso disegno, facendo iniziare il gioco con un dialogo fra Red e quella che sembrerebbe una misteriosa spada conficcata nel corpo di un uomo sconosciuto. È subito chiaro che in qualche modo l’anima dell’uomo è stata rinchiusa nella spada dopo la sua morte, e che non si sa bene perché anche la voce di Red si trova al suo interno, rendendola una protagonista muta (ma con una caratterizzazione chiara) durante tutta l’avventura. È reso evidente che i due si conoscono già da tempo e probabilmente sono amanti, ed insieme cercano un modo per fuggire dalla città in rovina. Cloudbank è infatti stata attaccata da diverse creature robotiche, alla cui interezza ci si riferisce come Processo, che stanno devastando la città e uccidendo chiunque gli si pari davanti. Lo Sconosciuto (chiameremo così l’anima nella spada, di cui non sappiamo il nome) aiuta Red sia come compagno di avventura che come unica arma che possa usare per difendersi, e la guida verso una moto abbandonata, dicendole di prenderla e scappare insieme fuori dalla città. Durante il viaggio, lo Sconosciuto spiega che dietro alla catastrofe deve esserci un misterioso gruppo di quattro personaggi influenti a Cloudbank dal nome di Orchestrali, e che Red deve allontanarsi subito dalla città, svoltando a destra senza guardarsi indietro. Ma il gioco non può finire così presto, e quindi Red, nel primo atto che ci dà uno spiraglio della sua personalità pur senza parole, ignora i consigli dello Sconosciuto, girando a sinistra e gettandosi nel centro della città, decisa a recuperare la sua voce, l’anima del suo compagno e possibilmente salvare la città.
Red, la protagonista, e la sua arma
GAMEPLAY
Il gameplay di Transistor è incredibilmente interessante, oltre che essere un approccio che non credo di aver mai visto in nessun altro gioco (c’è qualcosa di simile in FFVII Remake, ma come è ovvio quest’ultimo è di anni successivo all’opera di Supergiant). Il gioco è un lunghissimo corridoio, senza un’esplorazione libera ma semplicemente con delle deviazioni e segreti che fungono principalmente a dare una maggiore esposizione di quello che è il mondo di Cloudbank e i personaggi che la popolano (anzi, popolavano).
La principale attività in cui ci diletteremo nel tentativo di sconfiggere il Processo, quindi, non sarà esplorare o perdersi nelle strade della meravigliosa città cyberpunk, ma proprio combattere le varie creature che ci troveremo davanti. Il combattimento viene ingaggiato nel momento in cui ci si avvicina agli avversari, e a quel punto tutta l’area circostante verrà delimitata, impedendo al giocatore di abbandonare lo scontro. I nemici sono vari e con diverse abilità, che non elencherò nella loro totalità per evitare di togliere il gusto di scoprirle e soprattutto per evitare spoiler, dato che i design di alcune creature sono… interessanti, e fanno intuire molto su cosa stia effettivamente succedendo. Ma per fare degli esempi, elencherò un po’ dei Processi che incontreremo all’inizio. I Creep sono i primi avversari che ci troveremo davanti, e seguiranno Red costantemente appena la vedranno, sparando uno o più laser non appena le saranno abbastanza vicini. Le Cheerleader invece sono dei Processi senza capacità offensive, che si limitano a proteggere gli altri Processi, costringendo il giocatore a sconfiggerli prima di passare agli altri più pericolosi avversari. Faremo presto anche la conoscenza degli Snapshot, robot dotati di varie fotocamere che continueranno a scattare foto a Red, occludendo in parte la visione dello schermo con un flash e la fotografia stessa, approfittando della cosa per poi sparare una serie di proiettili. Si può quindi notare subito anche da questi primi nemici che gli avversari sono ben diversificati, e ognuno presenta una strategia per affrontarlo al meglio.
Una sezione con scontri
Tutti i Processi, una volta sconfitti, produrranno delle Celle, dei piccoli robottini non aggressivi. Le Celle vanno raccolte avvicinandocisi entro pochi secondi, altrimenti da esse usciranno altri Processi, tendenzialmente più deboli dei loro compagni che popolano le strade di Cloudbank ma in ogni caso fastidiosi.
