Il nome di Mike Flanagan viene pronunciato abbastanza spesso negli ultimi anni. Già apprezzato da una nicchia di appassionati dell’horror per aver diretto Hush, un home invasion classico ma con alcune idee molto interessanti, e soprattutto Gerald’s Game, uno dei più amati adattamenti di un’opera di Stephen King in era recente, ha raggiunto il grandissimo pubblico nel 2018 con l’uscita su Netflix di The Haunting of Hill House, serie horror vagamente ispirata dall’omonimo libro di Shirley Jackson. L’enorme successo della serie, distante da un tipo di horror pieno di gore e che ricerca l’effetto shock che si sta diffondendo sempre di più negli ultimi anni, ha portato Flanagan a continuare la serie con una seconda stagione, The Haunting of Bly Manor (che però è, forse fortunatamente, una storia completamente a sé stante rispetto alla prima stagione), e a prendere in mano l’ambizioso adattamento di Doctor Sleep, seguito di Shining. Al contrario di Hill House, però, sia Bly Manor che soprattutto Doctor Sleep sono stati accolti molto più tiepidamente dal pubblico, con Doctor Sleep che ha incontrato anche critiche forti e deluse. Ma dopo questi due “passi falsi” (non avendo visto nessuno dei due, mi limito a riportare quello che ho colto essere il parere generale), Flanagan ritorna con Midnight Mass, una nuova serie prodotta sotto l’ala di Netflix.
Dopo questa rapida panoramica sulla carriera recente di questo abbastanza giovane e talentuoso regista, che trovo necessaria data la grandissima popolarità guadagnata, voglio chiarire cosa ne penso io, e dunque con che spirito mi sono approcciata alla visione di Midnight Mass. In realtà, non c’è molto da dire: di tutti i suoi prodotti, ho visto solo Hill House. Ma mi è bastata per rimanere intrigata dall’autore, nonostante ancora non mi sia messa a recuperare i suoi altri lavori più apprezzati. Questo perché trovo che Hill House sia una serie pressocché perfetta: atmosferica, ben scritta, ottima fotografia e ancor migliore regia, ma soprattutto -per me requisito praticamente imprescindibile per essere un grande horror- una storia che utilizza l’elemento sovrannaturale e di orrore per raccontare problematiche molto più concrete e pesanti. L’unico neo, e devo dire che almeno per me è un grosso neo, è stato il finale: senza fare alcun tipo di spoiler, l’ho trovato scialbo, quasi melenso, completamente all’opposto di quello che stava costruendo la serie fino a quel momento. Ma, tolto questo, Hill House sicuramente rientra fra le serie più belle che abbia avuto modo di vedere su Netflix, con alcuni picchi incredibili sia a livello registico (un esempio lampante ne è il meraviglioso episodio che contiene un piano sequenza di 17 minuti) che a livello di scrittura ed emotivo (senza contesto, l’episodio del funerale: chi l’ha vista, sa). E forse è stato proprio per l’amore che ho provato per Hill House che non ho ancora avuto il coraggio di recuperare Bly Manor, spaventata che possa essere nettamente inferiore alla prima come molti pareri paiono indicare. Midnight Mass, invece, non mi ha fatto questa paura: forse perché un progetto completamente nuovo, o forse perché da quel poco che ne avevo colto partiva da dei presupposti che stuzzicano molto il mio interesse e i miei gusti. Ed è con immenso piacere che mi trovo ad affermare che non mi ha delusa. Ha i suoi difetti (la trovo più imperfetta di Hill House; ma tempo al tempo), ma ha degli spunti, delle idee, degli sviluppi e dei personaggi che dubito mi dimenticherò facilmente. Sicuramente è dovuto al fatto che come accennato si tocchino tematiche che stuzzicano le mie corde, ma sono uscita dall’esperienza soddisfatta e, contrariamente ad ogni mia aspettativa, persino commossa.
Ma quest’introduzione sta diventando decisamente troppo lunga. Iniziamo questo articolo con un breve accenno alla trama (no spoiler), per poi passare ad una parte generale su comparto tecnico e finalmente giungere all’analisi full spoiler.
TRAMA
Cercherò di dire davvero il minimo possibile, limitandomi a far capire quali possano essere a grandi linee l’ambiente e le tematiche che accompagnano lo spettatore nella visione. La storia prende piede a Crockett Island, un isolotto di sole 127 anime. Verremo introdotti ad essa seguendo la vicenda di Riley Flynn, un ragazzo che dopo aver scontato quattro anni di carcere per aver investito ed ucciso una ragazza da ubriaco, ritorna proprio a Crockett Island, che aveva abbandonato anni prima per cercare fortuna nel continente americano. Ma Riley non è l’unico ritornato nell’isola dopo anni: un’altra figliol prodiga è Erin Greene, anche lei tornata alla casa natale dopo essersene allontanata per anni.
Riley (a sinistra) e Padre Paul (a destra)
Inoltre, tutta la popolazione è in subbuglio per un altro imminente arrivo,
molto più importante agli occhi della comunità intera: il ritorno di Monsignor
Pruitt, vecchio e malato parroco dell’isola che se n’era dovuto andare per un
pellegrinaggio in Terra Santa. Crockett è infatti pervasa da una forte fede
cattolica che accomuna quasi tutti gli abitanti, che si riuniscono alla
parrocchia di St. Patrick per la messa, che però senza il Monsignore non può
ovviamente essere eseguita. Ma il Monsignore non torna: al suo posto, viene
inviato un prete molto più giovane, Padre Paul Hill, che annuncia agli abitanti
dell’isola di essere solo un sostituto temporaneo di Monsignor Pruitt, dato che
l’anziano prete non sta bene e ha bisogno di più tempo per riprendersi e
tornare alla sua comunità. Dopo un po’ di insoddisfazione e delusione iniziale,
Padre Paul dimostrerà a Crockett di essere più che in grado di reggere l’intera
comunità religiosa dell’isola, divenendo un punto di riferimento per molti, e
fonte di sospetti per alcuni.
