Hunger Games: Ballata dell'Usignolo e del Serpente - VisiThors

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Chi non ha mai sentito parlare di Hunger Games? Una trilogia di libri pubblicati fra il 2008 e il 2010 (fra 2009 e 2012 in Italia) che ha dato vita ad uno degli adattamenti cinematografici meglio riusciti dell’ultimo decennio, oltre che essere stata l’inizio di un filone di saghe young adult distopiche che hanno spopolato in seguito alla sua uscita molto fortunata (si pensi a The Maze Runner o la terribile trilogia di Divergent).
Suzanne Collins, l’autrice, precedentemente ai tre libri di Hunger Games (Hunger Games, La Ragazza di Fuoco, Il Canto della Rivolta) aveva pubblicato una pentalogia di fantasy per ragazzi dal titolo di Gregor, che però non aveva raggiunto nemmeno un decimo del successo del suo fratello minore, tanto da venire pubblicato in Italia solo dopo l’uscita di Hunger Games (e a ragione, secondo me: una lettura dei soli primi due libri non mi ha lasciato minimamente voglia di proseguire con la lettura della saga, un prodotto estremamente acerbo e molto meno interessante e maturo di quanto siano stati i lavori successivi dell’autrice).
Ho già dato la mia opinione riguardo la trasposizione cinematografica dell’intera opera definendola una delle meglio riuscite degli ultimi anni (che non vuol dire che sia senza differenze rispetto al materiale originale; spero che ormai siamo abbastanza abituati alle trasposizioni da sapere che una buona trasposizione non è una copia carbone in un altro medium), ma cosa ho da dire rispetto alla trilogia di libri? Semplice: senza se e senza ma, uno dei pilastri letterari della mia pre-adolescenza e adolescenza (insieme alla meravigliosa serie di Percy Jackson… odio e amore per zio Rick per quello che ha combinato in seguito), che ha retto la prova del tempo anche con delle riletture successive e che quindi si colloca tranquillamente fra le mie serie di libri preferite. Pur facendo parte di un target che di solito apprezzo molto poco, quello degli young adult, Hunger Games è sempre stata per me l’eccezione alla regola, una versione sì molto meno cruda di Battle Royale (che la Collins ha affermato di non aver conosciuto fino alla pubblicazione della trilogia nonostante la somiglianza immediatamente visibile: lasciamole il beneficio del dubbio, dato che il risultato ha una sua ottima e forte identità al di fuori della similare idea di base), ma che mi ha presentato in età molto precoce delle tematiche molto forti, delle immagini che ancora mi ricordo e soprattutto una costruzione dei personaggi e delle relazioni fra loro di una qualità che supera nettamente la media degli altri young adult di successo. Katniss è una protagonista meravigliosa, una non-eroina che deve forzarsi ad esserlo senza mai smettere di commettere sbagli e scelte egoistiche, Peeta uno dei migliori interessi romantici che io abbia mai letto (sì, lo so che c’è il triangolo scemo con Gale: lasciamolo stare il triangolo scemo con Gale, pur con la sua importanza e i suoi bei momenti è a parer mio una delle componenti meno riuscite della trilogia), Effie e Cinna delle ottime rappresentazioni di chi pur vivendo nel lusso si rende conto dell’orrore della condizione altrui e vuole discretamente cercare il modo di cambiare le cose, e come dimenticare altri come Rue (molto più importante per il suo ruolo e per cosa rappresenta rispetto che alla sua caratterizzazione vera e propria), il cinico e senza speranza Haymitch, Finnick, Castor e Pollux, la Coin, e ovviamente lui, l’antagonista principale e sempre presente sullo sfondo: il Presidente Snow.
Snow è sempre stato un personaggio che mi ha affascinato: esplicitamente crudele e ossessionato dal potere, accostava queste caratteristiche ad una qualche idea di stile e di “classe”, che l’ha sempre portato a compiere tutti i suoi omicidi e misfatti nel corso dei libri senza mai nascondere le sue vere intenzioni, e con anche una pretesa di onestà (indimenticabile è la promessa con Katniss di dirsi sempre la verità a vicenda, seguita da un rimprovero da parte di Snow stesso quando la ragazza gli mentirà). La sua spietatezza viene solo parzialmente celata dietro una facciata di purezza: la rosa geneticamente modificata che porta sempre con sé è solo un palliativo per coprire con l’odore del fiore il puzzo di sangue che lo permea, causato dalle piaghe che gli riempiono la bocca createsi con l’ingestione da parte sua del veleno con cui ha ucciso molti dei suoi avversari politici per evitare che si suscitassero sospetti particolari da parte delle vittime in questione.
Un uomo vecchio ma crudele e sadico come non mai nella trilogia, capace di tormentare Katniss con un Peeta torturato e distrutto psicologicamente oltre ogni limite (orrore che dà vita ai momenti “vero o falso?”, una delle cose più belle e impattanti dell’ultimo libro), di costringere Finnick e chissà quanti altri vincitori fisicamente procaci alla prostituzione a favore dei ricchi di Capitol City, e che infine muore soffocato dal suo stesso sangue mentre ride istericamente davanti al caos che Katniss ha causato decidendo di uccidere la Coin invece che lui all’ultimo momento.