 
Come già detto, la spada che troviamo all’inizio del gioco (il Transistor del titolo, scopriremo molto presto), è l’unica arma a disposizione di Red. Questo vuol dire che il combat system si limita a un combattimento all’arma bianca monotono e che non permetta particolare personalizzazione? Tutt’altro, ed il combat system è proprio una delle componenti più interessanti del gioco. Il Transistor infatti ci permetterà di utilizzare diverse Funzioni, delle abilità offensive o difensive ottenibili integrando nella spada le Tracce dei cittadini di Cloudbank, ossia le loro anime. All’inizio, grazie alla presenza dell’anima dello Sconosciuto e lo stato di User della spada di Red, avremo già a disposizione due Funzioni offensive: Crash, l’attacco base e che potrebbe essere descritto come un qualsiasi attacco leggero, e Breach, un attacco a lungo raggio che fa un discreto numero di danni e ha un effetto penetrante. Potremo ottenere altre 14 funzioni esplorando il mondo (ce ne sono altre 4 speciali, non equipaggiabili liberamente ed ottenibili solo sotto specifiche circostanze, ma sono un extra e non necessarie in alcun modo per finire il titolo), di cui alcune verranno aggiunte semplicemente seguendo la storia, altre invece potranno essere ottenute salendo di livello (alla fine di ogni combattimento otterremo dei punti esperienza), azione che avverrà automaticamente ed obbligatoriamente nel momento in cui si sono raggiungi i punti esperienza necessari. Durante il level up potremo anche scegliere i Limitatori, dei modificatori della difficoltà equipaggiabili che renderanno più potente il Processo in vari modi (uno dei primi ottenibili, ad esempio, crea delle barriere protettive intorno alle Celle, costringendo il giocatore ad attaccarle prima di raccoglierle), garantendo però un guadagno maggiore di punti esperienza. La scelta di usarli o meno sta totalmente al giocatore, non è obbligatorio per concludere il gioco.
Mentre i Limitatori possono essere equipaggiati solo in slot a loro riservati, tutte le Funzioni potranno essere equipaggiate in tre differenti tipologie di slot: Attivo, Upgrade oppure Passivo. Ad ogni level up si potrà scegliere se sbloccare un nuovo slot Upgrade o Passivo, arrivando ad un totale di otto slot Upgrade (due per ogni slot Attivo) e quattro slot Passivi. Lo slot Attivo permette di utilizzare la Funzione nel suo utilizzo base, e sono in totale quattro slot per quattro diverse Funzioni (il gioco permette però volendo di equipaggiare la stessa Funzione in due slot). Lo slot Upgrade invece utilizzerà la Funzione lì inserita per potenziare in diversi modi la Funzione Attiva corrispondente. Infine, lo slot Passivo utilizzerà la Funzione di riferimento per potenziare direttamente il personaggio. Il cambiare e sperimentare i posizionamenti delle Funzioni è fortemente incoraggiato dal titolo, con l’utilizzo di un importante premio narrativo. Le Funzioni, come già detto, sono infatti letteralmente le anime degli abitanti di Cloudbank, e quindi presentano informazioni sui loro proprietari. Ogni volta che una Funzione viene equipaggiata in un diverso slot, verrà sbloccato un paragrafo in più di informazioni, per un massimo di tre paragrafi per personaggio, uno per ogni tipologia di slot disponibile. Il cambio di equipaggiamenti non potrà avvenire in ogni istante della storia, ma si svolgerà ogni qualvolta il giocatore trovi ed attivi un Punto di Accesso, sparsi dappertutto per Cloudbank.
Il menù con le funzioni
La varietà di approcci possibili è un punto cruciale in Transistor, e che gli sviluppatori hanno cercato di incoraggiare in qualsiasi modo, per evitare che il giocatore continui ad usare le solite Funzioni perché ci si trova bene. Oltre all’incentivo narrativo legato alla scoperta della vita dei personaggi, infatti, Supergiant ha usato un altro metodo per spingere il giocatore a cambiare assetto ogni tanto. Quando Red perderà tutti i suoi punti vita durante un combattimento, non ci sarà un game over: anzi, il combattimento potrà continuare, con la salute ripristinata in toto. Ma attenzione, il gioco non sta premiando il giocatore per la sconfitta né tantomeno lo perdona: la Funzione Attiva più potente equipaggiata al momento della sconfitta verrà infatti resa inutilizzabile per tutta la durata dello scontro, e il suo funzionamento sarà rispristinato solo dopo aver attivato due Punti di Accesso. Se da un lato questo è uno stratagemma molto interessante e brillante per spingere il giocatore ad ingegnarsi anche se privato del suo attacco di riferimento, mi rendo conto che per molti potrebbe rivelarsi una meccanica molto frustrante, quindi ci tengo a sottolinearla e a dire che succederà, non troppo spesso se si sta attenti ma succederà.