Questo è quanto mi sento di dire, per paura di rovinare l’esperienza a
qualcuno. E dò un consiglio spassionato: evitate di leggere recensioni in giro,
perché io ho fatto questo errore, e mi sono imbattuta in un elemento che veniva
dato assolutamente per scontato, ma che dopo aver visto la serie posso dire con
certezza non lo è (lo si può intuire, ma non viene esplicitato fino alla fine
del terzo episodio: in una miniserie di 7 episodi, non è proprio all’inizio). E
per lo stesso motivo, sconsiglio sempre di leggere i riassunti della trama di
Netflix: non so chi scriva quegli abomini, ma tendono o a presentare il
prodotto in modo totalmente fuorviante, o a fare degli spoiler fatti e finiti.
Proprio perché voglio lasciar intuire il meno possibile, inserisco qui un
breve content warning, consigliando però a chi non ha particolari problemi con tematiche/immagini
forti di passare oltre, andando direttamente al prossimo paragrafo. Manterrò
tutto il più senza contesto possibile, ma devo andare più nello specifico,
quindi chi vuole viversi l’esperienza totalmente “in blind” lo faccia e basta.
Rimasti solo quelli interessati? Spero di sì. Content warning: se siete
emofobici, Midnight Mass non fa per voi. Come per Hill House, non ci troviamo
minimamente davanti ad un prodotto splatter o gore, ma al contrario della sua
predecessora, Midnight Mass da un certo punto in poi diventa molto
sanguinolenta, nel senso letterale del termine. Quindi, statene alla larga se
svenite alla vista di sangue da un taglietto. Inoltre, vengono trattate
tematiche che potrebbero essere spinose o fonte di disagio per alcuni: si
parla, esplicitamente o meno, di depressione, lutto, connotazioni quasi
settarie della religione. Se siete particolarmente sensibili a questi
argomenti, o ancora peggio sono per voi dei trigger spiacevoli, sappiate che li
ritroverete in Midnight Mass, alle volte in modo decisamente pesante da
digerire. E sicuramente, non è una serie per quei cattolici praticanti che non
considerano la chiesa fallace: ci sono alcuni dialoghi, eventi, personaggi che
condannano e mostrano in modo molto negativo una determinata tipologia di
fedeli, e ci sono molte istanze che non dubito potrebbero essere additate come
blasfeme. Ma se davvero siete persone che si fanno offendere da tutto questo, state
certi che non guardare Midnight Mass sarà una perdita vostra, ma non di
Flanagan: non è per voi che è stata pensata.
Padre Paul ed una parte della comunità di Crockett durante una messa
COMPARTO TECNICO
Quando qualcuno è bravo con la macchina da presa, si vede subito. Ed in Midnight Mass è evidente sin dalle primissime scene, che sono pulite, precise, chiare. Non ci sono sbavature evidenti in tutti i sette episodi della serie, escludendo i minimi bloopers che possono accadere quasi inevitabilmente in fase di ripresa e montaggio (i più comuni sono leggeri cambi di posizione di un soggetto da un inquadratura all’altra, ma quasi mai sono tali da essere uno schiaffo in faccia e da disturbare la visione; in Midnight Mass, non lo sono mai). La fotografia è sicuramente il punto forte dell’opera: la palette cromatica è non particolarmente originale ma affascinante e adatta all’atmosfera della serie, con un’alternanza di colori desaturati e freddi a istanze in cui invece sono il calore e la saturazione a farla da padrone (il risultato sono alcune sequenze di tramonti o albe che potrebbero tranquillamente essere appese nella propria casa). E sempre parlando di fotografia, ci tengo a sottolineare un aspetto che ho molto apprezzato, per quanto la parte di me che è nictofobica non ha gradito altrettanto: quando c’è il buio, è buio. Ci sono più istanze in cui non si vede praticamente niente, o giusto qualche ombra illuminata dalla luce delle stelle e della luna, e questo dà vita ad alcune sequenze ansiogene e inquietanti che fanno il loro lavoro, ma che potrei considerare più impattanti di una persona normale proprio per il mio terrore del buio. E a proposito di sequenze orrorifiche, non vi aspettate jumpscare o un costante tentativo di spaventare: ci sono pochissimi jumpscare nella serie, di cui alcuni molto riusciti (ma dopo Hill House, in cui ce n’è solo uno definibile davvero tale ed incredibilmente efficace, non me ne sorprendo), e gli altri sono semplicemente non fastidiosi e sensati nel contesto della scena. Questo vuol dire che non uscirete spaventati dalla visione degli episodi di Midnight Mass, ma da alcuni potreste uscire fortemente inquietati, scossi, con un pesante ma bellissimo nodo allo stomaco. Ma dove non tenta di spaventare il comparto visivo, ci pensa la sceneggiatura: anche uno dei punti deboli del prodotto (ma ne parleremo fra poco e più nel dettaglio nella parte spoiler), presenta nonostante tutto dei momenti altissimi, con alcuni dialoghi e monologhi che sono capaci di far accapponare la pelle.
Torniamo a noi: comparto tecnico. La regia è estremamente pulita e fa quello che deve fare in modo manieristico e didascalico, con un grande uso di inquadrature fisse, che siano close up su dettagli e volti o di più ampio respiro sui personaggi in scena o sul paesaggio meraviglioso ed evocativo di Crockett Island. Sono abbastanza frequenti dei lentissimi zoom in avanti sui volti dei personaggi durante i monologhi, e l’unico movimento di camera vagamente “virtuosistico” c’è in poche istanze, ripetuto e con un preciso significato per la scena ricorrente in questione, risultando però purtroppo ridondante dopo la seconda volta (non vederlo tornare nella seconda metà della serie è stato un sollievo).