Ed è inevitabile a parer mio una domanda, davanti ad un personaggio del genere: chi è davvero Snow? È sempre stato così? Qual è il suo passato? Come ha fatto ad arrivare a questo punto?
Fortunatamente per tutti i curiosi, adesso abbiamo delle risposte: nel 2020 infatti è stato pubblicato un prequel della trilogia che vede come protagonista proprio un giovane Snow, alle prese con la sua esperienza da mentore durante i decimi Hunger Games, i primi in cui viene inserita questa figura.
Per chi non vuole spoiler di alcun tipo, posso dire solo questo: il timore che La Ballata dell’Usignolo e del Serpente fosse solo un’operazione per raccattare qualche soldo da parte della Collins viene annullata completamente nel giro di poche pagine. L’opera è infatti un interessante e ricco character study, che offre spunti quasi ad ogni capitolo, con personaggi assolutamente indimenticabili e pieno di eventi tanto da essere quasi frenetico, ma mai frettoloso e superficiale. Se quindi, da fan della trilogia originale, avete il dubbio sul se comprare o meno questo prequel, la mia opinione in merito ormai è chiara: è un bellissimo libro, che dà un insight meraviglioso su uno dei personaggi più interessanti della saga oltre che offrire moltissime chicche e curiosità per gli appassionati.
Detto questo, per parlare oltre dell’opera devo (ma ancora più sinceramente voglio) addentrarmi in territorio spoiler. Saluto quindi qui chi abbia intenzione di leggerla, mentre invito a rimanere chiunque abbia già letto il libro e voglia sentire un’altra opinione, o chi non ha paura degli spoiler anche per capire se acquistare o meno il titolo (lo so, assurdo: ma voi pazzi esistete).
E così inizia la storia dell’uomo, anzi del ragazzo, dietro il volto del Presidente di Panem: il giovane Coriolanus Snow.
SINOSSI
Gli Snow erano una delle famiglie più influenti e benestanti di Capitol City, anzi, dell’intera Panem. E sì, ho scritto “erano”: questo perché in seguito alla Ribellione dei Distretti che ha trascinato il paese in una sanguinosa guerra civile, il capofamiglia Crassus Snow, un generale, è deceduto durante gli scontri, e la moglie è morta durante il parto della secondogenita, che a sua volta non è sopravvissuta. Finita la Ribellione, rimangono solo tre membri ad abitare il lussuoso attico di famiglia a Capitol: Coriolanus, la cugina Tigris, e la loro nonna, che i due ragazzi chiamano affettuosamente ed in modo derisorio per il suo atteggiamento molto rigido “la Signoranonna”.
I tre riescono a mantenere le apparenze e a fingere che la loro famiglia non sia caduta in rovina; mentre la Signoranonna si limita a rimanere a casa per la maggior parte del tempo, Tigris si occupa di cucire abiti e ottenere vestiti in buone condizioni e cibo dal mercato nero, mentre Coriolanus è uno studente modello dell’Accademia. Coriolanus è infatti una delle eccellenze della scuola, tanto da essere stato selezionato insieme ad altri 23 suoi compagni per una novità a Capitol City: il programma dei mentori. Per la decima edizione degli Hunger Games, gli Strateghi hanno pensato che fosse utile per ottenere maggiori ascolti e coinvolgimento da parte del pubblico mostrare una collaborazione fra i Tributi estratti durante la Mietitura e il meglio del meglio della gioventù di Panem, una sorta di alleanza temporanea in vista dei Giochi che verrebbe trasmessa anche in televisione tramite interviste ed interventi, cosa che permetterebbe al pubblico di conoscere meglio i partecipanti, affezionarcisi, e seguire le loro vicende sullo schermo di casa aumentando gli ascolti. Coriolanus è uno dei 24 studenti selezionati dall’Accademia per essere uno dei giovani Mentori, ed il ragazzo è entusiasta della cosa: non solo infatti l’esposizione mediatica gli sarà utile per mostrare la falsa sicurezza della famiglia e farsi conoscere, ma ai mentori che gestiranno al meglio i loro Tributi è stata promessa una somma in denaro che permetterà loro di poter accedere all’Università di Panem, destino che Coriolanus vuole assolutamente ottenere per sé (dopotutto, non si accontenterebbe mai di una vita da cittadino “normale”), dato che non si potrebbe permettere di pagare le rate dell’Università con gli attuali soldi di famiglia.
Speranzoso di venire assegnato ad uno dei Tributi più quotati (i maschi, magari del Distretto 2 o 4), Coriolanus durante la Mietitura riceve una cocente delusione: il Tributo a lui assegnato sarà quello con meno probabilità di vincere o addirittura di sopravvivere a lungo, la femmina del Distretto 12. Sconsolato dalla notizia, durante la Mietitura si rende conto che quella che pensava essere una condanna potrebbe in realtà rivelarsi una benedizione: a venire estratta è infatti Lucy Gray Baird, che ruba immediatamente l’attenzione di tutti con il gesto avventato di infilare un serpente nell’abito della figlia del Sindaco Mayfair e, una volta giunta sul palco, si esibisce in un numero canoro che nemmeno i Pacificatori lì presenti si sentono di interrompere (riconoscendo in modo evidente la ragazza e mostrando persino della simpatia).