Ma feature fondamentale del combat system, e l’elemento che prima citavo essere presente seppur in modo diverso anche in FFVII Remake, è il suo connubio di combattimento in tempo reale e combattimento a turni. La Funzione più importante del Transistor (già presente e mai modificabile o rimovibile), è infatti Turn, che, se attivata con la pressione del grilletto destro del controller, mette il gioco “in pausa”, permettendo a Red di pensare e programmare una strategia. Quando verrà attivata Turn il giocatore vedrà immediatamente una barra nella parte alta dello schermo, e noterà che ogni movimento ed attacco consuma in parte quella barra. Turn ci permette quindi di spostarci, attaccare, schivare e qualsiasi azione sia resa disponibile dalle Funzioni equipaggiate in quel momento, dando la possibilità a Red di progettare tutto il suo piano di azione e poi, premendo di nuovo il grilletto destro, metterlo in atto, con tutti i movimenti ed attacchi programmati che avverranno automaticamente. Ad esempio, con l’attivazione di Turn sarà molto più semplice mettere a segno qualche attacco alle spalle, che notoriamente in molti giochi (e anche qui) sono attacchi che permettono di incrementare il danno perpetrato. Premendo il grilletto sinistro durante il funzionamento di Turn, invece, potremo eliminare l’ultima azione programmata, permettendo quindi al giocatore di tentare diverse strategie e vedere quale sia quella più conveniente al momento. Ma la più bella componente ludica di Transistor non è esente da difetti: al termine di Turn, comprensibilmente, ci saranno alcuni secondi di cooldown, in cui il giocatore dovrà attendere per poter riutilizzare la Funzione. Il problema è però che nel momento di cooldown Red non potrà utilizzare nessuna Funzione nemmeno in tempo reale (con l’eccezione di Jaunt, la schivata, anch’essa equipaggiabile), e quindi si troverà alla mercé dei nemici, scorrazzando e fuggendo per il campo di battaglia e prendendo inevitabilmente danno nel momento in cui siano presenti alcuni tra i nemici più rapidi, che a maggior ragione se l’arena dello scontro non è particolarmente ampia sono inevitabili anche con l’utilizzo continuo di schivate (maledetti Fetch, sto guardando voi). Inoltre, si riscontra un altro problema, questa volta durante l’utilizzo di Turn. Turn infatti non tiene conto di spostamenti anche minimi e prevedibili dei nemici, permettendo al giocatore di incatenare una serie di attacchi combinati che potrebbero rivelarsi anche letali, per poi vedere il piano andare in fumo nel caso in cui, una volta messo in atto il piano, il Processo attaccato si sposti anche solo di pochi millimetri.
C’è un’ultima caratteristica del gameplay cui voglio accennare prima di passare oltre. Dopo la sconfitta del primo boss del gioco, Red inizierà a notare sparse per Cloudbank delle Backdoor, costruite proprio dal boss che abbiamo appena affrontato. Avendolo sconfitto, Red ottiene l’autorizzazione necessaria per accedervi, e quindi potrà entrarci ogni volta che ne vedrà una, accedendo ad uno spazio privato e pacifico chiamato Sandbox. Il Sandbox è una bellissima spiaggia decorata da un perenne tramonto sullo sfondo, in cui Red potrà rilassarsi e svagarsi in attività decisamente più piacevoli dello sconfiggere il Processo. Tramite un jukebox potremo ascoltare le diverse OST del gioco (tutte meravigliose, ma lo vedremo dopo), ci sarà un pallone con cui fare palleggi, un’amaca per riposarsi che permetterà di ascoltare alcuni brevi soliloqui dello Sconosciuto che si interroga sulla natura del Sandbox e di ciò che sta succedendo, oltre che ammirare in tutta la sua bellezza il cielo, ed infine un grosso albero con diverse porte sui suoi rami. Aprendo le varie porte, Red potrà affrontare delle sfide aggiuntive di vario tipo, il cui completamento garantirà una nuova OST da ascoltare e altri punti esperienza. Ogni porta si chiuderà una volta conclusa la sfida relativa e non potrà essere immediatamente riaperta dal giocatore a suo piacimento, ma semplicemente ad ogni Sandbox ci saranno alcune porte aperte e altre chiuse. L’unica a rimanere costantemente aperta è quella del Practice Test, un’area ad accesso libero in cui il giocatore può sperimentare come vuole con le varie Funzioni.