Ma nonostante la costruzione ed impostazione della serie dal punto di vista di regia e fotografia sia ottima e senza sbavature grossolane o sciocche, avendo visto Hill House non posso che esserne leggermente “delusa” (le virgolette sono lì per un motivo): mancano infatti quei guizzi registici che erano molto presenti nella prima stagione di The Haunting, che fossero movimenti di camera incredibilmente interessanti o follie registiche come il succitato piano sequenza di 17 minuti (e a proposito, se siete curiosi recuperatevi le interviste a riguardo: il modo in cui è stato realizzato è incredibile). E ripeto, questo non vuol dire assolutamente che la regia di Midnight Mass sia inadatta, banale, non ispirata: semplicemente, l’ho trovata leggermente meno audace di quella di Hill House, e il confronto è stato quasi inevitabile nella mia mente.
Annie e Fynn, i genitori di Riley
Ma non mancano le scene particolarmente ispirate nemmeno in Midnight Mass. Per quanto tutto più standard dal punto di vista dell’utilizzo della macchina da presa, ci sono alcune sequenze che sono costruite magistralmente, di cui purtroppo dovrò parlare solo nella parte spoiler, perché sono fondamentali per la trama.
Mi è piaciuto inoltre l’utilizzo della colonna sonora: è sfruttata in modo discreto e strumentale a ciò che succede a schermo, e lo è in modo molto sottile e ben amalgamato, con nessuna istanza in cui ho storto il naso percependola fuori luogo. Al contrario, sono stati non pochi i momenti in cui mi rendevo conto di stare provando un’inquietudine crescente che mi faceva vedere in modo molto diverso e dissonante quello che succedeva a schermo (sulla carta, ispirante o positivo), solo per poi accorgermi che, quasi subdolamente, si era ormai inserita in scena una colonna sonora disturbante. Ci sono poi diversi momenti in cui si odono canti religiosi, che siano veri o propri cori o dei canti più privati ed intimi. E questi, in modo a parer mio molto interessante, hanno un bellissimo carattere ambivalente: in alcune sequenze ci appaiono cacofonici, opprimenti, spaventosi, in altri sono invece un meraviglioso momento di comunanza, vicinanza, speranza. Mi permetto di far rientrare nella colonna sonora (ma sto facendo il passo più lungo della gamba, me ne rendo conto) anche le moltissime preghiere recitate durante la serie: non sono canti, non sono musica, ma hanno un’innegabile ritmicità che spesso viene utilizzata per darci una sensazione di impazienza o di ansia, o al contrario vengono recitate in modo molto tranquillo e lento per darci un senso di tranquillità e pace.
Mi posso esprimere solo parzialmente sulla recitazione, avendo visto Midnight Mass col suo doppiaggio in italiano (che, a proposito, è davvero ottimo), ma da quello che ho potuto vedere tutti gli attori sono stati bravissimi, con come unica eccezione l’interprete di Riley, che a tratti mi è parso fin troppo impassibile e poco espressivo (è in parte un tratto del personaggio, ma a parer mio questo non scusa dei momenti in cui appare quasi bidimensionale). Mi permetto di sottolineare in modo particolare le performance di Hamish Linklater nei panni di padre Paul Hill e di Samantha Sloyan nei panni di Bev Keane: hanno un’espressività incredibile, e sono rimasta sinceramente sorpresa dallo scoprire che la Sloyan in particolare non ha una grande carriera attoriale alle spalle (con dei ruoli secondari proprio in Hill House e Hush e qualche altra comparsa), perché ha dato prova di un’abilità notevole, soprattutto in un ruolo così interessante ma difficile come quello di Bev.
E avendo accennato ai personaggi, passo a quello che è un picco ma anche un
baratro della serie: la sceneggiatura. Se siete stati attenti vi sarete già
accorti che ho utilizzato spesso un termine che non viene di solito associato a
serie TV: monologo. Perché in questo Midnight Mass è molto inusuale, facendo un
uso massiccio di monologhi. Ma mentre ce ne sono alcuni incredibilmente ben
scritti (tutte le messe di Padre Paul sono meravigliose), molti altri sfociano
nel melenso e nel banale, risultando in qualche minuto in cui lo spettatore non
aspetta altro che finisca. E sì, ho proprio detto “qualche minuto”; alcuni
monologhi sono davvero troppo lunghi. Ce ne sono poi un paio che sono
davvero non necessari, uno spiegone prolisso e sciocco di cose che ci sono già
ovvie o che potrebbero essere state chiarite con due parole (ne parlerò nella
sezione spoiler), ma non è assolutamente questo il peggio: il peggio è che non
sono poche le circostanze in cui i dialoghi vengono trattati come dei monologhi
alternati. Ed è maledettamente alienante ed innaturale, fastidioso. Senza dire
il contesto, riporto un esempio (uno di quelli più lampanti, a parer mio) per
far capire cosa intendo. Ad un certo punto, ci sono due personaggi che si
siedono su un divano ed iniziano a fare un discorso sulla morte, e su cosa succeda
dopo di essa. Alla domanda “che cosa succede, secondo te?”, il primo
personaggio risponde con un lungo ed articolato monologo, che però -per quanto
leggermente troppo dilatato e con delle parti un po’ banalotte- rimane godibile
ed anzi interessante, perché (sempre senza contesto) dà modo di vedere che
essere atei e non avere fede non vuol dire avere per forza una visione
incredibilmente sterile e negativa della morte. E dopo questo bello per quanto
non perfetto monologo, ecco la frase che mi ha fatto temere per la mia pazienza
e capacità di concentrazione: “e secondo te invece, cosa succede?”. E il
secondo personaggio attacca con un altro monologo, sempre troppo lungo, e
questa volta molto ma molto meno interessante. Non si fa così. Non si scrivono
così dei dialoghi che vogliano essere anche solo lontanamente realistici. I
dialoghi sono dialoghi, non lunghi monologhi alternati. Certo, possono esserci
delle eccezioni che se gestite bene possono funzionare (e ci sono anche in
questa serie), ma purtroppo Flanagan fa spesso prevalere la voglia di
aggiungerci quelle frasi di troppo, che fanno scadere una parte del discorso, o
nei casi peggiori il discorso intero, nell’inutilità totale e nel melenso senza
senso.