Per conquistarsi la fiducia di Lucy Gray e portarsi avanti, Coriolanus decide di non aspettare il giorno prestabilito dall’Accademia per fare la conoscenza dei Tributi, ma di presentarsi alla stazione di Capitol per aspettare la ragazza e iniziare a parlarci. Così inizia una serie di vicende, di inganni e di relazioni che porteranno Coriolanus nelle vette più alte della popolarità (grazie all’ottima figura che fa davanti alle telecamere con la sua compostezza ed il carisma di Lucy Gray) fino a farlo sprofondare nel fango (ridotto da Mentore a semplice Pacificatore nel Distretto 12), per poi giungere alla cima che più avanti lo porterà ad essere il tirannico Presidente Snow di Panem.
PERSONAGGI, RAPPORTI, EVENTI
Esistono i prodotti fortemente character-driven, e quelli più story-driven; di solito in un’opera uno di questi aspetti prevale sull’altro, e non è assolutamente un difetto nel caso in cui il risultato sia di qualità; nonostante l’enorme quantitativo di eventi, il focus di Neon Genesis Evangelion è palesemente l’interiorità e la psicologia dei singoli personaggi ed è bellissimo proprio per quello, mentre al contrario qualcosa come Principessa Monoke si basa quasi per nulla sulla costruzione dei vari personaggi che si incontrano e molto di più sulla conoscenza dell’ambientazione, della sua storia e degli eventi che vi avvengono. Sono poche le opere che decidono di cercare un equilibrio fra questi due elementi, e a parer mio sono ancora meno quelle che ci riescono, spesso risultando in un mappazzone che non è né carne né pesce e non riesce a soddisfare sotto nessun punto di vista. Questo prequel è stata un’inaspettata sorpresa: quello che mi aspettavo essere un character study incredibilmente statico si sono invece rivelate più di quattrocento pagine dal ritmo serrato, dagli eventi costanti e che quindi si leggono in modo incredibilmente spedito, senza mai dimenticare però che ha un’importanza fondamentale anche la psicologia di Coriolanus, quello che era prima degli eventi e quello che diventerà man mano durante il libro, per poi arrivare al finale in cui c’è un ragazzo estremamente diverso da quello che conosciamo nella prima pagina, ma stupendamente coerente con dei “semi” che erano già presenti all’inizio.
Coriolanus non è mai stato una brava persona: forse da bambino, sì, quando era troppo spaventato da quello che succedeva attorno a lui e si limitava a cercare di sopravvivere, e sicuramente con Tigris ha un rapporto che ci viene mostrato come estremamente bello, alimentato da un sincero affetto reciproco e una volontà di guardarsi le spalle a vicenda qualsiasi cosa accada. Allo stesso modo dimostra una vera amicizia con la sua compagna e collega mentore Clementia, essendo fortemente scosso e sentendosi in colpa per quello che succede con la dottoressa Gaul nel suo laboratorio, e l’amore che si sviluppa per Lucy Gray ha delle basi genuine, che lo portano ad essere un compagno che sì interiormente è fortemente geloso e possessivo, ma che nell’atto pratico non ha mai degli atteggiamenti che potrebbero essere definiti nocivi, tossici o ossessivi, consapevole che sarebbero cose non solo immorali, ma anche ingiuste nei confronti della ragazza di cui si è innamorato.
Allo stesso tempo, però, non è un ragazzo ambizioso, ma di più, al punto da essere ossessionato dall’idea di grandezza e successo: se all’inizio ha delle remore riguardo a quello che può permettersi o meno di fare per raggiungere i propri scopi, verso la fine perde quasi tutti questi scrupoli morali, senza diventare però uno squilibrato fuori controllo e completamente folle. È questa la forza di un personaggio chiaramente negativo come Snow: non è un pazzo, non è un sadico, non è cattivo. È spietato, manipolatorio, narcisista, disposto a compiere dei sacrifici pur di ottenere ciò che vuole, ma ha anche dei difet- ah no, scusate. Tornando seri, nonostante tutte queste caratteristiche, segue fortemente quella che nella sua mente è l’immagine dell’uomo superiore che deve dimostrare di essere, sempre composto, sempre in grado di gestire gli imprevisti, e mai apertamente violento o disposto a sporcarsi le mani (da qui si capisce perché poi la sua arma preferita diventerà il veleno: un modo discreto e non “grezzo” di poter eliminare qualsiasi possibile oppositore).
E tutti questi aspetti, quelli positivi (che ci sono, e la Collins ha fatto un lavoro magistrale nel rappresentarli in modo così chiaro e realistico, senza marchiare quello che a conti fatti sarà l’antagonista principale di Hunger Games come un cattivone assetato di sangue e senza elementi che meritino, quanto meno, rispetto) e quelli negativi, si mostrano durante tutti i capitoli tramite le interazioni che Coriolanus ha con i vari personaggi che lo circondano, riuscendo a rappresentare in alcuni casi delle relazioni che scavallano il limite di “interessanti” per diventare delle vere e proprie meraviglie da leggere.