Una Sandbox
Va specificato che è praticamente impossibile completare tutte le sfide in una prima run: sono pensate infatti per essere completate con la modalità New Game+.
Le altre cinque porte presentano altrettanti tipi di sfide: gli Speed Test prevedono la sconfitta di un determinato numero di Processi entro il tempo limite; gli Stability Test richiedono di sopravvivere per un certo numero di secondi all’attacco dei Processi; i Planning Test hanno lo scopo di sconfiggere i Processi presenti con l’utilizzo di un singolo Turn, attivato automaticamente all’inizio della sfida; i Performance Test permettono di scegliere le Funzioni da utilizzare per sconfiggere diverse ondate di nemici; ed infine gli Agency Test ci faranno affrontare una copia ostile di Red.
Infine, come appena accennato, il gioco prevede una modalità NG+, chiamata nel caso specifico modalità Recursione. Rigiocare in modalità Recursione renderà disponibile al giocatore tutte le Funzioni e i potenziamenti disponibili al termine della prima run, e i Processi incontrati si troveranno già nella loro versione più potente. Inoltre, tutti i Processi, anche quelli incontrati verso la fine del gioco, potranno spawnare in qualsiasi luogo, quindi potremo incontrare Processi da endgame anche nei primissimi combattimenti. In generale, l’influenza del Processo su Cloudbank è sin dall’inizio molto più estesa di quanto non fosse durante il primo playthrough, e ci sono anche delle piccole differenze nella narrazione e dettagli che fanno immaginare che la modalità Recursione possa essere in qualche strano modo giustificata ed inserita all’interno dell’universo narrativo. Universo narrativo molto interessante ma che, purtroppo, trova nella sua volontà di essere criptico e non esplicito un possibile difetto, soprattutto per i giocatori a cui dà fastidio non ricevere tutte le risposte alle domande che ci si pone giocando. Ma prima di passare alla sezione in cui vedremo il comparto narrativo del titolo, che avverto già sarà full spoiler, c’è un altro comparto del gioco di cui è necessario parlare, perché è anche uno dei più notevoli: sto parlando della componente artistica di Transistor.
ESTETICA E MUSICHE
Partiamo da un presupposto: Darren Korb e Jen Zee sono dei maestri nelle loro arti. Da Bastion ad Hades, il loro contributo nelle opere di Supergiant è sicuramente fra i più importanti, ed innegabilmente ciò che ha reso la compagnia nascente così di impatto nel cuore degli appassionati. Anche chi non apprezzi i giochi in sé e per sé non potrà dire senza essere consapevole di stare mentendo che il comparto artistico sia banale o non ispirato. In Transistor nello specifico, comparto visivo e musiche sono di importanza fondamentale per la costruzione dell’atmosfera e del mondo di gioco. Partiamo dalle musiche.
Korb è entrato appieno nel mondo della composizione musicale proprio nel 2011 con l’uscita di Bastion, e negli anni ha dimostrato di essere incredibilmente eclettico, e di saper comporre tracce di generi molto diversi fra loro. Il genere con cui Korb stesso descrive le sue composizioni per Transistor è "Old-world Electronic Post-rock". Questo vuol dire che il sound di Transistor è fortemente iconico, con tracce che presentano al contempo una forte componente rock con la presenza costante di chitarre elettriche, bassi e percussioni varie, e una componente più tranquilla e nostalgica, con strumenti decisamente più classici come arpe, fisarmoniche, mandolini ed altro. Inoltre, Korb ha affermato che il suo scopo principale era rendere una sensazione di tensione con molte delle sue tracce: per fare questo ha giocato molto con il ritmo, cambiandolo anche all’interno di una singola traccia, o utilizzando spesso accordi dissonanti. Le musiche di sottofondo dei combattimenti e dell’esplorazione riescono quindi a rendere molto chiaro il decadimento della città di Cloudbank, ma (senza nulla voler togliere alle OST senza un comparto vocale), le tracce che brillano di più sono quelle cantate da Ashley Barrett.