Al netto di tutto quello che ho detto, ci sono anche dialoghi e monologhi molto interessanti, originali e scritti benissimo: un esempio ne è l’episodio 5, di cui circa 25 minuti sono solo un dialogo fra due personaggi, in una stanza. Ed è bellissimo. Lento, forse per alcuni noioso, ma è scritto bene, è importante, ci fa capire meglio i personaggi coinvolti. E bellissimi sono i già citati monologhi durante le messe di Padre Paul, così come un paio di monologhi di Bev Keane, la “perpetua” di St. Patrick, e ci sono confronti, discussioni e dialoghi davvero ben gestiti. Ed è molto interessante ascoltare con attenzione i passi della Bibbia che vengono citati continuamente: alle volte tra quelli più conosciuti, alle volte molto meno comuni, sono stati selezionati con attenzione e hanno sempre senso con i vari eventi che succedono durante la storia, sono sempre una visione simbolica e metaforica, oltre che una reinterpretazione da parte dei vari personaggi che li recitano. E ci sono un paio di momenti che sono, a parer mio, commoventi: c’è un “ti perdono” alla fine di uno specifico monologo (la cui prima parte purtroppo scade però nei difetti elencati prima) che è un pugno nello stomaco, e tutta la sequenza finale mi ha lasciata con un groppone in gola e le lacrime agli occhi.
Bev, una delle più devote e ferventi credenti dell'isola
Quindi la sceneggiatura ha decisamente dei problemi, che non vanno minimamente ignorati in quanto non sono piccoli, anzi, ma per fortuna presenta anche dei picchi e dei momenti che sono incredibilmente interessanti.
E molto interessanti e una sorpresa sono stati anche alcuni tra i personaggi: in primis i citati più e più volte Padre Paul e Bev (anticipo che lei è probabilmente il personaggio che mi è piaciuto di più), ma anche Sarah (il medico dell’isola) ed Omar (lo sceriffo) mi sono piaciuti molto più del previsto. E la cosa mi ha piacevolmente stupito, perché Hill House, nella sua meravigliosa coralità (presente anche qui), non mi aveva particolarmente colpito per i singoli personaggi -tra i quali forse quello che mi è più rimasto singolarmente è il personaggio di Theo, interpretata da Kate Siegel, che qui ha il ruolo di Erin-, mentre dubito che mi dimenticherò facilmente alcuni personaggi di Midnight Mass.
Ultimo punto che toccherò prima di passare alla sezione full spoiler, è la brillantezza e l’originalità con cui sono state trattate alcune tematiche trite e ritrite. Non posso minimamente entrare nel dettaglio, perché le cose che mi sono piaciute di più sono decisamente spoiler, ma vi assicuro che viene utilizzata la religione per dare un nuovo e interessante spunto di interpretazione di un topos narrativo molto presente nella letteratura e cinema horror. Ed importantissimo in Midnight Mass è proprio la rappresentazione di come uno stesso avvenimento possa essere interpretato in modo completamente diverso, se non opposto, da persone che hanno alle spalle una formazione e una cultura diversa da quella dell’altro: chi ha già letto la mia recensione di Vampyr sempre presente in questo sito, sa che questa è una cosa che mi piace particolarmente.
E con questo, diventa difficile continuare a parlare della serie senza addentrarsi in territorio spoiler. Quindi, ultimo avvertimento: adesso inizierò con l’analisi di Midnight Mass, in una sezione full spoiler, sin dalle primissime righe. Quindi, pussa via chi non l’abbia ancora vista, mentre rimangano pure coloro che hanno già visto la serie o non hanno paura di farsi rovinare l’esperienza dagli spoiler.
Riley e Erin
ANALISI
Se siete qui, è molto probabile che abbiate capito benissimo che non ho
citato Vampyr a caso: perché sì, la parte horror di Midnight Mass (almeno sulla
superficie) è proprio il vampirismo. Ed è, per quanto possa sembrare folle
un’affermazione del genere, il suo punto forte, perché offre una trattazione di
questo grandissimo classico che io non ho mai avuto il piacere di vedere, se
non appunto in minimissima parte proprio in Vampyr. Non so quanto questa idea,
questo spunto a parer mio geniale sia frutto della mente di Flanagan o del
libro omonimo che ha ispirato l’opera, ma sapendo che finora il regista ha
adattato sempre molto liberamente i testi da cui si ispirava, un po’ alla
Kubrick (non sto paragonando l’abilità dei due registi, sto solo facendo un
paragone riguardo il loro metodo di lavoro; non scandalizzatevi), non mi
sorprenderei nello scoprire che la maggior parte di situazioni e dialoghi visti
nella serie sono originali.
Ma perché è così bello il vampirismo in Midnight Mass?
Perché è visto dal punto di vista della religione. E non con il solito “vampiri
demoniaci, dobbiamo abbatterli in nome di nostro signore”. No no; è tutto il contrario.
Durante il secondo e il terzo episodio, vediamo intermezzato il racconto di
Padre Paul che, nel confessionale, chiede perdono a Dio per aver mentito alla
comunità di Crockett riguardo le condizioni di salute del loro amato Monsignor
Pruitt. Questo perché in realtà il vecchio era in condizioni molto peggiori di
quelle annunciate ai suoi parrocchiani, ed il viaggio in Terra Santa l’ha
affrontato in uno stato di apparente demenza senile, con continue dimenticanze
riguardo il luogo in cui si trovava che sono culminate in un suo perdersi nel
deserto durante il pellegrinaggio, distaccandosi dal suo gruppo (tra l’altro,
prima citavo alcune scelte registiche molto interessanti: quella di associare
la storia di Monsignor Pruitt alla via crucis, rappresentando le disavventure
del vecchio nei piccoli riquadri che di solito la raffigurano, è una di quelle
scelte, molto suggestive e azzeccate con lo sviluppo degli eventi, oltre che
essere chiaramente una delle varie scene che possano offendere ed essere considerate
“blasfeme”).