Ho già parlato limitatamente del rapporto con Tigris, sicuramente uno di quelli in cui gli aspetti più empatici e premurosi del personaggio vengono fuori, ma ce ne sono altri che si dimostrano essere molto, molto più interessanti e sfaccettati. Mentre infatti con Tigris c’è un rapporto che esclusivamente positivo e invece con il Decano Highbottom c’è un rapporto esclusivamente negativo (segnato dall’odio che l’uomo prova per Snow a causa del rapporto amichevole diventato fortemente conflittuale con il padre Crassus, e che il ragazzo vive -non in modo ingiustificato- come un costante tentativo da parte di Highbottom di rovinargli la vita), con altri -Lucy Gray stessa, la dottoressa Gaul e, soprattutto, Seianus- c’è invece un rapporto fortemente segnato da conflitti, risultando in un misto di sincerità e menzogna, affetto e odio che permette di mostrare nel dettaglio il modo in cui Coriolanus si rapporta agli altri, a sé stesso, e alle emozioni che prova nei loro confronti.
Quella con Lucy Gray è una storia d’amore travagliata, ma non nel senso classico che si può associare a questa definizione: è una lotta interiore di Coriolanus, che deve destreggiarsi fra la consapevolezza che la ragazza è il suo biglietto per il successo (con la sua popolarità e vittoria negli Hunger Games che sicuramente risulterebbe nella vittoria del premio per andare all’Università) ed il sincero sentimento di affetto che inizia a nutrire per lei. E per tutto il libro queste due anime convivono, arrivando ad un connubio interessantissimo nelle fasi finali dei Giochi: Coriolanus oscilla costantemente fra questi due modi di vedere Lucy Gray, fra lo sperare che vinca in modo da avere salva la vita della persona che ama, e il volere ardentemente che esca vittoriosa dai Giochi per ottenere il premio Plinth e garantirsi la vita piena di successo che desidera. E nel momento in cui i Giochi finiscono con la vittoria di Lucy Gray e Coriolanus si vede privato della possibilità di avere quello che vuole venendo punito per aver infranto le regole in più occasioni (ridotto a fare il Pacificatore), chiede di essere assegnato al Distretto 12. Lo fa nella speranza di rivedere Lucy Gray, che non ha più incontrato dopo i Giochi, utilizzando la possibilità di passare del tempo insieme a lei “in libertà”, lontano da occhi indiscreti, come un’ancora di salvezza dalla disperazione più totale (che comunque, in determinate circostanze, lo assale). Ed è in questo periodo che finisce il corteggiamento ed inizia la vera e propria relazione: una relazione in cui più di una volta Coriolanus esprime nei suoi pensieri alcune sue caratteristiche preoccupanti (la possessività nei confronti della ragazza, la profonda gelosia che nutre nei confronti del suo ex partner, l’attrattiva che esercita su di lui la consapevolezza di essere amato così tanto e di avere quindi in un certo senso “controllo” su Lucy Gray), ma mai lascia che abbiano la meglio, consapevole che tutti questi impulsi lo renderebbero un compagno ingiusto e manipolatorio, rifiutandosi di diventarlo. E quindi la Collins anche in questo caso riesce ad evitare lo stereotipo, la dinamica trita e ritrita, mostrando un ragazzo che pur avendo la tentazione di esercitare il proprio controllo sulla propria compagna si rifiuta di farlo, riconoscendo che sarebbe una cosa negativa ed ingiusta nei suoi confronti (bellissimo a questo proposito un momento che avviene negli ultimissimi capitoli, in cui Coriolanus finisce per litigare con Lucy Gray a causa della sua paura che venga scoperta la sua presenza durante l’omicidio della figlia del sindaco e di Billy Taupe, l’ex compagno di Lucy Gray, per poi pentirsene immediatamente, rendendosi conto che ha solo sfogato le sue emozioni riversandole su di lei, finendo per ottenere un’incrinatura nella pace del loro rapporto che così tanto apprezza).
Ma sul finale vero e proprio, avviene la svolta che per tutto il libro abbiamo atteso, e che è stata costruita dalla Collins in modo da accadere estremamente in fretta, ma venendo giustificata in modo perfetto: Coriolanus viene accettato come candidato Ufficiale grazie alla sua ottima riuscita nei test, e anzi, gli viene offerta la possibilità di partecipare ad un corso particolarmente prestigioso nel Distretto 2. Ovviamente vorrebbe accettare, ma la consapevolezza che è solo questione di tempo prima che qualcuno trovi il fucile con sopra il suo DNA che lo incriminerà per l’omicidio di Lipp e di Billy Taupe lo porta a decidere di fuggire con Lucy Gray, che vuole abbandonare il Distretto dato che il sindaco è convinto che lei abbia ucciso la figlia e vuole vendetta.