Tutte le canzoni con voce sono integrate appieno nel mondo di gioco, in quanto ci viene fatto intuire molto spesso (soprattutto quando le si seleziona nel jukebox del Sandbox) che siano i grandi successi che hanno reso Red il personaggio influente che è. In alcuni casi, i momenti in cui vengono riprodotte in-game rispecchiano la situazione che si sta vivendo: durante il primo boss il sottofondo musicale sarà In Circles (una delle mie preferite), e senza fare spoiler, sapendo chi è il boss e il suo passato con Red si può facilmente intuire che Red avesse scritto il testo proprio riferendosi a quel personaggio. Sempre durante la prima bossfight, si nota un’altra componente della soundtrack che aiuta molto con l’immersione: in alcuni contesti, la musica di sottofondo sarà distorta e robotica (così sarà nel caso specifico, in cui sarà il boss stesso ad insinuarsi nella melodia, esplicitando la sua crescente corruzione), oppure ovattata (come con l’utilizzo di Turn in combattimento).
Altra affermazione molto importante di Korb è che, cercando di migliorare il risultato ottenuto con Bastion, l’intero team si è impegnato al massimo per far sì che comparto musicale e visivo fossero un tutt’uno, perfettamente bilanciati ed amalgamati. Ed il risultato, fortunatamente, è stato proprio quello. Qui si passa al contributo della bravissima illustratrice Jen Zee. L’estetica e il suo stile di disegno sono innegabilmente uno dei punti su cui Supergiant ha puntato di più: la stessa scelta di produrre un gioco con visuale isometrica permette di poter ammirare in tutta la loro bellezza i disegni della Zee, che a tratti paiono dei veri e propri dipinti. Lo stile è squisitamente cyberpunk, con architetture fortemente geometriche e gli stessi personaggi che presentano dei tratti quasi spezzati e rapidi, ma che non sono mai freddi o distanti. Lo studio dei colori e delle forme è infatti curato al millimetro, dando vita ad una Cloudbank meravigliosamente affascinante e al contempo incredibilmente inquietante. Ci sono inoltre dei richiami a diversi stili di pittura, particolarmente evidente quello al cosiddetto “periodo dorato” di Gustav Klimt, con alcune sezioni che potrebbero tranquillamente essere dei dipinti futuristici del grande pittore austriaco.
Uno scorcio di Cloudbank
Transistor è quindi una non perfetta ma meravigliosa opera da giocare, ascoltare ed ammirare, che potrà facilmente affascinare chiunque sia abituato a giochi meno ambiziosi e complessi dei AAA che sono il core e il principale punto di interesse del mercato. Tanto basti a chi non ci ha ancora giocato ed è interessato, oltre all’avvertimento che la narrazione del titolo è decisamente inusuale, e potrebbe presentare delle componenti che faranno facilmente storcere il naso a chiunque pretenda (lecitamente, finché si riconosce che non è dovuto) delle risposte esplicite a ciò che sta succedendo.
Addentriamoci quindi nella sezione full spoiler dell’articolo, esplorando le vicende del mondo di Transistor.
STORIA E NARRAZIONE
Iniziamo con una descrizione di tutto quello che succede durante il gioco, partendo dagli eventi in atto e quindi chiaramente esplicitati. Dopo aver deciso di affrontare il Processo, Red e il Transistor si addentrano nelle strade corrotte di Cloudbank, cercando gli Orchestrali per capire che cosa stia succedendo e come fermarlo. Il primo Orchestrale che incontrano è Sybil Reisz, una giovane ragazza ormai quasi completamente corrotta dal Processo che, vista Red, la attacca, seppur durante lo scontro continui a ripetere di volerla salvare. Una volta sconfitta e ottenuta la sua Funzione, leggendone la descrizione si viene a sapere che Sybil era incredibilmente affascinata da Red (è lasciato intendere che si fosse innamorata), e che è lei la causa del fatto che il suo compagno adesso si trovi all’interno del Transistor. Gli altri Orchestrali volevano infatti uccidere Red e ottenere la sua Traccia, e per farlo si sono fidati di Sybil, il loro membro che la conosceva meglio. Sybil allora ha deciso di approfittarne per sbarazzarsi del compagno di Red, comunicando agli Orchestrali di attaccarla dopo il suo ultimo concerto perché l’avrebbero trovata da sola, conscia del fatto che in realtà il suo partner sarebbe stato con lei e sperando che si sarebbe sacrificato per salvarla (come effettivamente è successo). Durante l’attacco, misteriosamente, Red ha però perso la sua voce.