L'incontro tra Pruitt e la creatura nella grotta
Sorpreso da una terribile tempesta di sabbia, il
Monsignore ha trovato per caso rifugio in una grotta, dove, terrorizzato e al
buio, ha cercato di farsi luce con i pochi e deboli fiammiferi che possedeva. Lì, ha fatto una scoperta che non ha fatto
altro che aumentare la sua paura: non era da solo, in quella grotta. C’era una…
creatura mostruosa, spaventosa e aggressiva, che non appena ha visto il povero
vecchio l’ha assalito, azzannandolo al collo e nutrendosi del suo sangue.
Quando si è rialzata in tutta la sua statura, gigantesca e alata, l’agonizzante
Monsignore ha avuto modo di guardarla, e provandone una grandissima paura alla
sua mente sovvenne una singola parola “e quella parola era: angelo”. E l’angelo
si tagliò con le sue lunghe unghie, facendo sgorgare il suo stesso sangue, e lo
portò alle labbra del povero Monsignore che, spaventato, lo bevve senza opporre
resistenza.
All’alba del giorno successivo, l’intuizione di Pruitt, la convinzione di aver appena incontrato un emissario divino, si consolidò e divenne ai suoi occhi certezza: al suo risveglio infatti, il Monsignore non solo non era ferito, ma completamente guarito dalla sua condizione, giovane e forte come un tempo, e l’angelo si trovava ancora lì, alle sue spalle, a guardarlo. Il Monsignore non poté che fare una cosa, davanti ad un tale miracolo: inginocchiarsi al cospetto dell’angelo, e desiderare di poter tornare alla sua amata comunità di Crockett insieme al messaggero, per salvarli dalla loro disperazione. E questo verrà fatto. Il Monsignore è tornato sotto le mentite spoglie di Paul Hill, perché i suoi fedeli non sono ancora pronti a comprendere la portata del miracolo che gli è stato concesso. Ma piano piano, con l’aiuto dell’angelo che si è portato dietro, lui guarirà la popolazione in decadenza dell’isola, preparandoli al grande annuncio tramite i diversi miracoli che si compiranno dopo il suo arrivo.
Nell’interezza delle sette puntate, la parola “vampiro” non viene mai pronunciata, e non c’è nessuno tra i personaggi a cui venga l’effettivo dubbio che la creatura sia proprio quella figura sovrannaturale. Solo noi spettatori possiamo riconoscere quelle caratteristiche, quali la fame di sangue e l’impossibilità di stare alla luce del sole, che ci rendono molto chiaro che cosa sia effettivamente il mostro. I personaggi, come forse succederebbe in un contesto reale, in cui consideriamo i vampiri delle ovvie creature di fantasia, non fanno mai questo collegamento, vedendo l’essere in base alla loro cultura e alle loro credenze. Ci sono due interpretazioni: quella religiosa, che vede il mostro come un angelo divino (ed è meraviglioso che parta proprio dalle poche spaventose descrizioni di angeli nella Bibbia, oltre che dalla consapevolezza che quanto gli angeli si presentavano agli umani esordivano spesso con un “non spaventarti”, consapevolezza che fa credere a Pruitt di aver avuto proprio un incontro di questo tipo) e quella atea o scientifica, che si limita allo sgomento davanti all’essere, tentando però di dare una spiegazione razionale a ciò che sta succedendo a Crockett.
Dopo la rivelazione della guarigione del Monsignore e della presenza dell’angelo sull’isola, ci è molto chiaro in che modo stiano avvenendo le varie guarigioni miracolose degli abitanti: durante la comunione, che Pruitt tiene a far eseguire a quante più persone possibili, il prete mescola al vino il sangue del suo angelo, in modo da, più gradualmente di quanto sia successo a lui, permettere che esso abbia effetto e guarisca le persone dai vari mali che li affliggono. La guarigione avviene sia in forme lievi, ad esempio non dovendo più indossare gli occhiali, o in modo molto più radicale, come nel caso di Leeza o Mildred. Ma il sangue dell’angelo non ha solo esiti positivi: lo vediamo nello stesso Monsignore, che inizia a mostrare dei sintomi preoccupanti fino a morire nel terzo episodio, in una sanguinolenta emorragia dalle vie respiratorie, e in Erin che, incinta, si ritrova ad “abortire” naturalmente, per poi fare la sconcertante scoperta che il suo corpo non presenta nessuna delle variazioni ormonali che sono riscontrabili in una donna che è stata incinta di recente.
E la morte di Pruitt è ovviamente un momento fondamentale della storia: questo perché alla sua morte succede una quasi immediata rinascita (ulteriore fatto che lo vedrà paragonato più e più volte alla figura di Gesù Cristo da parte di Bev e gli altri fedeli che hanno visto la sua “resurrezione”), e noi sappiamo e vedremo ben presto che questo è il momento in cui il Monsignore viene effettivamente vampirizzato. Dal quarto episodio in poi, si renderà conto di non poter più uscire alla luce del sole, trovando scuse e sotterfugi vari per poter condurre la messa di sera, ed inoltre, fatto molto più preoccupante, inizierà a sentire dei crampi legati ad una fame inestinguibile. Ovviamente lui, Bev e gli altri a conoscenza della situazione non vivono questo avvenimento come l’inizio di una “maledizione”: no, è la rinascita definitiva di un uomo che diventerà immortale, in grado di guarire da qualsiasi ferita, con dei sacrifici necessari da compiere per mantenere questa sua condizione. Rinascita che va condivisa ed espansa al resto degli abitanti dell’isola.
Ed è incredibilmente interessante, oltre che davvero
forte, vedere come queste persone giungano a giustificare come volontà del
Signore anche atti deplorevoli e disumani commessi dal Monsignore. Nel quarto
episodio infatti Pruitt, attendendo disperatamente il ritorno del suo angelo in
modo che possa come ha sempre fatto donargli il suo sangue, viene raggiunto nel
suo appartamento da Joe, l’ubriacone dell’isola che ultimamente sembra stia
migliorando grazie agli incontri serali con Riley e Padre Paul.