Avendo accettato che ormai i suoi piani per una vita migliore sono completamente rovinati, Coriolanus si arrende all’idea di passare la sua esistenza in fuga con Lucy Gray, finché durante il viaggio non fanno una scoperta che cambia tutto: quando infatti in un casolare trovano dei fucili da contrabbando utilizzati dai ribelli, compreso quello che Coriolanus ha utilizzato per sparare a Lipp, il ragazzo vede una possibilità per riprendere in mano la propria vita. Distruggendo il fucile non ci sarebbe nulla a collegarlo agli omicidi, e quindi potrebbe accettare l’offerta del suo superiore, diventare un Ufficiale e puntare al successo, anche se in modo diverso da quello che sperava di ottenere a Capitol. Resta solo parlare con Lucy Gray e cercare di farle capire la situazione, ma la ragazza si nasconde da Coriolanus nella foresta (Coriolanus ipotizza che il motivo sia che deve aver capito che Seianus è stato giustiziato per colpa sua, riconoscendolo come un traditore e potenzialmente molto pericoloso). E Coriolanus dimostra subito che la ragazza ha ragione: capendo di non poterla dissuadere e sconvolto dal fatto che gli abbia mandato contro un serpente che l’ha morso, decide che l’unica cosa da fare per lui è cercare di eliminarla, abbandonando qualsiasi sentimento provi per lei nell’ottica di salvare il proprio futuro e avere quello che vuole. E quindi inizia a sparare alla cieca tra gli alberi, fermandosi dopo diversi colpi senza capire se abbia effettivamente colpito Lucy Gray o meno. Torna indietro al Distretto 12 dopo aver distrutto le prove, e si prepara alla sua nuova vita in viaggio per il Distretto 2 quando l’hovercraft su cui si trova si ferma a Capitol City, dove incontra nuovamente la dottoressa Gaul che gli espone quelle che erano le sue intenzioni sin dall’inizio.
La Gaul, nonostante non sia uno dei personaggi più esplicitamente approfonditi dell’opera, è sicuramente uno dei meglio riusciti, oltre che un altro che apparentemente sembrerebbe rientrare in uno stereotipo stra-abusato ma che poi si rivela essere tutt’altro. Introdotta come una signora di mezza età magrolina e ricurva, parla in modo bizzarro facendo rime e mezzi indovinelli, essendo sia una professoressa dell’Accademia, sia una scienziata che lavora sugli esperimenti ibridi di Panem, sia il Capo Stratega di quest’edizione degli Hunger Games. Quella che poteva essere l’ennesima scienziata pazza è in realtà una donna molto più lucida di quanto si voglia mostrare agli altri, guidata più che da un sincero sadismo o cattiveria (che pure ci sono in modo evidente) dalla convinzione che gli esseri umani, in fondo, siano solo degli animali violenti e crudeli, che hanno bisogno di incutere paura e di esercitare il proprio potere per mantenere uno status di pace. Vede in Coriolanus una possibile anima affine, e quindi durante tutto il libro lo mette alla prova continuamente per far uscire fuori la sua vera natura; prima lo spinge a riscrivere il tema su cosa gli fosse piaciuto nel periodo di guerra, poi lo sottopone alla visione di Clementia che viene punita e morsa da dei serpenti modificati geneticamente, lo manda dentro l’Arena a recuperare Seianus per fargli vedere come sia veramente essere dentro l’Arena (sapendo che probabilmente, come effettivamente succede, sarebbe stato costretto ad uccidere) e tornare allo stato più reale della specie umana, ed infine organizza insieme ad Highbottom la sua spedizione come Pacificatore in un Distretto vedendola come un’esperienza formativa per il ragazzo, che così potrà entrare in Università avendo imparato molto di più della vita rispetto al passare l’estate a bighellonare e a crogiolarsi nella sua vittoria.
La Gaul è, a tutti gli effetti, la vera e propria mentore di Coriolanus: è lei a spingerlo a tirare fuori il suo lato più cinico, calcolatore ed ambizioso, a non avere paura di utilizzare la crudeltà pur di ottenere quello che vuole (cosa che culminerà sia nel tentato -forse compiuto?- omicidio di Lucy Gray, sia nell’assassinio di Highbottom con del veleno, che sappiamo diventerà l’arma prediletta del futuro Presidente), incoraggiando di continuo le sue riflessioni e le sue intuizioni per quanto riguarda i Giochi, dicendogli che sarebbe davvero un ottimo Stratega.
È inoltre il personaggio che esprime il punto di vista più contorto ma interessante sugli eventi passati, sulla Ribellione dei Distretti, e soprattutto sugli Hunger Games: la guerra fa parte dell’essere umano in quanto animale violento, ma ovviamente si ambisce alla pace. Come coniugare però questo desiderio di pace con la costante tenzione al conflitto dell’uomo? Ed ecco qui che entrano in gioco (eh eh) i Giochi: con la paura. I Giochi non sono una punizione, non sono una vendetta. Sono uno strumento di comando, di controllo. Instillano un po’ di guerra costantemente nella vita quotidiana di Panem, ricordando così ai Distretti chi ha il vero controllo, chi ha vinto la guerra, chi ha le redini. La Gaul non li vede come un modo di divertirsi per i ricconi bastardi di Capitol City: sì, per molti è solo quello, ma per chi è in grado di comprenderli sono molto, molto di più. Sono lo status quo. E Coriolanus, alla fine, arriverà a comprendere appieno questa “realtà”, condividendola e decidendo di portarla avanti, volendo proseguire nel suo percorso di autocontrollo e successo (che culminerà con la bellissima riflessione che persino l’amore è qualcosa da rifuggire, in quanto quello che ha provato per Lucy Gray l’ha indebolito e reso più vulnerabile, irrazionale) che lo porterà infine a diventare per davvero il Presidente che la Signoranonna si era sempre augurata che sarebbe diventato.