Sybil Reisz
Ottenendo la Traccia di Sybil, Red e il Transistor ottengono la posizione degli altri tre Orchestrali, e continuano la loro esplorazione per trovarli. Durante il viaggio incontrano un gigantesco Processo ostile chiamato la Serpe (in originale Spine, nome che lo ricollega direttamente ad uno dei singoli di Red intitolato The Spine of the World, lasciandoci intendere in aggiunta a dei commenti del Transistor che la Serpe fosse in origine una qualche struttura cardine di Cloudbank), la cui presenza sembra in qualche modo influenzare il funzionamento del Transistor, portando lo Sconosciuto al suo interno in uno stato confusionale in cui farà discorsi sconnessi e senza senso, da cui si riprenderà solo entrando nel Sandbox. Red allora riesce a raggiungere e sconfiggere la Serpe, uccidendola distruggendo il suo cuore. Questa azione è testamento dell’attenzione ai dettagli di Supergiant: durante tutta l’avventura Red accederà a dei Terminali OVC sparsi per la città per tenersi informata sulle ultime notizie e comunicare con lo Sconosciuto digitando qualcosa sullo schermo, e proprio usando uno di questi (totalmente opzionale) mentre il Transistor è “corrotto”, Red prometterà di trovare chiunque gli stia facendo tutto questo, “and break his heart”.
Lo scontro con The Spine
Uccisa la Serpe il Transistor ritorna normale, e i due proseguono verso le Bracket Tower, dove dovrebbero trovarsi gli altri Orchestrali. Lì, sempre tramite i Terminali, uno dei membri, Asher Kendrell, comunica con Red, invitandola a raggiungerlo eliminando qualsiasi sistema di difesa delle torri. Durante le loro comunicazioni Asher esprime profondo rimorso per quello che sta succedendo, affermando che nessuno degli Orchestrali (Grant incluso, suo marito e fondatore del gruppo) avrebbe mai immaginato un esito del genere, arrivando ad inviare una comunicazione fuori da Cloudbank per confessare il ruolo degli Orchestrali nella distruzione della città. Giunti in cima alla torre, Red e il Transistor scoprono che Grant e Asher si sono appena tolti la vita, Grant non riuscendo a sopportare il senso di colpa e Asher non desiderando una vita in preda al rimorso senza Grant. Raccolte le Tracce dei due, Red si avvia verso il distretto di Fairview (luogo di inizio del gioco), per raggiungere l’ultimo Orchestrale che ha cercato rifugio lì: Royce Brackett, fondatore del gruppo insieme a Grant.
 
Arrivati lì, Red e Transistor notano che la città ormai è stata completamente corrotta dal Processo, riducendosi ad una distesa bianca piena di Processi, molti dei quali sono chiaramente umanoidi (sia l’incontro con Sybil che alcune notizie nei Terminali avevano già fatto intuire che il Processo potesse infettare anche gli umani). Per raggiungere Fairview c’è bisogno di un ponte che lo colleghi a Cloudbank, e Red scopre che può letteralmente costruirlo seduta stante utilizzando il Transistor ad un Terminale, iniziando a capire che la spada che tiene in mano è molto più potente di quanto potesse apparire, ed il perché Asher l’avesse citata spesso durante il loro scambio di battute.
Asher Kendrell
Grant, uno dei co-fondatori degli Orchestrali
Superato il ponte Red viene accolta da un robottino chiamato proxy, che Royce usa per comunicare a distanza con lei e guidarla verso di sé. Royce offre infatti una tregua, affermando che non devono combattere per ora, avendo entrambi l’intenzione di sconfiggere definitivamente il Processo. Red allora raggiunge Royce, scoprendo nel tragitto grazie ai suoi soliloqui il perché gli Orchestrali abbiano fatto tutto questo. Il loro motto è “quando tutto cambia, nulla cambia”, frase che rappresentava il loro essere insoddisfatti della dinamicità di Cloudbank, una città in continuo cambiamento grazie ai capricci e i cambi di umore dei suoi abitanti (utilizzando i Terminali vedremo direttamente questo aspetto di Cloudbank, venendoci offerta la possibilità di partecipare ad un sondaggio per decidere il colore del cielo e, alla fine, persino se far nevicare o piovere sulla città distrutta). Royce in particolare ne era particolarmente amareggiato, un ingegnere incredibilmente abile e appassionato del suo lavoro, che nella sua Funzione rivelerà essere frustrato dal non potersi affezionare alle sue creazioni, costretto a modificarle in continuazione per seguire i capricci della città. In preda a questa frustrazione Royce ha trovato il Transistor, uno strumento incredibilmente potente e che descrive essere un “pennello” con cui modificare Cloudbank a piacimento, di cui però non riesce a comprendere appieno il funzionamento o persino la natura. L’unica cosa certa che ha scoperto, ci dice, è che una volta entrati nel Transistor non se ne può più uscire.