Joe, dopo tantissimi anni, si sente finalmente più leggero, libero dai suoi fardelli: abbiamo scoperto in precedenza che è afflitto dal senso di colpa per essere stato lui a rendere paralitica Leeza, avendola colpita con un proiettile vagante alla schiena mentre una sera, da ubriaco, stava sparando con il suo fucile. Ma, in seguito al miracolo della guarigione di Leeza, è arrivato un miracolo anche per lui: la ragazza è andata a trovarlo sulle sue gambe e, dopo avergli confessato il suo profondo odio, quanto abbia desiderato che soffrisse per quello che le ha fatto, ha però pronunciato delle parole che l’hanno liberato: “io ti perdono, Joe”. E Joe quindi, con il peso sulla coscienza più fievole e determinato a abbandonare la sua dipendenza, si reca da quello che lui crede essere Paul per ringraziarlo. Ma Pruitt è nel pieno della sua nuova ed ingestibile
fame: quando lo abbraccia per dirgli quanto sia fiero di lui, non resiste
all’odore del sangue, e continua a stringerlo senza accennare a lasciarlo
andare.
a sinistra Omar (lo sceriffo) e a destra Joe
Spaventato, Joe inizia a dimenarsi, e nella rapida colluttazione cade,
fracassandosi la testa sulla scrivania del Monsignore. Disperato e orripilato
da quello che è appena successo, Pruitt non riesce però a resistere al richiamo
del sangue, iniziando a berlo da terra per poi cedere completamente, nutrendosi
direttamente dalla ferita aperta del povero Joe (in un’inquadratura molto
dantesca che riesce ad essere d’impatto ed impressionante senza dover
utilizzare gore o altro).
Il giorno dopo, dato che il Padre non si sta recando a
messa, Bev (che aveva già scoperto la sua vera identità) lo raggiunge
preoccupata nella sua casa, e si trova davanti il cadavere dissanguato di Joe e
Pruitt sotto shock. A quel punto lui le rivela appieno la sua natura, facendole
comprendere quanto la luce del sole ormai lo ustioni al minimo contatto, e Bev,
da brava fedele, non si fa sconfortare ma continua a supportare il suo
“messia”: chiama Wade (il padre di Leeza) e Sturge, altri due parrocchiani
molto legati a Pruitt e molto fedeli, e chiede loro di sbarazzarsi del cadavere
di Joe. Avete presente quando ho detto che affianco a dei monologhi molto
deboli ve ne sono alcuni incredibili? Il monologo con cui Bev convince Wade a
insabbiare l’accaduto è uno di questi picchi altissimi: indubbiamente uno
schiaffo in faccia per alcuni, la donna lo riprende per stare dubitando delle
scelte del Signore, che altro non ha fatto se non sbarazzarsi di un infedele
ubriacone e peccatore come Joe, indegno di ricevere la benedizione che scenderà
sull’isola; l’unica differenza è che non l’ha fatto direttamente, ma ha agito
attraverso il corpo del Monsignore, che afferma di aver agito così perché
“sopraffatto”.
Wade, padre di Leeza e Sindaco di Crockett
E per convincerlo inizia ad elencare delle istanze che
rendono evidente che “Dio è un guerriero, come i suoi angeli”: lo sterminio dei
primogeniti degli Egiziani, la trasformazione di intere città in sale senza
salvare donne e bambini, il diluvio universale per punire gli uomini dei loro
peccati. “Non sono venuto a metter pace, ma spada” dice Gesù Cristo nel Vangelo
secondo Matteo 10, 34-37. E Bev riprende con veemenza Wade per essersi
dimenticato di questo lato del Signore a favore di quelli più pacifici, che più
gli aggradano. “Quindi se vuoi dubitare di lui, Wade, se vuoi scegliere quali
delle sue opere siano per te accettabili, allora restituisci le grazie
ricevute al mittente, e lascia che la tua bambina torni su quella sedia a
rotelle”. I passi che spesso ho utilizzato e ho sentito utilizzare da altri per
sottolineare quanto in realtà il Dio dei Cristiani sia molto meno “buono” di
quanto venga insegnato, qui vengono utilizzati da forse la persona più devota e
credente su tutta Crockett per giustificare un omicidio, e per spingere un
fedele nel dubbio ad accettare nella loro interezza gli insegnamenti del
Signore. E non c’è critica più forte ed efficace che mostrare non come degli
estranei alla fede facciano notare le zone oscure delle scritture, ma come
siano dei devoti stessi a tirarle fuori, ed utilizzarle strumentalmente come
arma di convinzione. Ecco per Flanagan le conclusioni a cui è inevitabile che
giunga un vero cattolico, che accetti la parola di Dio nella sua
interezza.
E Bev è la rappresentazione estremizzata di una persona che ha dedicato
tutta la sua vita alla fede, pur essendo una persona orribile: praticamente
tutti a Crockett sanno che Bev è crudele, ipocrita, manipolatrice. E la cosa
bellissima, che la rende uno dei miei personaggi preferiti di tutta la serie, è
che lo sa anche lei: sa di non meritarsi il paradiso in cui tanto crede.
Penso che ormai sia estremamente chiaro che cosa
intendevo quando ho detto che il fulcro di Midnight Mass è parlare di punti di
vista, e di come la nostra formazione culturale possa influire sul modo in cui
vediamo il mondo. Quello che per la maggior parte degli abitanti di Crockett è
un miracolo, per altri è fonte di sospetto e paura per il futuro. In primis per
Riley che, divenuto ateo in carcere, non è convinto dai miracoli di Paul e
crede ci possano essere delle spiegazioni scientifiche. Poi Erin che, pur
fedele, in seguito al misterioso aborto ha paura di cosa stia succedendo
sull’isola. Ed infine Sarah, che ha scoperto grazie a dei prelievi che il
sangue di alcuni abitanti di Crockett reagisce bruciando alla luce del sole.
Ovviamente, anche sospettoso è Omar, il nuovo sceriffo: musulmano, non crede
che quelli stiano avvenendo siano miracoli, ed è amareggiato (per quanto lo
consenta) dal fatto che il figlio Ali si stia avvicinando alla fede Cattolica,
attirato proprio da questi avvenimenti.