All’esatto opposto di Coriolanus c’è il suo compagno, collega mentore e, in un certo senso, nemesi: Seianus Plinth.
Seianus non è un cittadino nativo di Capitol City: nato e cresciuto nel Distretto 2, lui e la sua famiglia hanno avuto modo di trasferirsi nella capitale e vivere in pace durante la Ribellione grazie alla ricchezza del padre e ai rapporti che intratteneva con i piani alti di Panem. Questo crea in lui un evidente e costante contrasto, in quanto da una parte è a tutti gli effetti uno dei privilegiati, dall’altro si sente un membro dei Distretti che vede i suoi concittadini venire vessati in qualsiasi modo, prendendo persino parte agli Hunger Games che considera una barbarie completamente insensata. Questo lo rende instabile, un potenziale ribelle, un personaggio con cui Coriolanus non vorrebbe mai legarsi ma che finisce per diventare la persona con cui quelli intorno a lui pensano che intrattenga il rapporto più stretto di amicizia; questo per Seianus è vero, dato che ha visto solo il lato gentile e disponibile di Coriolanus, disposto ad aiutarlo in ogni modo, ma non lo è per il nostro protagonista, che lo vede appunto come un pericoloso ed ingenuo idealista da dover tenere a freno per evitare problemi. Da una parte amore fraterno, dall’altro una palla al piede: ditemi, come potrebbe non essere una delle cose più interessanti e belle dell’intero romanzo? Ed infatti lo è. Il rapporto tra Coriolanus e Seianus non è complicato, di più. Il primo odia il secondo dal primo istante in cui lo conosce: un membro dei Distretti ingrato a Capitol per averlo accolto, non particolarmente sveglio, decisamente troppo buono. Ma è un compagno di studi, un altro mentore, e quindi le inimicizie devono essere mantenute al minimo per non perdere la faccia, risultando in un completo fraintendimento del rapporto da parte sia di Seianus che di tutti gli altri (la madre di Seianus andrà personalmente da Coriolanus per chiedergli di aiutarla a trovare il figlio quando Seianus si infiltra nell’Arena, e alla fine del libro, dopo la morte di Seianus, la famiglia Plinth nomina Coriolanus come loro legittimo erede in nome del “profondissimo legame” che aveva con il figlio deceduto).
Seianus è, semplicemente, una mina vagante, un problema da dover gestire di continuo. Ed è così per tutte le prime due parti del libro, sia per il percorso da mentore che durante lo svolgimento dei Giochi, ma Coriolanus riconosce che può essere utile conquistarsi la sua amicizia sia per mantenere l’apparenza che per l’importanza e ricchezza della famiglia Plinth e quindi, suo malgrado, si avvicina molto al ragazzo, pur senza mai provare una sincera simpatia nei suoi confronti. Questo cambia completamente nella terza e ultima parte del libro che vede Coriolanus abituarsi alla sua nuova vita da Pacificatore: è disperato, ha perso tutto, la sua famiglia sta per essere sfrattata dall’attico degli Snow perché non può pagare le tasse e non vede nessuna via d’uscita se non la morte. E proprio mentre sta meditando di togliersi la vita, compare nel dormitorio Seianus, spedito anche lui a fare il Pacificatore per evitare problemi all’immagine della famiglia dopo che si è introdotto nell’Arena e ha mostrato idee sovversive e contrarie a Capitol City. E così Seianus, da spina nel fianco, diventa un vero amico di Coriolanus, anzi, qualcosa di molto più complesso e per il ragazzo molto più significativo: è l’unica cosa che ha del suo passato come Snow, della sua vita da studente di successo, amato e rispettato da tutti. Così inizia una fase di amicizia e condivisione tra Coriolanus, Seianus e gli altri Pacificatori loro compagi (con l’aggiunta di Lucy Gray e dei Covey, la sua stramba famiglia) che, ovviamente, non è destinata a durare a lungo. In seguito all’esecuzione di un ribelle e alla fuga della sua compagna, Coriolanus inizia a sospettare che Seianus potrebbe essere immischiato in azioni sovversive, e che la cosa rischierebbe di rovinare ancora di più anche lui dato il loro profondo legame. Dopo svariati tentativi di parlare con l’amico per farlo confessare, finalmente Coriolanus ci riesce, facendogli ammettere che sta lavorando con i ribelli per recuperare qualche arma e far scappare la compagna dell’uomo impiccato, oltre che altri, possibilmente. In preda all’impulso di cercare di salvarsi, Coriolanus ha la prontezza di registrare la conversazione con una delle Ghiandaie Chiacchierone che stanno inviando a Capitol, iniziando a pentirsene subito dopo. Se qualcuno ascoltasse la registrazione, vorrebbe dire la morte certa di Seianus, cosa che lo renderebbe una spia, un traditore, e l’assassino (per quanto non diretto) del suo amico. Si convince che probabilmente nessuno avrà l’idea di ascoltare le Ghiandaie che verranno sicuramente sovrascritte, e quindi cerca di vivere senza quel rimorso. Oltre a questo, si aggiunge anche la complicità nell’omicidio di Billy Taupe e Lipp, e quindi il rapporto tra Coriolanus e Seianus è più teso che mai. La risoluzione arriva dall’esterno: sì, la Ghiandaia Chiacchierona è arrivata a destinazione ed è stata ascoltata. Così, una mattina, Seianus viene arrestato, e il giorno stesso viene giustiziato all’albero degli impiccati del Distretto 12, davanti ad un combattuto Coriolanus che viene tormentato dalle Ghiandaie Imitatrici che ripetono in modo macabro e cantilenante l’ultima parola dell’amico che ha portato alla forca: “Ma’!”.