Il Transistor è stato la chiave per portare il Processo a Cloudbank ed è la chiave per cacciarlo, dunque Royce incoraggia Red ad inserire la spada in un solco chiamato Culla, atto che dovrebbe porre fine a tutto. Red obbedisce, e lei e Royce si ritrovano all’interno del Transistor, entrambi armati di una copia dello stesso. Royce ci dice che il Processo ormai è sconfitto, ma solo uno dei due potrà ritornare a Cloudbank e diventare l’artista che ricostruirà la città con il potere del Transistor, ingaggiando un combattimento alla pari, da User a User. Red ne esce vincitrice, e dopo aver sconfitto Royce si ritrova in una Cloudbank ancora corrotta, ma priva del Processo. Si rende conto immediatamente insieme allo Sconosciuto che il Transistor è diventato il pennello che Royce aveva descritto, rendendole possibile il riforgiare la città a suo piacimento. Giunta sul luogo in cui tutto è iniziato, dove si trovava il corpo del suo compagno (adesso non presente, consumato dal Processo), Red si sdraia e, ignorando le preghiere dello Sconosciuto, usa il Transistor per colpirsi, rinchiudendosi volontariamente al suo interno. Il gioco si chiude con un’immagine di Red, la sua voce intatta, e il suo compagno, nel suo corpo, che si incontrano nuovamente, questa volta nel mondo all’interno della spada.
Red e Royce, poco prima dello scontro finale
Criptico, forse troppo
 
La storia di Transistor è piena zeppa di buchi e mancate spiegazioni, sicuramente volontarie (sono troppo evidenti per essere una semplice dimenticanza, e a Supergiant non sono degli sprovveduti). Questo da un lato può essere incredibilmente interessante per un certo tipo di utente, che potrà teorizzare a ruota libera, ma al contempo è una scelta molto frustrante per un’altra grandissima fetta di pubblico. Se ci sono infatti cose che va bene rimangano senza risposta (perché dovremmo scoprire la vera natura del Transistor nel momento in cui non è conosciuta nemmeno nel mondo di gioco? Ci basti sapere che è uno strumento troppo potente mal sfruttato dalla hybris di Royce e compagni), ci sono alcune cose che paiono essere delle vere e proprie contraddizioni: Royce ha appena finito di spiegare a Red che dal Transistor non si può uscire ed eccoli ingaggiare un combattimento al suo interno per ottenere la supremazia ed uscirne (alcuni giustificano la cosa teorizzando che Cloudbank sia una città virtuale in pieno stile Matrix, e che il luogo in cui i due si scontrano sia la realtà e non il Transistor: ma notando che nell’arena di battaglia è visibile una casetta uguale a quella dei titoli di coda, in cui siamo sicuri essere nel Transistor, penso che la teoria sia interessante ma non corretta). Ci sono poi anche dei “buchi” facilmente ricostruibili: noi non sappiamo perché la voce di Red sia nel Transistor, ma possiamo immaginare che sia lì perché durante l’attacco alla sua persona la spada l’abbia comunque sfiorata o ferita superficialmente, riuscendo ad assorbire solo una parte della sua essenza e non la sua interezza, come è successo per il suo compagno e come succederà per lei alla fine del viaggio.