E questo sospetto che stia succedendo qualcosa di pericoloso diviene una
sicurezza durante il sesto episodio, dopo che Erin assiste alla morte di Riley.
Riley infatti, insospettito dal fatto che Padre Paul gli avesse mentito
riguardo l’assenza di Joe ad un loro incontro, decide di tornare da lui ad
incontro finito per chiedergli spiegazioni, e viene attaccato dall’angelo,
tornato. Poco prima che muoia, Pruitt gli fa bere il suo sangue, facendolo
rinascere. Convinto che la vampirizzazione di Riley sia avvenuta perché Dio l’ha
scelto per accompagnarlo nella sua missione, il Monsignore parla con il ragazzo
per tutto il giorno, spiegandogli che cosa stia succedendo e cercando di
convincerlo ad aiutarlo. Riley, inorridito, viene lasciato libero la notte, al
che si dirige immediatamente da Erin, con cui ormai è nato un interesse
romantico, e la porta su una barchetta lontano dalla riva, per rivelarle cosa
sta succedendo. Ma sa che probabilmente non gli crederà mai: e quindi,
scusandosi per costringerla ad assistere ad uno spettacolo del genere, attende
l’alba, lasciandosi morire per dimostrarle che non le ha mentito, e che deve
scappare subito. La morte di Riley è un’altra scena bellissima, in cui la
pacifica allucinazione pre-morte del ragazzo viene interrotta violentemente
dalla realtà dei fatti, con Riley in fiamme che si sta carbonizzando e le grida
viscerali e disperate di Erin, che continuano anche durante tutti i titoli di
coda.
Riley sulla barca, pochi momenti prima di morire
Dopo la morte di Riley, Erin si reca da Sarah e cerca
di spiegarle cosa stia succedendo. Invece di ricevere un aspettato rifiuto,
Sarah le confessa che anche lei sospettava di Pruitt, convinta che stesse in
qualche modo facendo ingerire sostanze alla popolazione. Come già accennato,
infatti, aveva notato che il sangue che aveva prelevato dalle persone vittime
dei “miracoli” (la madre ed Erin stessa con il suo aborto) bruciava al sole, in
una reazione assurda e pericolosa. E durante questo dialogo fra Sarah, sua
madre ed Erin, c’è di nuovo un’esplicitazione di quanto il proprio background
culturale influisca sulle spiegazioni che diamo agli eventi del mondo: Sarah,
medico e atea, azzarda un’ipotesi pienamente scientifica, che si basa in parte
su una patologia davvero esistente. La dottoressa spiega infatti che esiste una
malattia del sangue, chiamata protoporfiria eritropoietica (spero
davvero di averla azzeccata), che causa nei soggetti affetti una estrema
sensibilità alla luce che porta anche ad ustioni e vesciche, e in alcuni casi
anche una grave anemia, dicendo addirittura “molti di quei miti derivano
probabilmente dall’EPP” (ed è questo il più esplicito riferimento al vampirismo
che sentiremo da un qualsiasi personaggio).
Chiarisce subito però che qualsiasi cosa stia infettando i cittadini di
Crockett non è una malattia del sangue, e quindi non può essere l’EPP. Però
potrebbe essere un enzima o un virus della stessa famiglia, come “il
raffreddore e la peste bubbonica fanno parte della stessa famiglia”. Qualsiasi
cosa abbiano ingerito gli isolani presenta infatti proprio fotosensibilità e
anemia, con la non di poco conto aggiunta di una guarigione di cellule
danneggiate. La fortissima anemia, inoltre, spiegherebbe anche la sete di
sangue di cui ha parlato Riley: questi soggetti avrebbero un estremo bisogno
del ferro presente nel sangue, cosa che potrebbe portarli a desiderare di bere
quello altrui. Riley, al contrario degli altri, avrebbe avuto un quantitativo
molto maggiore di questa malattia nel sangue, cosa che ha portato, nel momento
in cui la luce ultravioletta del sole ha attraversato la pelle arrivando alle
sue vene, a farlo bruciare.
Sarah, la dottoressa dell'isola
Dopo aver cercato anche il supporto di Omar chiedendogli di condurre
indagini sulla popolazione (richiesta che lo sceriffo rifiuta con un
lunghissimo ed inutile monologo il cui succo sarebbe potuto essere riassunto
con un “gli abitanti già non mi accettano e non si fidano perché sono
musulmano; non ho intenzione di farmi odiare ancora di più”), le tre donne
vanno verso il traghetto che dovrebbe portarle in salvo sul continente,
scoprendo da Sturge che il traghetto non arriverà a causa di un guasto. Le tre
ed Omar, insospettiti dalla forte insistenza con cui Bev e Pruitt cercano di
convincere tutti a partecipare alla messa pasquale di quella notte, decidono di
partecipare a loro volta per capire cosa stia succedendo, senza sapere che il
blackout che colpisce Crockett all’improvviso e la mancanza di barche sono un
tentativo di isolarli e impedire loro di fuggire. Durante la messa pasquale,
infatti, avviene la rivelazione: il Monsignore si svela a tutti e, dopo aver
fatto chiudere a chiave le porte della chiesa, dice agli isolani che ha
intenzione di farli ascendere e rinascere come lui ad uno stato superiore, più
vicino a Dio, mostrando anche loro l’angelo che ha permesso tutto questo. A
quel punto, procede con una dimostrazione pratica: Sturge si immola bevendo del
veleno per topi e, in seguito a minuti di panico in cui i presenti hanno paura
per la loro vita, vedono l’uomo risorgere. Poco alla volta, ispirati dal
coraggio del giovane Ali che, ribellandosi ai tentativi di portarlo via del
padre Omar si uccide davanti ai suoi occhi per rinascere, la maggior parte dei
presenti prende parte alla macabra comunione, con solo i già dubbiosi di cui
abbiamo parlato prima (con l’aggiunta di Leeza e la famiglia di Riley) che
cercano in ogni modo di fuggire. Quest’ultima sequenza del sesto episodio,
questo “suicidio” di gruppo, è agghiacciante: sanguinolento, crudo, pieno di
dolore e paura, è una discesa nel caos più totale, che non farà altro che
peggiorare quando Bev -approfittando del fatto che Pruitt è temporaneamente
fuori gioco dopo un colpo di pistola- decide di aprire le porte della chiesa e
lasciare tutti liberi di continuare a nutrirsi e vampirizzare gli altri
abitanti dell’isola, come hanno fatto fin ora durante la cerimonia.