Questi sono i rapporti che ho trovato più approfonditi ed interessanti nell’intero libro, ma ovviamente ce ne sono altri. Per parlare di  tutto, però, servirebbe decisamente più di un articolo, e non mi sembra il caso. Voglio passare quindi ad una breve sezione in cui parlerò di quelle che io ho trovato delle bellissime chicche per i fan della saga, per poi concludere con due parole sul casting dell’adattamento cinematografico in uscita a novembre, che mi ha fatto storcere non poco il naso.
CONTESTUALIZZAZIONE E COLLEGAMENTI CON HUNGER GAMES
Innanzi tutto, ho trovato interessantissimo vedere dei Giochi che iniziano ad avere la forma che avevano nella trilogia originale, ma che chiaramente non sono ancora a quel punto: prima della decima edizione erano solo un massacro, senza pubblicità, particolari trasmissioni o meccaniche originali, e nella Ballata abbiamo modo di vedere come sono nate alcune delle cose che rendevano la dinamica degli Hunger Games così particolare e originale rispetto ad altri battle royal. Vediamo in primis l’introduzione ovviamente della figura del mentore, che più che un addestratore per il Tributo (come diventerà in seguito) deve essere una specie di sponsor, qualcuno che deve garantire visibilità al suo “assistito” a Capitol City e che deve impegnarsi nell’ottenere quanta più popolarità possibile. In secondo luogo, gli sponsor non sono mai stati presenti: vengono suggeriti da Coriolanus durante una lezione in cui viene chiesto alla classe se abbiano dei modi per rendere più interattivi gli Hunger Games, e Snow propone appunto di rendere disponibili delle donazioni, delle scommesse, che risulteranno poi in vantaggi per i Tributi gestiti ovviamente dai rispettivi mentori (che così potranno decidere quando inviare cibo e acqua in base a quanti sponsor hanno). In modo rudimentale, quindi, abbiamo modo di vedere l’inizio della trasformazione che porta i Giochi a passare da una semplice mattanza ad un vero e proprio evento dall’importanza mediatica, culturale e sociale incredibile.
Gli altri collegamenti, invece, sono più marginali, ma sono sinceramente stupendi: il più bello è indubbiamente assistere alla creazione della canzone che abbiamo sentito più e più volte nella trilogia originale, L’Albero degli Impiccati, che in una rivelazione dolceamara e ironica scopriamo essere stata una canzone composta da Lucy Gray per comunicare a Coriolanus che si sarebbero dovuti incontrare nel luogo delle impiccagioni, riprendendo quella del ribelle a cui hanno assistito (avendoci quindi fornito un bellissimo foreshadowing di questa creazione con la scena in sé, che in effetti è stranamente familiare al lettore in quanto viene “ucciso un uomo che tre ne uccise, o pare?” e che al momento dell’esecuzione “implorò l’amor suo di scappare”).
Altra bellissima cosa è il reinserimento delle Ghiandaie Imitatrici, frutto degli accoppiamenti fra le Ghiandaie Chiacchierone rilasciate da Capitol nel Distretto 12 e femmine di Mimo presenti nell’area, che hanno generato questo ibrido che è sì in grado di ripetere le parole che sente, ma solo parzialmente e soprattutto trasformandole in una melodia. Bello vedere Coriolanus che viene a conoscenza di questa nuova specie per la prima volta, e ancora più bello vedere la sua reazione: le detesta profondamente. Non solo le trova inquietanti, con la loro cantilena e con il fatto che la prima volta che le sente sono proprio intorno all’albero degli impiccati a ripetere le ultime parole dei condannati a morte, ma anche perché le trova… “innaturali”. Sì, ovviamente anche le Ghiandaie Chiacchierone lo sono, e tutti gli esperimenti della Gaul altrettanto: ma qui è diverso, e forse (per quanto non venga mai esplicitato) è anche una questione di “controllo”. Uno strumento di Capitol che genera qualcosa di nuovo e con nessuna utilità per la stessa? Uno scherzo del destino, forse uno dei motivi per cui Snow prova immediatamente una particolare antipatia per questi uccelli.