 
Ma per cosa volevano usare il Transistor gli Orchestrali? Di nuovo, congetture e teorie, non c’è nulla di certo al cento per cento. Possiamo però notare che ci permette di assorbire le anime degli abitanti di Cloudbank, e che gli Orchestrali sembrassero decisamente convinti di dover uccidere Red non per sbarazzarsene (non mostrano mai di avere avuto una rivalità o un odio particolare nei suoi confronti), ma per ottenerne l’anima. Tutte le altre Tracce che raccoglieremo infatti sono personaggi molto influenti nella storia di Cloudbank (molti di cui non si sa che fine abbiano fatto, lasciando inteso che siano stati presi di mira dagli Orchestrali), e accomunati da una caratteristica: tutti, in un modo o nell’altro, sono degli innovatori, dei ribelli, dei creativi. “Quando tutto cambia, nulla cambia”. Lo scopo degli Orchestrali (questa volta esplicitamente) è trovare uno stato in cui fossilizzare Cloudbank, per immortalarla nella sua forma migliore e renderla la meravigliosa città che merita di essere. E per farlo, cosa c’è di meglio che usare le menti più brillanti e geniali tra i suoi abitanti, racchiudendole nel Transistor e utilizzandole come base del nuovo dipinto che sarà Cloudbank? Piccoli sacrifici accettabili in nome della propria casa, resa banale e volubile da cambi di umore e capricci, e che merita molto di più.
 
E forse anche la decisione finale di Red, così melensa e fuori luogo all’apparenza (perché sconfiggere Royce e combatterlo per poi togliersi la vita?), si lega sempre a cos’è meglio per Cloudbank. Red, fuori dal Transistor, ha modo di vedere che ormai la città anche senza Processo è una tabula rasa, un nulla, una massa informe di niente. E chi è lei, per assumere il ruolo di nuovo fondatore della città? Chi è lei, alla fine, per assumersi la responsabilità di riportarla alla luce? Perché dovrebbe volerlo? Dopotutto, ormai la città è una città fantasma. Tutti morti, nessuno escluso. A che pro ricrearla? Prima o poi qualcun altro giungerà a Cloudbank dal mondo esterno, e non ci metterà molto a trovare il Transistor, e per curiosità potrà scoprirne il potere. Ai posteri l’ardua sentenza, quindi.
Royce Brackett
La scelta finale di Red è la definizione di egoismo: non solo per incontrare di nuovo il suo amore, unica persona che le sia sempre stata affianco, ma anche per evitare il peso della responsabilità di essere la salvatrice e creatrice di una nuova e splendente Cloudbank. E l’egoismo è forse la parte del carattere di Red che risalta di più: il ritornare indietro e non scappare all’inizio è un atto egoista. Non lo fa per il bene comune, lo fa per sé. Un misto di curiosità, voglia di vendetta e speranza di riottenere quello che ha perduto. Quando però alla fine si rende conto che tutto non è più recuperabile, trovandosi di fronte alle rovine di Cloudbank dopo quella che sarebbe dovuta essere una grande vittoria, abbandona quella speranza, scegliendo un’esistenza dentro al Transistor.
I temi sono molti, e alcuni possono essere davvero interessanti e stimolanti. La stessa figura degli Orchestrali, all’inizio dipinti semplicemente come un gruppetto di persone malvagie, è molto più ambigua, la definizione di buone intenzioni eseguite malissimo (lo stesso Sconosciuto, dopo l’incontro con Asher, confesserà di comprenderli molto più di quanto avrebbe pensato possibile). Peccato che siano approfonditi lasciando un sacco di domande e questioni in sospeso. Per alcuni un valore aggiunto, per altri un mortale difetto: io mi limito a rendere nota questa scelta stilistica, e a dare un breve parere personale. Io mi trovo nel mezzo: apprezzo tantissimo quando delle opere scelgono qualcosa da non spiegare perché troppo potente o incomprensibile (l’ho già reso molto chiaro negli articoli su Blasphemous e Vampyr), ma al contempo credo che Supergiant qui si sia lasciata prendere un po’ troppo la mano, privando di riflessioni davvero interessanti i giocatori che non abbiano l’abitudine di perdersi a teorizzare su ogni titolo che giocano.
Questo non toglie il valore che più di una volta ho attribuito al gioco. Transistor rimane un’esperienza indie incredibilmente interessante e diversa dal solito, e nonostante i difetti che ho sottolineato sono certa che possa lasciare (come ha fatto) qualcosa nel cuore di chi lo gioca, che sia la meraviglia davanti all’egregio comparto artistico, la sorpresa davanti all’originale combat system, o le riflessioni che la sua storia incoraggia.
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