il vampiro durante la cerimonia di "rinascita"
Inoltre, in preda ad un’evidente “illuminazione” religiosa, Bev riconosce
in quello che sta succedendo il disastro descritto nell’Apocalisse, cosa che le
fa decidere di ordinare di bruciare ogni singolo edificio presente sull’isola
tranne che il capanno costruito anni fa da Monsignor Pruitt e che fungeva da
punto di ritrovo per i fedeli in difficoltà, con l’intenzione di salvare lì
solo alcuni eletti che avrebbe scelto, e lasciare tutti gli altri a morire alle
prime luci dell’alba.
Pruitt si riprende e, inorridito da come sono andate le cose e appoggiato
dalla madre di Sarah, anche lei vampirizzata nel caos e che si scoprirà essere
stata un suo passato amore (con Sarah che si rivela essere figlia proprio del
Monsignore), capirà di aver preso un “abbaglio” e di aver mal interpretato i
segni del Signore, rifiutandosi di aiutare Bev nella sua selezione e offrendo
rifugio agli scartati in chiesa, presso di lui. In seguito all’uccisione di
Sarah, che rifiuta di bere il suo sangue per risorgere e si lascia morire,
lascia però andare a fuoco la chiesa e, distrutto dal dolore, si reca con
Mildred e il corpo di Sarah in un luogo tranquillo, ad aspettare l’alba.
Nel frattempo, il caos: Omar, Ali (pentito per non aver ascoltato il padre)
ed Erin riescono a dare fuoco anche al capanno di Pruitt, condannando tutti a
morire quando sorgerà il sole, con il sacrificio di Omar (ferito mortalmente da
un colpo di pistola) ed Erin che, aggredita dalla creatura, mentre questa si
nutre del suo sangue utilizza le sue ultime forze per tarparle le ali.
La sequenza che succede a questo marasma è quella che mi ha portato
all’orlo delle lacrime: pentiti e consapevoli dell’errore che hanno compiuto,
tutti gli isolani accettano il loro imminente destino e, chi cercando il
conforto di pochi cari (come Omar e Ali, che si recando a pregare Allah sulla
spieggia, o Pruitt e Mildred), chi invece partecipando al coro che molti
intonano, attendono la morte, con paura ma anche speranza e consapevolezza che
solo così si eviterà una catastrofe che si sarebbe estesa anche al continente.
In questa atmosfera incredibilmente toccante di rassegnazione e
accettazione, l’unica eccezione, marcia fino all’ultimo, è proprio Bev:
apparentemente partecipe di questo spirito di sacrificio, è la sola che, non
appena scorge l’alba, si lascia andare ad un pianto terrorizzato, tentando
invano di scavare una buca nella sabbia per salvarsi. Come detto in precedenza,
è lei che sa meglio di tutti quanto dopo la morte non la aspetti il paradiso
che ha anelato per tutta la vita.
Gli unici a salvarsi sono Leeza e Warren, il fratello minore di Riley, che
sono riusciti a mettere le mani su una barca a remi e allontanarsi dalla costa.
I due vedranno l’angelo allontanarsi in preda al dolore e con difficoltà, e
ipotizzano speranzosi che non riesca a salvarsi, dato che l’alba è vicina e sta
volando troppo lentamente.
E, davanti all’isola di Crockett in fiamme e le prime luci dell’alba, le
ultime dolceamare parole pronunciate da Leeza, che nella loro tristezza non
possono che lasciare una parvenza di speranza: “non mi sento più le gambe”.
Leeza e Priutt
CONCLUSIONE
C’è tanto di cui non ho parlato in questo articolo, me ne rendo conto. Mancano
trattazioni più approfondite su personaggi, rapporti, svolte molto importanti
(come il rapporto tra Pruitt e Mildred, e la rivelazione che in fondo lui ha
fatto tutto questo nella speranza di salvare dalla malattia e la morte la sua
amata e sua figlia) e la stessa rappresentazione del vampiro, che nella sua
bestialità così insolita mi è piaciuta molto. Ma mi sono voluta concentrare
principalmente su quali sono le macro tematiche trattate e l’originalità con
cui si è visto il tema del vampirismo e della religione, che per quanto ne esca
con delle belle batoste riesce a mantenere una dignità e una connotazione
positiva nella sincera fede di alcuni dei protagonisti. È questa la grande
forza, insieme ad alcuni personaggi molto ben scritti e una cura registica
notevole, di Midnight Mass, che purtroppo cade però spesso in alcuni scivoloni
per quanto riguarda la scrittura dei dialoghi. Una grande serie, non perfetta,
ma che può offrire spunti ed idee che non spesso ho avuto il piacere di vedere,
in qualsiasi medium.
E nonostante la possibilità che possa esserci una seconda stagione in
seguito al suo successo (dopotutto, il fato dell’”angelo” non è certo, e
sappiamo bene che finché non si vede la morte di qualcuno a schermo non
possiamo dare per scontato che sia effettivamente morto), non ho paura che
possa rovinare quanto costruito qui: visto come ha trattato la serie di The
Haunting, immagino che se proseguirà Flanagan racconterà una storia con altri
personaggi e un altro contesto, con lo stesso fil rouge del vampirismo. Anche
se è innegabile che, per quanto sarei molto curiosa di vedere come lo
reinterpreterebbe in un altro modo ancora, il fascino dello scoprire cosa c’era
dietro tutti gli avvenimenti in Midnight Mass andrebbe perso. Che rimanga una
miniserie con una singola stagione o diventi una serie antologica come The
Haunting, una cosa è sicura: la visione di questa prima stagione non lascia
indifferenti, ed è una serie che seppur con le sue sbavature merita di essere
vista e lodata.