Ci sono poi anche cose più piccole (come la citazione della “katniss”, l’erba da cui prenderà il nome la celebre protagonista di Hunger Games), ma questi tre elementi sono quelli che ho apprezzato di più e che mi hanno sinceramente fatto sorridere e pensare “okay: è proprio Hunger Games”.
Prima di passare alla sezione finale sul casting del film, mi permetto due parole di chiusura per chi non fosse interessato alla prossima parte: nel caso in cui non l’avessi ancora reso chiaro, il libro mi è piaciuto tantissimo. È, per quanto possa sembrare esagerato, quasi un miracolo nell’industria contemporanea: il prequel di una serie best seller young adult dal successo mondiale che viene prodotto dieci anni dopo l’uscita della serie principale? Il timore che sia un mero acchiappa-soldi è purtroppo più una probabilità che una preoccupazione. Ed invece (tenendo conto che non sapremo mai se la Collins ha deciso di scriverlo per motivi economici o per sincera voglia di tornare a Panem) il risultato è l’esatto opposto, un prodotto che non impallidisce minimamente se confrontato alla trilogia e che risulta godibile, interessante, e sempre sorprendentemente maturo per il target che vorrebbe avere.
In poche parole, anche in questo caso la Collins è riuscita a posarsi in cima.
ADATTAMENTO CINEMATOGRAFICO: IL CASTING
Partiamo con ordine: ovviamente non tratterò di tutti i personaggi, ma solo di quelli che ritengo più importanti, quindi ovviamente Coriolanus, Lucy Gray, Seianus, la dottoressa Gaul e Highbottom. Purtroppo, solo uno di questi verrà promosso appieno (tenente a mente che parlo solo di physique du role e non di recitazione -che spero sia adatta-, dato che il film deve ancora uscire: lo so, non dovrebbe essere specificato, ma sapete come funziona l’internet).
Partiamo con Coriolanus: semplicemente, non è lui. Sì, è biondo, occhi azzurri, bello e giovane, ma… non sembra Snow. O almeno, non a me. E questo per un semplice motivo, ossia che Coriolanus è affascinante, caratterizzato da una bellezza fredda (capito? Fredda) e algida, mentre Tom Blyth è (non me ne vogliate) il classico belloccio. È una bellezza californiana, non il futuro spietato Presidente di Panem. Per dare l’idea, riporto un paragone che avevo fatto parlandone col mio collega: sarebbe un perfetto Luke Castellan di Percy Jackson, ma un Coriolanus Snow? Non totalmente inadatto, ma non convince al 100%.
Su Lucy Gray invece non ho assolutamente niente da ridire. Rachel Zegler nel trailer non mi è sembrata minimamente fuori luogo, e la scelta di affidare il ruolo ad un’attrice con la pelle mulatta nonostante nel libro non venga mai descritta come tale è azzeccata: non una mossa di politically correct, ma un richiamo alla sensualità esotica e inusuale che caratterizza Lucy Gray, oltre che perfettamente coerente con la famiglia Covey, che richiama molto l’immaginario di una famiglia d’artisti itineranti.
Seianus invece è un po’ come Snow: non è fuori luogo in quanto rispetta la breve descrizione che ci viene data nel libro (occhi marroni e lineamenti spigolosi), ma non mi ha convinto appieno. È sempre molto personale dato che il modo in cui ci si immagina un personaggio leggendo un libro cambia da persona a persona, ma anche qui mi è sembrato troppo convenzionalmente “figo”. Non trasmette la vulnerabilità che invece caratterizza Seianus (che non vuol dire che doveva essere un mingherlino, anche perché così non è), e trovo la cosa un peccato. Spero però che Josh Andres mi farà ricredere con la sua interpretazione.
Per ultimi ho lasciato i due punti dolenti, ossia i personaggi che non c’entrano davvero niente con le descrizioni della Collins: Highbottom e la dottoressa Gaul.
Per Highbottom è autoesplicativo: è Peter Dinklage. Ora, chiunque si sia immaginato Dinklage leggendo di Highbottom, o mente o ha seri problemi di comprensione del testo. Non me ne posso lamentare completamente perché è Dinklage, e chi non vorrebbe avere Dinklage nel proprio film? È un attore indubbiamente dal talento incredibile, e il ruolo di Tyrion è solo uno in cui l’ha dimostrato al grande pubblico, ma… non lo so, una scelta che non riesco a capire se non con l’effettiva bravura dell’attore o con altre riflessioni che mi farebbero suonare cattiva.
Per la Gaul c’è un discorso simile, se non identico: la pallida, magra, quasi gobba dottoressa Gaul è interpretata da… Viola Devis, esatto. C’entra qualcosa, con la sua pelle scura, le spalle ampie, il portamento fiero e l’età portata decisamente meglio della sua controparte letteraria? Assolutamente no. Ma quantomeno, come Dinklage, sappiamo che è una grande attrice, e quindi spero che riesca a trasmettere l’eccentricità del personaggio nonostante il fisico decisamente poco adatto.
Con questo, direi che ho finito. Ci vediamo in sala, sperando che l’adattamento sia fatto bene quanto gli adattamenti eccellenti della trilogia originale e che non sminuisca la meravigliosa ultima opera di Suzanne Collins.
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